Il Carnevale? Ecco come lo festeggiavano i nostri nonni
di Tatiana Mora

Dalla ricerca di Tatiana Mora



La ricorrenza del Carnevale veniva festeggiata un po' in tutti i paesi della Valle e, in quei giorni, chi voleva/poteva indossava semplici travestimenti e maschere e andava in giro a fare scherzi; ovviamente, essendo una festa che di religioso non aveva praticamente nulla, non era così ben vista dal parroco; i dolci caratteristici erano le latűghe o frètol.

«Un tempo il Carnevale non era molto sentito, sia per impossibilità economiche che per paura di essere ripresi o puniti dall'autorità religiosa. Solo qualche giovane osava travestirsi con abiti di fortuna e festeggiare facendo scherzi o all'osteria».

«Il carnevale è tutt'altro che un fenomeno semplice e a senso unico. Il termine riunisce sotto un unico concetto una serie di festività locali di origine diversa, che cadevano in date differenti […], infatti le diverse forme della festa popolare, scomparendo e degenerandosi, lasciavano al carnevale alcuni loro elementi: rituali, attributi, immagini, maschere.
Così il carnevale è diventato in effetti il depositario di tutte quelle forme della festa popolare che non avevano più un'esistenza propria».

Nel piccolo borgo di Bagolino, in particolare, questa festività era molto sentita e vantava origini davvero antiche; documenti conservati nell'archivio comunale affermano che già nel XVI secolo il Carnevale ricopriva un significato particolare per gli abitanti di Bagolino.
Esso è animato da due categorie di figure principali: i balarì e i màscher.

I balarì
sono i ballerini e sicuramente i protagonisti più spettacolari per i costumi ricchissimi che indossano ma anche per le danze che mettono in scena dall'alba del lunedì prima delle Ceneri (quando, con una celebrazione antelucana, viene dato il via a una messa alla quale prendono parte tutti loro) fino alla sera del giorno successivo; al suono di violini, chitarre, mandolino e basso continuo (detto scherzosamente vedèl cioè vitello), disposti su file parallele, danzano guidati da un capo principale che ha il compito di annunciare i titoli delle suonate, di mettere in ordine i ballerini e di dare loro ordini ad alta voce.

Come dicevo poco fa, il costume dei balarì è davvero particolare; composto da giacca e pantaloni al ginocchio di colore scuro e decorato con passamaneria colorata, è caratterizzato da ricami presenti sull'avambraccio, sulle spalline, sulla tracolla e sulle calze.
Sicuramente il tocco di classe è dato dal cappello «interamente rivestito da una fettuccia rossa arricciata, sulla parte sinistra porta un fiocco enorme di nastri di seta colorati e ritorti e in tutta la parte restante, ricami d'oro, ottenuti con spille, catene, anelli: prezioso pegno per un costume che deve essere il migliore.

Per completare l'abbigliamento, sulle spalle viene fissato uno scialle di seta coloratissimo che, muovendosi durante il ballo, offre meravigliose fantasie di forma e colore.
Elemento spersonalizzante e doppiamente dissimulante, la maschera bianca con bautta nera, uguale per tutti». Le origini di questo copricapo possono essere ricercate nei carnevali ladini delle valli trentine, a Grauno, in Valsugana, in Val di Fassa e in Val di Fiemme.

Raramente i gioielli appartengono tutti alla famiglia del ballerino ma vengono spesso presi in prestito da famiglie amiche; il tradizionale lavoro di vestire il cappello, come si dice a Bagolino, viene svolto dalle donne della famiglia del ballerino o dalla sua fidanzata e inizia un paio di settimane prima del Carnevale.
Una volta terminato, «il cappello viene svestito, i nastri sono avvolti su rocchetti, per evitare che si sciupino, e i gioielli vengono restituiti alle famiglie proprietarie».

Ascoltando la musica che accompagna i loro movimenti, è possibile trovare analogie con i suoni tradizionali dell'Europa continentale e settentrionale; strutturalmente i balli di Bagolino e la musica dei violini sono vicini a forme in uso nei paesi di lingua tedesca: questo fatto può essere collegato alla collocazione geografica del borgo che lo ha sempre portato ad essere maggiormente legato a Trento piuttosto che a Brescia e non dimentichiamo che, per lungo tempo, è stato persino parte della diocesi trentina.

Accanto ai balarì, ci sono i maschèr che, però, non hanno un ruolo ben definito e nemmeno un costume caratteristico (se non la maschera); normalmente sono vestiti da contadini e impersonano il Vecchio e la Vecchia con, ai piedi, gli sgàlber (nel caso delle donne, i söpei), calzature con la suola di legno che permette di sentire il loro arrivo e riconoscerli tra la folla.

La loro funzione è quella di muoversi a coppie, a piccoli gruppi o anche in modo autonomo con un caratteristico passo strascicato (come se pattinassero), fare dispetti, divertire attraverso scherzi e battute goliardiche, cogliere alle spalle l'incauto visitatore e ghermirlo con una voce in falsetto.




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