«Potremmo smettere»
di Ubaldo Vallini

L'Associazione Ambulanza Valsabbia, investita insieme ad altre 23 nella bufera innescata dalla doppia inchiesta su presunti rimborsi chilometrici "gonfiati", sta meditando se sospendere ogni servizio



«Stiamo seriamente valutando l’opportunità di cessare l’attività, quale estrema forma di protesta contro l’infamante accusa di aver profittato della nostra azione di volontariato in supporto alle necessità ed esigenze della collettività, che invece abbiamo sempre svolto con passione, zelo e puntualità».

Parole pesanti, che i vertici dell’Associazione Volontari Ambulanza Valle Sabbia hanno affidato, a scanso di equivoci, direttamente all’avvocato Luca Dagnoli, il legale incaricato di seguire per loro conto la vicenda dei rimborsi chilometrici che sarebbero stati “gonfiati” da 24 sodalizi di tutta la provincia, fra quelli che effettuano i trasporti dei dializzati per conto dell’Asl.

Tutte da valutare le eventuali ripercussioni sulla gestione dell’emergenza sanitaria in Valle Sabbia, fra “programmati” ed interventi in emergenza, che per ora si regge sulle prestazioni volontarie di diverse decine di operatori.

Poi la nota dell’avvocato prosegue, delineando quello che a suo dire, e secondo i volontari valsabbini, appare come un inchiesta che si rifà a pochi elementi per di più “completamente privi di fondamento”.

Nel metodo,
spiega l’avvocato «in quanto la documentazione probatoria dei trasporti dei pazienti non è mai stata predisposta né quantificata dal presidente Turri Zanoni, ma dai singoli capigruppo dei diversi gruppi di volontari appartenenti all’associazione» mentre è a Turri Zanoni che è stato bloccato il conto corrente.

Nel merito, in quanto «nessuno ha mai disatteso i protocolli operativi di rimborso per i viaggi coi dializzati imposti dall’Asl bresciana che, fin dal 2011, avevano specificato che in caso di più sedi, per “sede di partenza” era da intendersi quella più vicina al domicilio del paziente» e così è sempre stato fatto, «tant’è vero che le rendicontazioni sono sempre state riconosciute corrette e nessun organo di controllo ha mai chiesto integrazioni documentali».

Insomma: i vertici del sodalizio valsabbino parlano apertamente di «accanimento giudiziario ingiustificato» e ricordano che «nonostante l’annullamento da parte del Tribunale del Riesame della prima ordinanza di sequestro datata giugno 2015, ancora non è stata loro restituita la somma complessiva euro 23.864».

Ribadiscono anche che: «non un euro di rimborso è stato chiesto senza dettagliate quantificazioni documentali e nulla è stato mai distratto dalle casse dell’Associazione in favore di chicchessia».

160423_volontari_valsabbia_2.jpg