Bagolino «città della montagna bresciana»
di Alfredo Bonomi

L'appellativo di "citt della montagna bresciana" per Bagolino pienamente giustificato dalla storia del paese, dalla sua rilevanza artistica, dalla conformazione urbana dell'abitato che un evidente "valore aggiunto".


Più semplicemente è l’inscindibile insieme di questi elementi che fa di Bagolino un centro dove storia, arte, architetture religiose, civili e rurali, bellezze paesaggistiche formano un “unicum” degno di essere annoverato non solo tra le rilevanze della provincia di Brescia ma tra quelle della montagna lombarda.
 
Bagolino è un emblema di tutto rispetto della “montanità” e quindi della civiltà dei montanari, che nel corso dei secoli si è consolidata in una “civiltà locale”, dove le norme giuridiche degli antichi “statuti”, rivisti e stesi in forma scritta elegante e solenne nel 1473, hanno fissato una tradizione di abitudini e di saggezza tali da essere alla base di quel sentimento degli abitanti, ben radicato e profondo, di percepirsi come parte attiva di una comunità.
 
Per comprendere bene questi aspetti e per gustare dal vivo la “rappresentazione scenica” della concreta realtà, della bellezza, delle particolarità di Bagolino, bisogna portarsi all’elegante porticato della facciata della chiesa parrocchiale di S. Giorgio, vera “cattedrale nei monti”, la cui costruzione iniziata il 15 luglio del 1624 ha prodotto uno scrigno di opere d’arte che spaziano dalle sculture alle pitture, agganciando influssi artistici di vasto raggio per meglio significare che il “locale” non era per gli abitanti di Bagolino, e non è nemmeno ora, visione corta o chiusura mentale.
 
Osservando dall’alto il grande borgo si presenta in una armonica “cartolina” dove l’integrazione dell’abitato con i paesaggio è perfetta; nemmeno gli interventi edilizi degli ultimi anni hanno turbato questa armonia sostanziale.
La grande mole della chiesa: simbolo religioso e civile della comunità, sovrasta dall’alto il paese che sembra tutto raccolto ai suoi piedi a semicerchio con le due estremità formate dai due quartieri: Ösnà dalla parte destra della chiesa e Cävril da quella sinistra.
Le dimore, quasi un migliaio, strette le une alle altre, si sviluppano in altezza e, nelle loro tipologie edilizie abbondano due elementi: il legno ed il granito.
 
Hanno quella “rusticità” elegante che non ha voluto copiare gli schemi o “disegni” cittadini ma che ha invece coniugato, secondo le esigenze dell’economia locale, materiali reperibili in luogo. Nel corso dei secoli i nemici più accaniti del legno, gli incendi, hanno colpito il paese più volte sino a quello distruttivo del 1779 che l’ha totalmente incenerito.
Risorto in brevissimo tempo, a dimostrazione delle capacità della Serenissima Repubblica di Venezia di rispondere alle calamità anche negli ultimi anni del suo dominio, è giunto sino ai nostri giorni quasi intatto.
 
Lo sfondo delle montagne per l’osservatore è una salutare “provocazione di bellezza” ma anche l’occasione per una lezione di storia.
La superba vegetazione della zona del Maniva, che va progressivamente riducendosi sino a lasciar posto al pascolo alla sommità del valico, ricorda il passaggio praticato da secoli per giungere più velocemente a Brescia dal Trentino ed anche la via del commercio del ferro.
Infatti proprio attraverso il passo del Maniva veniva portato a Bagolino il materiale ferroso delle miniere di Collio per essere trasformato nel celebrato “azzale” di Bagolino.

Dalla chiesa di S. Rocco, voluta dalla fede degli abitanti per scongiurare la pestilenza al termine dell’abitato dove Giovanni Pietro e Pasoto da Cemmo nel 1486 hanno lasciato una superba testimonianza della loro arte, la strada si inoltra per la Valle del Caffaro, verso il Gaver, ed il passo di Croce Domini.
Questa strada, oggi conosciuta in tutta Europa come la delizia dei gitanti motorizzati, oltre a percorrere una zona tra le più rinomate nell’arco alpino per la particolarità della flora e dei pascoli che danno al formaggio locale un sapore unico, è la stessa che nel corso dei secoli ha collegato la valle del chiese con la Valle Camonica. E’ stata uno snodo importante di commerci e di esperienze umane.
 
Visitando senza fretta il centro del paese, inoltrandosi nelle caratteristiche strade acciottolate, magari negli ultimi giorni di carnevale quando l’atmosfera è ingentilita dalle melodie delle musiche che i suonatori si tramandano gelosamente da padre in figlio per donarle alla comunità in quel carnevale che, a ragione, è considerato uno dei più genuini tra quelli che ancora rimangono nell’arco alpino, gustando qualche prodotto tipico o sostando in collaudate trattorie o in locali gestiti con fantasia ed intraprendenza, si sente veramente “battere il tempo della storia”.
 
L’antico municipio, ora palazzo della cultura con la biblioteca civica, il museo dedicato al maestro Antonio Stagnoli, con le sale per le conferenze, di imponente architettura, è un “motore culturale” di tutto rispetto.
La piazza Consiglio con la fontana che sembra chiacchierare con i passanti è proprio l’ambiente ideale per le riunioni dei capi famiglia, così come piazza Mercato, con le tipiche architetture delle case che la circondano, richiama proprio il ruolo economico.
E poi vengono l’antica via Portici, cioè il tragitto delle botteghe, l’elegante dimora dove la “Repubblica di Bagolino” ospitava gli “ospiti politici” inviati dal Potere Centrale.
 
Si potrebbe continuare a lungo, ma una visita al piccolo ma bellissimo museo dell’associazione “habitar in sta terra” offre tutti gli elementi per comprendere la quotidianità della vita di questa “città della montagna”, fatta di duro lavoro ma anche di amore del sapere, di rispetto dei ruoli, di paziente e saggia regia amministrativa.
 
Dopo una giornata trascorsa con un ritmo che rifiuti la scansione frenetica del “mordi e fuggi”, completata da una tappa in valle, verso il Gaver, o nella zona del Maniva, si ritorna arricchiti perché si è avvertito il ritmo della “civiltà della montagna”.
 
Alfredo Bonomi
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