Da «Vestone le Pertiche e Lavenone»
di red.

Una descrizione della morfologia della Valle pu essere utile per capire meglio l’adattamento dell'uomo a questo territorio. Di seguito la “fotografia” di una parte della Valle Sabbia fatta per la Grafo da Nunzia Vallini nel 1994 (lungo).

Una descrizione della morfologia della Valle può essere utile per capire meglio l’adattamento umanizzato a questo territorio.
Di seguito la “fotografia” di Nunzia Vallini tratta da il libro “Vestone le Pertiche e Lavenone”, pubblicazione realizzata con il contributo dei Comuni di Vestone, Lavenone, Pertica Alta, Pertica Bassa e della Comunità Montana di Valle Sabbia e riferita all’anno 1994.


UN TERRITORIO VARIO, UN PAESAGGIO INTENSAMENTE UMANIZZATO
Vestone, le due Pertiche e Lavenone: dalla forra rocciosa di Nozza al Lago d’Idro. Un bacino montano che sfiora i 100 chilometri quadrati di superficie nel cuore della Valle Sabbia (a 40 chilometri da Brescia e 15 dal confine con il Trentino) solcato dalle acque del fiume Chiese e dei suoi affluenti.
Si parte da un’altitudine di 320 metri sul livello del mare nel fondovalle (Nozza) per arrivare ai 2.006 della Corna Blacca a nord, con un vivace intercalarsi di convalli e vallecole trasversali che hanno il loro massimo sviluppo ad ovest, dove si incontra lo spartiacque con la Valtrompia. Lungo la direttrice principale del comprensorio, quella parallela al corso del Chiese in direzione sud ovest-nord est, solcata dalla strada statale del Caffaro, si addensa il 75 per cento della popolazione residente: al bipolo Vestone-Nozza, “pianeti nevralgici” del sistema, dove pulsano le attività commerciali e industriali, si affiancano le frazioni periferiche in continua espansione e il comune di Lavenone, creando un’unica fascia urbanizzata lungo l’intero asse viario di fondovalle.

All’interno, nella profondità del versante destro del fiume, la popolazione è disseminata in un reticolo di centri minori incastrati nelle vallecole laterali delle due Pertiche, la Bassa a nord sovrastata dalla Corna Blacca e l’Alta, più a sud, delimitata dalla Corna di Savallo. Allo spopolamento della montagna corrisponde l’addensamento del fondovalle che consente un saldo demografico complessivo in pareggio.
Il paesaggio si presenta multiforme, con l’alternanza di terrazze alluvionali nel fondovalle e di speroni rocciosi sui versanti, di pascoli, di boscaglia e di prati costellati da scheletri rocciosi affioranti. E’ un paesaggio disegnato dall’acqua che ha modellato i terrazzi pianeggianti lungo le sponde del Chiese, formati da antichi depositi fluvioglaciali di sabbie, ghiaie e poi sedimentali, e ha prodotto una morfologia di versante irrequieta e mutevole, modulata dalla vivacità degli affluenti del Chiese soprattutto sulla destra orografica.

Il Tovere nasce dal Monte Ario (1.515 metri), forma il laghetto di Bongi e si getta nel torrente Nozza in località Piano (Mura) per raggiungere il Chiese a Nozza. Più avanti, sempre sul versante destro della valle del Chiese, scorre il torrente Degnone di Pertica Bassa che nasce dai tributi di acqua della Corna Blacca (torrente Gorgò) e del Pezzeda (torrente Glera) per raggiungere il fondovalle a Vestone. Sul versante opposto, quello che porta al confine con Treviso Bresciano, scende il Gorgone, anch’esso affluente impetuoso del Chiese che nasce dal Monte Proaco e dal Monte Gallo. Ancora più a nord sulla sponda occidentale, prima di raggiungere l’Eridio, si incontra il bacino dell’Abbioccolo di Lavenone, torrente impetuoso che nasce da Cima Caldoline (1.843 metri) e che prima di gettarsi nel Chiese riceve le acque del torrente Val di Canale della Corna Zeno (1.665 metri), spartiacque con il bacino dell’Eridio.

L’arcata montuosa che dal lago valsabbino accerchia il comprensorio assorbendo la Corna Blacca per raggiungere, a sud, quella di Savallo, è parte della “dorsale dolomitica” dominante nella struttura geologica dell’Alta Valle Sabbia: rocce calcaree che hanno subìto una trasformazione totale o parziale in dolomia. Sono rocce compatte a stratificazione massiccia e relativamente fragili, soggette ad erosione e degradazione, che hanno assunto una morfologia caratteristica con terrazze, pilastri, torrioni e guglie intercalati da canaloni e forre.
Il passaggio laterale delle dolomie presenta ampi lembi discontinui di calcari neri o grigio scuri, molto stratificati e fragili, intervallati da placche di calcari e marne che prendono il nome di “formazione di Wengen”. La formazione di Wengen costituisce il nucleo principale dell’Alta Valle Sabbia: è dominante nella fascia orizzontale del comprensorio che dalla periferia di Lavenone si estende ad est inglobando Levrange; forma la rocca di Nozza, il “dos dele Biline” (più a sud) e la quasi totalità del territorio di Vestone, se si escludono gli accumuli detritici dell’alveo del Chiese.

Terzo elemento caratterizzante del comprensorio sono le arenarie tufacee (siltiti e argilliti), note come “arenarie della Valle Sabbia” proprio perché tipiche della zona: rivestono l’intero arco perticarolo di transizione dalla dolomia (esclusa la formazione di Wengen di Levrange) e, dove affiorano, si presentano di colore rosso scuro. Sono predominanti a nord dell’affluenza dell’Abbioccolo nel Chiese (paratoia del lago d’Idro) e nei banchi idrografici dei torrenti Degnone (località “Terra rossa”), Tovere, Nozza e Gorgone.
La vegetazione del comprensorio è simile a quella si tutte le Prealpi bresciane, con un campionario diversificato a seconda della struttura del substrato, l’esposizione al sole, la rete idrica superficiale e sotterranea, la pendenza, l’azione antropica.

L’ASSE DI FONDOVALLE
Vestone - adagiato sulle terrazze alluvionali che ospitano i centri di Promo, Mocenigo e Capparola suula sponda destra del Chiese e Santa Lucia sulla sinistra - unito a Nozza con le località Porta, Sardello e Tesolo si propone come “capitale” della Valle Sabbia con un totale di 4.122 abitanti. L’incremento delle unità abitative della zona - particolarmente incisivo negli ultimi anni con l’acutizzarsi dell’emorragia migratoria dalle valli - ha di fatto unito tra loro i due nuclei. Vestone capoluogo e Nozza (che sono stati comuni separati fino al 1929), a loro volta dilatati in una estensione continua fino ad inglobare le frazioni secondarie.

A mutare radicalmente il sistema insediativo è stata la trasformazione economica: da agricola ed artigianale ad artigianale-industriale.
La porta del comprensorio per chi sale la valle è costituita dallo sbarramento naturale stretto a destra dall’ansa del fiume Chiese e a sinistra dalla rupe di Nozza, con lo scorcio suggestivo di ruderi della rocca medievale, baluardo mediano nel sistema militare difensivo della valle. La vocazione commerciale di Nozza (ancora oggi il mercato del primo lunedì di ogni mese richiama le genti non solo valligiane) si sviluppò tra gli anfratti dell’agglomerato urbano nato ai piedi della rocca. Appena al di là della strettoia sulla sinistra si apre il Savallese (Mura e Casto) e affluiscono nel Chiese le acque del Torrente Nozza, alimentato dalle falde di Casto e Mura e dal torrente Tovere (dal laghetto di Bongi, sul confine con Pertica Alta).

Superata la strettoia di Nozza la statale prosegue parallela al corso del Chiese fin oltre Lavenone, in direzione nord est, lasciando sulla sinistra i nuclei di Sardello e Mocenigo; fiancheggia il centro di Vestone senza incontrare Promo e Capparola. In espansione urbanistica anche il versante sinistro, solcato dal Gorgone nella zona di Santa Lucia.
Il paesaggio che accompagna fino a Lavenone diventa via via sempre più stretto. I terrazzi alluvionali si assottigliano, i nuclei abitati si diradano lasciando il posto ad una cortina ininterrotta di insediamenti produttivi e commerciali. La strada si avvicina al letto del Chiese e sulla destra si alzano ripide le pendici del dosso del Gallo (814 metri), del Turmen (859 metri), di Valledrane (831 metri) e Cima Antegolo (743 metri). Sulla riva sinistra il Monte Zovo (1.139 metri) separa la valle del Degnone da quella dell’Abbioccolo: sulle balze inferiori, tagliato dalla statale, è l’abitato di Lavenone (650 abitanti nel capoluogo; 35 nella frazione alta di Presegno).
La strada poi scende, segue l’ansa del Chiese che si scontra con le pendici della Corna Zeno e insieme si dirigono verso il bacino dell’Eridio.

LE VALLECOLE TRASVERSALI
Lungo l’asse Nozza-Lavenone si dipartono quattro valli laterali, trasversali al corso del Chiese e bagnate dai suoi affluenti principali: tre verso la destra orografica (la sinistra per chi sale la valle percorrendo la statale 237) e una verso la sinistra. Partendo dalla “porta” a sud del comprensorio il torrente Nozza scende dal Savallese (Casto e Mura) e raccoglie anche l’acqua del versante meridionale dei monti di Pertica Alta attraverso gli affluenti del Tovere.

Le balze del Savallese sono l’elemento panoramico che contraddistingue gran parte del paesaggio verso Pertica Alta, sia attraverso il laghetto di Bongi (Mura), sia insinuandosi nell’entroterra perticarolo per raggiungere direttamente Belprato attraverso la strada che da Nozza porta a Sardello e prosegue nella salita aggirando in costa le balze de “I dossi”, del Cornello e, più avanti, tra Belprato e Livemmo, di Cima Passello (1.043 metri). E’ una serie di curve e controcurve in ascesa che alterna i prati da fieno alle dense macchie di faggeti, larici e abeti rossi, per affacciarsi proprio sulla suggestiva struttura montuosa della Corna di Savallo.
Non esiste, come punto di riferimento, un paese di Pertica Alta. Né di quella Bassa. Caratteristica comune alle due Pertiche è il frazionamento in diversi nuclei abitativi, ognuno con caratteristiche e nome proprio. Belprato, Livemmo, Odeno, Lavino, Navono, e Noffo insieme costituiscono Pertica Alta, con un territorio di 2.088 ettari ricchi di prati e boschi.

Sede del municipio è il nucleo di Livemmo, piccolo capoluogo che ospita anche l’ufficio postale, la scuola elementare (la materna è a Belprato), l’unica unità produttiva del territorio comunale (una maglieria a gestione familiare). Il primo nucleo che si incontra salendo da Nozza è Belprato, 146 abitanti, il più popolato, dopo Livemmo (209 abitanti) tra i sei nuclei che formano Pertica Alta e che complessivamente contano 591 residenti. Cento in meno di 10 anni fa, a testimonianza dell’emorragia migratoria che contrassegna l’andamento di questi centri montani di periferia. La gente tende a scendere verso valle per avvicinarsi al posto di lavoro e ai servizi. Così la terra d’origine diventa meta dei fine settimana o delle ferie. Questo trend demografico va via via acutizzandosi man mano si prosegue oltre Livemmo, nelle frazioni più interne come Odeno (69 abitanti) arroccato sul passo di confine tra i bacini del Chiese e quello del Mella, in Valle Trompia, con la chiesa a dominio della vallata del Tovere. E’ ancora terra valsabbina ma si respira l’aria di confine: Tavernole è più vicino che Vestone.

Qualche chilometro più in là, nei centri di Lavino (48 abitanti) e poco più in basso, a Navono (il nucleo più piccolo di tutte le Pertiche con i suoi 36 abitanti e le case arroccate attorno alla chiesa) e a Noffo (83 abitanti), la gente si sente ancor più valtrumplina. I nuclei di Lavino, Navono e Noffo si affacciano direttamente sul Savallese con il quale comunicano direttamente tramite la strada che raggiunge Mura attraverso il laghetto artificiale di Bongi. Da Noffo poi, guardando verso nord est, si scorge in profondità la maestosa Corna Blacca, a dominio dell’altra Pertica, quella Bassa, con le sue quattro frazioni principali disseminate lungo la terza vallecola trasversale all’asse di scorrimento del Chiese, quella bagnata dal Degnone che raggiunge il fondovalle a Vestone.

Pertica Bassa (con i nuclei di Forno d’Ono, Avenone, Ono Degno e Levrange, per un totale di 704 abitanti distribuiti su un territorio di 3.041 ettari) è raggiungibile da Livemmo superando lo spartiacque che porta alla discesa verso Avenone. La linea di separazione tra le due Pertiche è segnata dal dosso che si allunga sulla Val Tovere e sostiene la chiesa di Barbaine, vicino alla pineta Passello che scende lungo il crinale fino a raggiungere di spalle il nucleo di Belprato. Pertica Bassa è raggiungibile anche dal fondovalle, lungo la strada che si insinua verso la montagna partendo dal centro di Vestone, di fronte alla chiesa parrocchiale. La strada si inerpica lungo una direttrice lievemente ondulata che sta ora sulla sinistra, ora sulla destra del Degnone, attraversando la “lava rossa”, come è chiamato il substrato marnoso di struttura simile a quella della paratoia del lago d’Idro. Lasciato Vestone alle spalle, dopo circa due chilometri si incontra sulla destra la Corna Ventitrè, palestra naturale di roccia con oltre una ventina di vie, meta di appassionati non solo valsabbini. Altri due chilometri di strada e si trova la deviazione per Levrange, mentre proseguendo lungo la via principale si raggiunge Forno d’Ono (511 metri), sede del municipio e dell’ufficio postale. Con i suoi 150 abitanti Forno ha progressivamente smarrito l’antico splendore. Incastrato nel triangolo di terra alla confluenza tra il torrente Glera e il Degnone, dominato a nord dalla Corna Blacca e dal Corno di Po’, era il punto di riferimento di tutte le Pertiche, centro commerciale e amministrativo. A testimoniare la floridezza di quei tempi restano la struttura dell’abitato, seppur rimaneggiato, che conserva ancora le case alte a torre.

Il centro più recente di Pertica Bassa è Levrange (215 abitanti), interamente ricostruito nel 1959 dopo che lo smottamento del versante aveva costretto gli abitanti alla fuga. A ricordare il dramma restano le case diroccate aggrappate al vecchio campanile ben visibili dall’alto, dove oggi è nata la nuova frazione, distribuita lungo i due chilometri della strada a tornanti che collega il fondovalle del Degnone con la frazione più alta (787 metri) e più popolosa di Pertica Bassa: Ono Degno (232 abitanti nei due centri attigui di Beata Vergine e La Vela). Di fronte, sull’altro versante della valle del Degnone raggiungibile attraverso Forno d’Ono, c’è la frazione di Avenone (107 abitanti) con il piccolo nucleo di Spessio, il centro più caratteristico delle Pertiche, che conserva interamente l’architettura originale con i tetti incastrati l’uno nell’altro quasi a sostenere le case arroccate che sembrano sospese. Le auto a Spessio sono bandite: non riuscirebbero mai a passare neppure dalla via principale. Avenone e Spessio ed in particolare la parrocchiale di San Bartolomeo sono adagiati su un’area colpita da un lento ma preoccupante fenomeno franoso, un esteso e complesso movimento che si sviluppa lungo il versante, con il fronte di testa che lambisce il nucleo abitato e che preme sul conoide di fondo valle, dove scorre il Degnone. Lo smottamento, evidente nei muri incrinati, nelle crepe e nei cedimenti dell’asfalto, è sottoposto a continuo monitoraggio.

A nord est del bacino imbrifero del Degnone si apre la quarta valle trasversale che alimenta il fiume Chiese. E’ quella dell’Abbioccolo, l’impetuoso torrente ricco di cascate che con la sua forza ha modellato la struttura dolomitica delle pendici della Corna Blacca. La Valle dell’Abbioccolo è raggiungibile da Lavenone, lungo la deviazione a sinistra per chi percorre la statale del Caffaro, prima della discesa per Idro. Bisogna percorrere 11 chilometri di curve, tornanti, superare forre ricche di guglie e speroni prima di raggiungere, a quota 1.000 del versante occidentale dell’Abbioccolo, il piccolo centro di Presegno: 35 residenti, architettura rurale pressochè intatta e suggestiva con i portali scolpiti in pietra e i ballatoi in legno. Bisenzio, ormai disabitato, sta due chilometri più in là.
Cento anni fa Presegno e Bisenzio contavano 321 abitanti e fino al 1928 facevano comune a sé. Di fronte si alza ritto e maestoso il versante orientale con la Corna Zeno, solcato dal torrente della Val di Canale (che penetra nella roccia parallelamente al lago d’Idro) affluente di sinistra dell’Abbioccolo nel tratto terminale della sua corsa verso valle.

Rileggere oggi questa descrizione a distanza di tredici anni da quando è stata scritta sicuramente per chi abita e frequenta la Valle può creare delle riflessioni.
I dati sugli abitanti naturalmente sarebbero da rivedere, il flusso migratorio interno alla valle nel frattempo si è connesso strettamente all’integrazione di nuclei familiari nuovi soprattutto extracomunitari e ad esigenze nuove di servizio che a quel tempo non erano ancora nemmeno immaginate.

Non esisteva la scuola a Lavino che ha accorpato in un unico stabile la scuola materna ed elementare che prima si trovavano a Belprato e Livemmo. Appariva ancora lontana la prospettiva e l’attesa della variante di fondovalle a smaltire un traffico che adesso sembra insostenibile e si andava ancora pacificamente a spasso con l’auto senza dover prevedere chilometri di coda nei giorni lavorativi e festivi senza interruzione di causa.

Rimane di allora il disegno che la natura ha inciso dentro il materiale che qui esisteva già: roccia, prati, torrenti, boschi, e il fiume Chiese che gorgogliando nel suo letto raccoglie tutta la storia di questo paesaggio… e così sia.
0905LevrangeElicottero01.jpg