Educare all'amicizia e all'amore
di Giuseppe Maiolo

L’appuntamento con GENITORI IN FORMA-zione di giovedì 8 maggio alle ore 20,30 presso la Sala consiliare del Comune di Villanuova sul Clisi, vede quale relatore la dottoressa Nicoletta Simionato. L'intervista



Psicopedagogista e formatrice di Milano, la dottoressa Simionato interverrà sul tema “Educare all’amicizia e all’amore”.
Le abbiamo fatto alcune domande per anticipare l’argomento della serata.

Lei parlerà di amicizia e amore quali sentimenti  turbolenti in adolescenza.
Può anticiparci cosa li caratterizza?


Durante l’adolescenza l’amicizia con i coetanei e l’amore di coppia rappresentano due fattori essenziali e sono obiettivi specifici dell’adolescenza.
I ragazzi tra gli 11 e i 18 anni vanno sempre in cerca di amici: se li trovano sono molto soddisfatti, se rimangono soli si intristiscono e si annoiano, poiché l’amicizia è quel sentimento che aiuta a dipendere meno affettivamente dai genitori e al contempo prefigura l’innamoramento.

Il patto affettivo che i ragazzi stringono fra loro, nell’amicizia e/o nell’amore, ha tuttavia delle caratteristiche diverse rispetto al passato.
L'adolescenza, in questo momento storico e sociale, non è più caratterizzata dalla rivolta nei confronti del padre e dalla separazione dalla madre ma, piuttosto, dalla costruzione di profondi legami amicali e da modalità nuove di espressione dell’amore di coppia.

In particolare, quest’ultimo, non è più pensato necessariamente come duraturo, all’interno di un progetto familiare e generativo, ma piuttosto come un’esperienza che arricchisce e impreziosisce il Sé e che finisce nel momento in cui viene a cadere il suo scopo.

Educare all’amicizia e all’amore cosa vuol dire in pratica?

Educare all'amicizia e all’amore potrebbe voler significare per degli adulti competenti, la possibilità di creare uno spazio affettivo, che possa esprimersi anche in un luogo fisico e temporale, dentro cui provare a dare ascolto e significato alle nuove istanze evolutive dei figli, senza però esserne travolti, o spaventati.

In seconda battuta è importante che gli adulti stessi si permettano, davanti ai ragazzi, di non essere degli ideali irraggiungibili né inaccessibili rispetto a questi argomenti e che loro stessi possano sperimentare quelle dimensioni di rischio e incertezza che questi temi comportano.

D’altra parte non possiamo dimenticare che a segnare il modo di amare di ognuno e ciò che fa ritenere importante quel particolare modo di amare tra tutti i modi possibili, è un ricordo che arriva da lontano.
Infatti il punto di partenza per conoscere l’amore è dato, da sempre, dai genitori.

Secondo lei cosa è andato perso oggi nella relazione educativa con i figli e perché?

Sicuramente ci troviamo davanti ad un profondo cambiamento dei modelli e degli stili educativi familiari.
La famiglia etico-normativa del passato ha lasciato il posto a quella affettiva e relazionale del presente.
Non si tratta, forse, di pensare in termini di perdita rispetto al passato quanto, piuttosto, di cambiamento, di trasformazione dei valori che sostengono l’educazione e la cura del cucciolo d’uomo.

Fino a una generazione fa sembrava che ciò che rendeva possibile i rapporti tra genitori e figli fosse l'idea di una capacità genitoriale che nasceva naturalmente, quasi in automatico, dall'affetto originario dei genitori verso i figli e da una sorta di passa parola generazionale che faceva pensare: “i miei genitori facevano così con me è io faccio così con i miei figli”.

Attualmente questi due supporti di competenza educativa spontanea sembrano essere venuti meno, sostituiti da una nuova declinazione del ruolo genitoriale, orientato dal desiderio di essere genitori più pensanti e meno istintivi, insomma dei bravi genitori che fanno crescere bene dei figli sereni, non più regolati, ma felici. 

Ora i genitori desiderano interrogarsi per riflettere, in maniera più intenzionale e meno spontanea, sui gesti educativi verso i loro figli, su cosa significhi educarli e c'è una maggiore esigenza di competenza intesa come sapere, saper fare, saper essere, e questo, a mio avviso, è positivo.

Giuseppe Maiolo

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