31 Maggio 2009, 11.37
Vobarno
Donne

Vobarno sostiene la battaglia di Hadiya

arrivata da un villaggio del Pakistan. Si ribellata alle angherie e ha fatto arrestare il marito-padrone. La donna nascosta in una comunit. qui il futuro dei miei figli.

«Help me!»: le uniche parole che conosce in inglese Hadiya le ha pronunciate stringendo le mani e guardando negli occhi due donne (un avvocato e un' assistente sociale) che da quindici giorni sono l' unico suo contatto con il mondo. La rivoluzione solitaria, tenace e tutta al femminile di Hadiya è racchiusa in quelle due parole: la donna fino al dicembre scorso viveva in uno sperduto villaggio del Pakistan, poi ha raggiunto a Vobarno il marito che per cinque mesi l' ha tenuta sequestrata in casa, minacciata e picchiata.

 
Il 17 maggio scorso la donna ha trovato il coraggio e l' occasione per sottrarsi alla sua prigione e per far arrestare il marito - padrone. Si pensava a uno sfogo momentaneo, si temeva che poi la legge ancestrale della famiglia, lo stato di sudditanza psicologica e fisica di questa vittima indifesa avrebbero riportato la situazione al punto di partenza.
E invece Hadiya, eroina solitaria, tira dritto: non ha nessuna intenzione di ricongiungersi al marito (ancora in carcere), non intende rivederlo e chiederà la separazione; vuole solo allevare in un mondo migliore il suo bimbo di tre anni e quello che da cinque mesi porta in grembo.
 
È una ribellione che ha un prezzo - e grande - quello della donna pachistana: da due settimane Hadiya vive in una comunità protetta a Vobarno.
C' è il rischio che qualche componente del clan familiare provi ad avvicinarla, a farle avere qualche messaggio minaccioso e dunque la vigilanza è alta. Si è detto e scritto che rischiava di fare la fine di Hina la ragazza pachistana uccisa nel Bresciano tre anni fa dal padre perché voleva vivere all' occidentale. Il caso di Hina suscitò la commozione e la reazione della politica e della società; ma Hina è morta.
 
Per Hadiya, che è solo all' inizio della sua battaglia, nessuno si è mosso se non la cittadina di Vobarno, 7.800 abitanti. «Il caso ci è sembrato subito molto serio - racconta il sindaco, Carlo Panzera - tanto che abbiamo destinato tutti i soldi che avevamo in cassa come avanzo di amministrazione, 62mila euro, per provvedere al mantenimento della donna e dei suoi figli da qui alla fine dell' anno in comunità».
Ad Hadiya è stato destinato adesso un piccolo appartamento che abita col figlio di tre anni.
 
«Lei non sapeva nulla del mondo in cui era capitata - racconta Mara Lusenti, l' assistente sociale che sta seguendo il caso - e ancora oggi è molto intimorita nel rapporto con gli altri. Però mi ha confermato che indietro non vuole tornare, che vuole rompere i ponti con il passato e rimanere qui».
«Il fatto di essere madre - aggiunge Alba Pavoni, l' avvocato che segue il caso sotto il profilo legale - l' ha aiutata a prendere coscienza dei suoi diritti e recuperare il rispetto di sé. Nei colloqui che ho avuto con lei mi è parsa la forza determinante del suo atto».
 
Ogni volta che in casa Hadiya provava a chiedere al marito perché la tenesse segregata, questi le rispondeva che l' Italia è un Paese popolato da uomini malvagi e che se lei avesse provato a fuggire sarebbe passata per una poco di buono; e tanto per chiarire il concetto arrivava la scarica di botte, anche due o tre volte la settimana.
«Ma io ho capito che il vostro Paese non è così - ha detto la donna a chi la sta aiutando - e voglio rimanere con voi».
 
Se tornasse in Pakistan sarebbe un' emarginata. A lei non rimangono che l' Italia e la gente di Vobarno. E i figli, naturalmente: dare un futuro a loro e a se stessa in questo momento è per questa piccola eroina solitaria il più importante degli obiettivi.
 
La vicenda
Il fatto Il 17 maggio scorso a Vobarno, Hadiya, donna che a dicembre aveva raggiunto il marito dal Pakistan riesce a evadere dalla casa-prigione dove l' uomo la teneva segregata e la picchiava di continuo. La donna, in lacrime, avvicina un vigile sulla piazza del paese, chiede aiuto e fa arrestare il marito violento.
Da allora vive in una comunità protetta col figlio di tre anni Il precedente Nell' agosto del 2006 a Sarezzo (Brescia) la giovane pachistana Hina Salem era stata uccisa dai suoi familiari perché non voleva sottostare alle regole della morale musulmana e perché preferiva vivere all' occidentale. Per questo delitto il padre della ragazza è stato condannato a 30 anni di carcere, a 17 invece i cognati che furono complici del delitto
 
Del Frate Claudio - www.corriere.it


Commenti:
ID919 - 31/05/2009 13:05:07 - (esperanto) -

"HELP ME", potrebbe essere lo "slogan" per cercare di promuovere una sottoscrizione per aiutare economicamente questa donna coraggiosa, magari con il patrocinio di Valasabbia News... comunque bravi i Vobarnesi..

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04/06/2009 12:10

Caso Hadiya, il sindaco precisa La ricorderete tutti la vicenda della donna pachistana che si ribellata alle angherie del marito, facendolo arrestare. Dovuto per legge, non solo quindi auspicabile espressione di solidariet, il sostegno da parte dell'amministrazione vobarnese.

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