Sabbio Chiese ribadisce la propria posizione
C’è una sorta di nube scura che sta rendendo pesante l’atmosfera a Sabbio Chiese. È rappresentata dalla più volte citata miniera di sali magnesiaci.

C’è una sorta di nube scura che sta rendendo pesante l’atmosfera a Sabbio Chiese.

È rappresentata dalla più volte citata miniera di sali magnesiaci. Che pare destinata ad arrivare anche se qui nessuno la vuole, causando danni irreversibili a un’area naturale unica gravata proprio per il suo valore da un vincolo ambientale.

A porsi nuovamente il problema, e a dire no con forza a tutto questo, è sempre l’amministrazione comunale sabbiense.

«Alla fine degli anni ’90 - viene ricordato in un documento ufficiale firmato dal consigliere sabbiense con delega all’Ambiente Onorio Luscia, il quale esprime il pensiero di tutti in municipio -, era arrivata in Comune una richiesta di autorizzazione alla realizzazione di uno studio geologico nell’area del Monte Acuto, alla ricerca di probabili giacimenti di sali magnesiaci. L’amministrazione si è subito opposta, sorpattutto in considerazione del fatto che Sabbio conta già troppe cave sul proprio territorio».

Intanto, però, la ditta vobarnese «Miniere Vallesabbia» ha potuto attivare la ricerca finalizzata all’estrazione dei sali. Con l’obiettivo finale di ottenere una autorizzazione a scavare a cielo aperto a ridosso della già esistente zona delle cave.

A febbraio 2005, sulla scorta di una conferenza di concertazione tra enti, Regione compresa, Sabbio aveva deliberato in modo netto e ufficiale il suo no alla miniera: «In un territorio di 18 chilometri quadrati con 3.500 abitanti, 0,8 chilometri quadrati sono già dedicati alle attività estrattive, e si è in assenza di un completo recupero ambientale delle aree in questione.

Inoltre - era stato sottolineato - a Sabbio si estrae in 4 aree distinte, con una consumo del territorio che è di certo il più elevato di tutta la valle. Inoltre, l’area interessata è a ridosso di quella già destinata allo scavo, e si finirebbe per creare un polo minerario da 500 mila metri quadri che segnerebbe il territorio. Infine, rifiutiamo il principio di autorizzare una nuova miniera prima del definitivo recupero delle cave già in atto».

Dopo aver ribadito più volte in via ufficiale il no all’operazione, e dopo aver incassato anche l’appoggio della Provincia e della Comunità montana, a Sabbio Chiese si sentivano relativamente tranquilli.

«Ma sorprendentemente - prosegue Luscia - a novembre 2005 è arrivato il sì del presidente dell’ente comprensoriale, Ermano Pasini e, dopo un altro no circostanziato della Provincia, nel settembre del 2006 la Regione ha dichiarato la compatibilità ambientale della miniera. Il Comune ha subito fatto ricorso al Tar, e in attesa di un pronunciamento siamo molto preoccupati dalla possibilità che il progetto, che interessa un’area di 100 mila metri quadri, possa andare in porto».

Sul tavolo ci sono un piano di coltivazione di 18 anni, la produzione di 2 milioni e 120 mila metri cubi di materiale, l’estrazione di un milione e mezzo di metri cubi di sali e l’eliminazione di quasi 55 mila metri quadri di territorio ora ricoperto di vegetazione. Senza contare che l’abbattimento della roccia per creare la miniera a cielo aperto dovrà avvenire mediante detonazioni.

Insomma, rumore insopportabile e traffico insostenibile: «Ai 100 camion che raggiungono già oggi l’area delle cave, se ne dovrebbero aggiungere altrettanti diretti alla nuova miniera».

Massimo Pasinetti
Da Bresciaoggi
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