22 Aprile 2009, 00.00
Gavardo
Apicoltura

Il tam tam di S. Giuseppe

Il primo sole riscalda il muro di pietra, qualche anziano se la racconta seduto sul famoso “paracar”, un grosso sasso antistante l’ingresso di casa, un tempo necessario perché non venissero urtati dai carri gli spigoli dei pilastri.

Il primo sole riscalda il muro di pietra, qualche anziano se la racconta seduto sul famoso “paracar”, un grosso sasso antistante l’ingresso di casa, un tempo necessario perché non venissero urtati dai carri gli spigoli dei pilastri.
Dopo il freddo, il sole scotta, il calore si sente anche negli alveari.
La frenesia delle api è avvertibile anche all’esterno del contenitore legnoso: è l’attività svolta per formare la nuova famiglia. Le api si rovistano, si organizzano, si assemblano. Una selezione naturale data dell’età e dalla forza individuale.
La natura comanda.

L’ape regina spicca il suo volo nunziale, seguita da una porzione di api che ha voglia di condividere la nuova famiglia .
Già da qualche giorno il movimento è forsennato. Lapicoltore lo riconosce, il periodo è quello: c’è il sole di S. Giuseppe e ogni momento potrebbe essere quello giusto.
Il sole rafforza, si sente la rinnovata potenza, è il momento della partenza. Il cono d’insetti si alza in celo, l’aria è tersa .
Il contadino imbraccia un bidone fra le mani, lo perquote, lo batte che lo senti in tutta la valle. E’ un’usanza, è abitudine, è credenza, che le api si fermino con quel rumore. Certo è il segnale che avvisa della fuga, del distaccamento di una porzione di proprietà per una meta non stabilita. Il percorso dello sciame è dato solo dall’istinto.

Batte ancora il tamburo, l’ansia della sosta definitiva, solitamente sul ramo di una pianta da frutto.
Il fiato in gola a ricorrere lo sciame che rallenta, con la corsa, poi la sosta. La paura che possa ripartire. Si allungano le ombre e diminuisce il timore: presto ci sarà un nuovo alveare, è proprietà riacquisita, promessa di tanto buon miele dolce, trasparente,,profumato.
La penombra della sera cala, l’uomo con passo lesto imbraccia il contenitore di legno. Travestito con gli indumenti del suo lavoro si avvicina al ramo, con delicatezza, con amore e pazienza, taglia il rametto, poi con una piuma spazzola le api nella nuova dimora, richiude l’arnia.

Domani di nuovo sole, una nuova famiglia, una nuova organizzazione, un nuovo frutto per il sapiente contadino.
E’ certo che l’insetto darà beneficio all’uomo che lo curerà con le sue attenzioni, un connubio di lavoro che dura da sempre.
Nella valle l’eco di un nuovo tam tam, si ricomincia.
Gli anziani guardano, raccontano cose del passato, e si accorgono che sono piene di realtĂ  di oggi.

Nerino Mora


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