Datato l’albero più vecchio di Vallio Terme

L’ultima sua rotolata lungo un pendio, forse anche l’unica, l’ha fatta mentre la Serenissima che qui decideva, contendeva ai turchi la Morea, toponimo veneziano che sta per Peloponneso. Ancora erano leggibili i segni della peste nera di manzoniana memoria e in Inghilterra Carlo II tentava di ristabilire l’assolutismo. Ne è passata di acqua sotto i ponti. Da allora però è sempre rimasto lì: prima tenero virgulto, ora presenza maestosa sull’intera vallata, che domina dalle pendici che ospitarono la Rocca di Bernacco. Invece che finire in un caminetto ridotto a ciocchi, basti questo per affermarne ulteriormente la singolarità, è diventato lui stesso un focolare. Prerogativa quanto mai anomala, ci pare, per un albero. E’ il castagno del Barcolo, che lega il suo nome anche ad una favella riportata nel secolo scorso in un libro: “Leggende di Vallio” da Lino Monchieri. Non solo ha sempre rifornito gli abitanti della ridente vallata dei suoi prelibati frutti autunnali. Diventato vecchio, infatti, col suo tronco scavato, è stato utilizzato da boscaioli e montanari sia come riparo, sia come camino dove cucinarvi la polenta.

Quanti anni avesse, il castagno del Barcolo, era però un mistero. Nell’incipit della leggenda il Monchieri ha scritto: “I vecchi giurano che il castagno risale ai tempi di Noè…”. Ma non bastava a soddisfare la curiosità dei locali. Così, il Gruppo Volontari Vallio Terme che da anni vigila con la squadra antincendio della Protezione civile sui boschi valliesi, ha ingaggiato il professor Fausto Nasi, dottore agronomo, già vicepreside dell’Istituto tecnico agrario “Pastori” di Brescia. A lui il compito per sciogliere una volta per tutte l’enigma.

Come? “Il metodo utilizzato – è scritto nella relazione consegnata la scorsa settimana dall’esperto ad Adriano Lazzarini, presidente dei Volontari valliesi – è stato non invasivo e si è basato sulla comparazione di una pianta della stessa specie, di età non troppo giovane, abbattuta in una zona adiacente, caratterizzata perciò da situazioni pedo-climatiche analoghe”. Insomma: giusto cinquanta metri più in là viveva un signor castagno, abbattuto di recente, dal quale è stato ricavato un disco di circa 20 centimetri contenente 35 anelli di accrescimento, uno per anno, piuttosto omogenei. Corrispondenza improbabile per il castagno secolare, la cui cavità ha provocato certamente un deciso rallentamento nella crescita.

Ecco allora che sono stati individuati degli “scaglioni di accrescimento” fino a coprire il raggio di 76,4 centimetri: per i primi 50 anni, da 50 a 100, da 100 a 200 e da 200 anni in poi, con accrescimento medio annuo che va da 5 millimetri per i primi anni a 1-1,5 millimetri per gli ultimi. Il risultato assegnerebbe al “castagnù del Bàrcol” un’età tra i 310 e i 370 anni; quindi, con una certa attendibilità, avrebbe preso vita fra il 1640 e il 1700. Ecco fatto. La ricerca rientra nell’ambito di un percorso educativo-ambientale che ha interessato la scuola locale. Toccherà ai ragazzini, nel corso della prossima festa degli alberi che verrà celebrata proprio davanti al castagno del Barcolo, collocare una targa con i dati completi dello straordinario “fitocustode” della storia locale.

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