Mese dei morti
di Itu

Solo da qualche giorno č trascorsa la ricorrenza della commemorazione dei morti, una passeggiata al cimitero scombussola i confini dei miei sensi ancora attivi

 
Frequento poco i cimiteri, non credo per ragioni particolari, è che non sento di dover frequentare un posto che ripropone il mio giornaliero dilemma sulla fragilità delle nostre vite.

Nei giorni scorsi però in una rarissima giornata di sole autunnale mi è capitato di entrare in visita ed ho cercato di captare segnali nuovi rispetto al mio passaggio terreno, proprio nel posto dell’ultimo saluto.

Sono rimasta frastornata dal profumo dei fiori recisi dalla festività appena trascorsa, ancora pieni di linfa e di colore, i marmi di angioletti luccicavano del lustro amoroso dei vivi che passano e accarezzano la pietra che accoglie chi è saltato oltre, la tenerezza dell’ultimo sole che presto ci lascerà nel gelo riusciva a  stemperare in un sorriso le operazioni di manutenzione dei loculi, anche per chi sopporta il lutto recente.

Non riuscivo a combaciare la tristezza, non mi veniva per nulla, il silenzio rispettoso non faceva altro che esaltare lo spettacolo dei monti e dei boschi intorno nel tripudio del giallo e del rosso a incendiare il cuore.

Riposino in pace.

E’ la tempesta della sofferenza che invece intorpidisce la nostra coscienza e rende difficile pensarci nella imminente sortita di scena.

Bisognerebbe imparare a lasciar perdere, ma non è cosa che s’impara, la vita corre in mille luci e altrettante ombre a perdifiato, così avida che non si stanca di condurci a conoscere l’ultimo respiro.
 
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