Cinesi rapinano cinesi a Vobarno

L’incubo è durato poco più di un’ora. Erano giovani e agitati, li hanno intimoriti con coltelli e pistola, legati mani e piedi.
Ma è stato solo quando hanno minacciato di portarsi via la piccola Ying di soli due anni che nonno Sutian di 63 anni e la moglie Julian che ne ha invece dieci di meno hanno ceduto, consegnando ai quattro balordi, anch’essi cinesi, i 7mila euro che tenevano nascosti in casa.

Soddisfatti del bottino racimolato, dopo aver loro nastrato anche la bocca per evitare che potessero urlare, i rapinatori hanno chiuso i due connazionali nel bagno lasciando invece liberi Ying ed il fratello Ifan che di anni ne ha sette. Tranquillamente se ne sono poi andati.
E’ una rapina aggravata dal sequestro di persona quella che è andata in scena nella serata di venerdì a Vobarno, al terzo piano della palazzina rossa che al civico 11 si affaccia su uno slargo della via Goisis, che lì prende il nome di Piazza Europa. Mancavano pochi minuti alle 20 e 30 e gli unici assenti in casa erano i genitori dei due piccolini: Li Min Zhao e sua moglie Xiaofang, 36 e 32 anni.

Erano andati a fare la spesa perché giusto ieri era “il giorno della seconda luna nuova dopo il solstizio d’inverno”, quando nella grande Cina festeggiano il loro leggendario Capodanno. Li attendevano per la cena ed è per questo che nonno Sutian, che non avrebbe mai aperto a degli sconosciuti, non ha avuto esitazioni a spalancare la porta quando ha sentito suonare il campanello.
Si è accorto troppo tardi che non era il figlio con la spesa a salire velocemente le scale. Due rapinatori si sono mostrati a viso scoperto, gli altri avevano invece travisato il volto: “Di sicuro quei due mi conoscevano e sono quelli che hanno portato qui gli altri – ci ha detto Li Min Zhao che da 14 anni si fa chiamare Luca -. Non si spiega altrimenti che sono venuti qui in casa mia, quasi a colpo sicuro”.
Perché cinesi che rapinano altri cinesi? Gli chiediamo: “Perché sanno che è difficile che noi reagiamo. Spesso gli immigrati hanno difficoltà ad essere perfettamente in regola e stanno zitti” ci ha risposto. Non è certo il caso di “Luca” che per non sbagliare, quando verso le 10 è rientrato con la moglie e si è accorto di quel che è successo, ha composto sul cellulare sia il 112 sia il 113 provocando il contemporaneo intervento dei carabinieri, quelli di Vobarno insieme ai colleghi del Nucleo Operativo di Salò che hanno poi avviato le indagini, e della Polizia da Desenzano.

Per il momento i quattro rapinatori si sono volatilizzati, anche se gli investigatori non escludono di essere riusciti ad individuare alcune tracce.
“Luca” e la moglie possiedono nel centro valsabbino un piccolo laboratorio tessile e danno lavoro ad altri cinque connazionali: sono una quindicina in tutto i figli della grande Cina che vivono a Vobarno. “Sono arrivato qui da Milano quasi dieci anni fa – ci racconta -. Mi trovo bene, rispetto tutti e mi sento rispettato. Non pensavo di rischiare quello che ci è successo. Ora mi toccherà piazzare allarmi e telecamere sia qui a casa che al laboratorio: abbiamo avuto tanta paura e non vogliamo che l’episodio possa ripetersi”.

Ma chi sono questi balordi, forse la mafia cinese? Azzardiamo. “Non siamo mica in America dove i cinesi ci sono da un secolo – ride lui -. E’ probabile che siano invece ragazzi che hanno difficoltà a trovare lavoro”.

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