Il fascino delle Pertiche in un libro

C’era il presidente Cavalli, l’assessore Sala, la collega Nunzia Vallini alla presentazione del libro di Eugenio Busi, dal titolo «Nelle Pertiche della valle Sabbia». Al San Carlino c’erano gli amici dell’artista Busi, gli attori di una permanenza nelle terre della suggestione valsabbina, nelle terre poco conosciute e molto vissute dagli amici della natura, dagli amici di una caccia autentica.
Il pittore bresciano possiede il carisma della simpatia e l’arguzia di chi richiama intorno a sè gli altri per via di riflessioni-proverbio e di un tono nostro e nostrano. Lo diciamo a scanso di equivoci, nei confronti di chi ha la puzza sotto il naso e quando è al mare, richiesto della sua residenza e dei suoi natali, da cattivo bresciano, nega di esserlo e dichiara «di stare vicino a Milano». Lo diciamo per loro, noi lo sappiamo: guardate che nostro e nostrano è la stessa cosa, non è quel «nostrà» che sentirebbe di muffa e di vergogne. No, nostrà e il meglio di noi, quando c’è. Busi è nostrano.

La festa è stata intorno alla terra e al pittore, alle Pertiche e a Busi, all’amicizia tra Alessandro Sala e il presidente della Martino Dolci. Da tempo, Sala si è avvicinato all’arte e Busi è un suo cicerone gradito.
Busi, lo sapete, incarna la memoria di Dolci, lo tiene lucidato nella memoria dei bresciani, ne è un seguace autorevole e invita molti altri pittori bresciani a celebrarne la statura.
Alla scoperta di un fascino magico, nel libro scrive e dipinge Busi:«Se le Pertiche sono state la palestra di pittura di Ottorino Garosio e di Edoardo Togni credo proprio che un "gran perché" ci sarà...»Togni arriva addirittura a una dichiarazione d’amore scritta su un’agendina del 1954: «O Pertica Alta, ti amo come si può amare una bella donna, fino dalla prima volta che ti ho ammirata...».

Grazie a un’amicizia calibrata da numerosi appostamenti, la pittura si unisce alla letteratura. Nel libro, Eugenio Busi scova le stagioni, le cascine, gli animali, le piante. Ad ogni paese e ad ogni contrada si affianca il dipinto. Nasce la Corna Blacca, completamente all’aperto, con l’artista esposto agli starnuti confidenziali della montagna, si cammina la contrada, i contadini e le greggi stanno su una radura.
Gli animali vengono descritti con un disegno profondamente articolato. Gli animali e i mestieri di una volta, spesso i mestieri di oggi, talmente scritti e poco vissuti da essere immaginati come spenti. Invece la stalla, il pascolo, la gerla, l’arcolaio, le infinite «nature vive» brillano di luce vera, risplendono e si animano.
In questo libro, Eugenio Busi narra una terra e una pittura in grado di vivere nel capitolo dell’epopea e della cronaca, nello stesso tempo, secondo quel valore smisurato nemico del tempo fino a illudersi di poterne fare a meno. Com’è di un tramonto alle Pertiche talmente bello da restare soltanto in un dipinto e talmente vivo da volerne uscire ogni giorno.

Tonino Zana dal Giornale di Brescia

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