Legittimità e contrattualismo
Intorno ai problemi del lago, pi che il merito, oggi Davide Bondoni affronta il metodo. Il parallelo con Stoccarda.


Caro direttore,
le scrivo per comunicarle alcune riflessioni intorno al problema del lago.
Stavolta, voglio adottare un nuovo punto di vista: cioè stabilire la legittimità o meno degli estremisti ad oltranza. La questione ricorda (sul piccolo) la vertenza “Stoccarda 22”, il progetto della ristrutturazione della stazione ferroviaria di Stoccarda che comporterebbe uno stravolgimento della città. Da anni, un gruppo di persone si è opposto fino ad arrivare a coinvolgere la politica.
 
Il problema è scottante in quanto un rifacimento della stazione servirebbe a snellire e a favorire lo scambio ferroviario ovest-est e, quindi, interessa tutta la nazione. Sul rifacimento della stazione di Stoccarda si gioca tutto un programma di gestione dei trasporti a livello nazionale ed internazionale, avendo la piccola località tedesca un ruolo geograficamente cruciale.
 
Un esponente politico ha parlato a proposito di questa guerra contro Stoccarda 22, come di un “totaler Krieg” (guerra totale).
Espressione infelice, in quanto usata da Goebbels allo stadio di Berlino nel 1943 e connotante l'ultima fase della guerra nazionalsocialista.
Eppure, in un certo qual modo, coglie nel segno. Stoccarda 22 è una guerra senza quartiere che viene condotta per le strade, dal salumiere, nel governo cittadino, in quello nazionale, nei vertici della DB (Die Bahn – Le ferrovie tedesche) a Berlino, ecc.
 
Qual'è il problema politico-filosofico che pone Stoccarda 22 (leggi anche “l'azione del comitato per il lago”)?
Il problema della natura stessa e dell'origine del governo.
Come sappiamo tutti, lo stato moderno nasce anche a partire dalla cosiddetta teoria contrattualista, secondo la quale il popolo è sovrano, ma rinuncia ai sui diritti in favore del governante, per avere sicurezza, benessere, ecc.
Una volta stipulato questo contratto, l'ìndividuo pare sciolto da ogni pretesa di sovranità. Solo in occasione delle assemblee in cui tutto il popolo è riunito (nelle elezioni a suffragio universale), il popolo riottiene la sua sovranità che può conferire ad altri.
In questa logica, il cittadino conquista con il contratto sociale una serie di diritti (come quello di parola), ma perde (salvo eccezioni) il diritto politico. In uno stato del genere il cittadino può riunirsi in assemblea, può esprimere le proprie opinioni, ma non può fare politica a meno che non sia stato eletto dal popolo. Inoltre, non può rivoltarsi contro lo stato, a meno che questo non venga meno ai suoi doveri.
 
Questa teoria è alla base delle nostre nazioni ed è tuttora in voga (penso a John Rawls).
Nasce come tentativo di giustificare una nazione.
Chi dà legittimità alla nazione? Una volta era la religione. Dopo l'ìlluminismo è la costituzione, un oggetto puramente formale.
Nell'ottocento vi furono subito reazioni e tentativi di fondare il concetto di stato sulla popolazione vera e propria (la cosiddetta “comunità di popolo”).
Un esempio (aberrante) di stato fondato sulla comunità è stato il regno nazionalsocialista (attenzione! Non il franchismo, né lo stalinismo, né il fascismo Italiano. Questi fascismi trovavano la loro legittimazione in una costituzione, anche se dispotica).
 
Il problema è stabilire chi appartiene al popolo concreto.
Diciamo che sono italiani quelli che sono nati sul suolo italiano, quelli che hanno una tradizione culturale comune?
Basta solo condividere una lingua? Cos'altro? L'eugenetica, l'igiene della razza nasce nell'ottocento in vari paesi eruropei e negli Stati Uniti per rispondere a questa domanda.
Nessuno può, però negare che l'ipotesi contrattualista sia la più semplice, elementare e straightforward, come si dice, pur con tutti i problemi che va incontro.
 
Uno di questi lo pone un'opposizione massiccia agli organi di governo.
Può in uno stato fondato su un libero contratto, trovare posto un'opposizione anche politica di parte della sua popolazione? Io credo di no.
Credo che i cittadini si possano riunire e suggerire idee, mettere in dubbio la correttezza delle scelte del governante, ma non di più. Quando le assemblee cittadine superano il limite, mettendo in discussione la legittimità del governante, non possono che dirsi rivoluzionarie e, nel sistema vigente, non lecite.
In particolar modo, quando le assemblee dividono le persone seminando rancori urtano contro la natura stessa dello stato che è quella di unire e non dividere.
Esse negano alla radice il fondamento della convivenza: unirsi per affrontare insieme i problemi della realtà.

Io credo che la questione del lago stia portando a questo.

Distinti saluti,
                                             
Davide Bondoni
 

Grazie Davide del contributo.
Credo però che il suggerire idee e mettere in dubbio la correttezza delle scelte, per dei cittadini consapevoli, sia doveroso. E che ciò finisca col diventare inevitabilmente opposizione politica (da non confondere con la dialettica fra partiti).
Quanto alle accuse di illegittimità, fra governanti e popolo, queste possono essere reciproche. Per fortuna ci sono anche regole precise per salvaguardare gli uni e gli altri.
Se siamo sull'orlo di una rivoluzione è solo perchè c'è chi queste regole le vuole disattendere.
Ubaldo Vallini
 
zLettere.jpg