L'arte del pojat
di Elisa Pasquazzo

Anche personale del Muse e ricercatori dell’Università di Trento ieri a Malga Alpo per la Festa del carbonaio per un lavoro di ricerca sui vecchi carbonér


Nel 1951, anno del censimento, Bondone e Baitoni contavano complessivamente 850 abitanti di cui il 60 per cento degli uomini facevano come lavoro i carboner. Dalla primavera all’autunno, in compagnia delle mogli, erano disseminati in zone più disparate avvolti dalla fuliggine e stremati dalla fatica per produrre quel materiale vegetale.

Ebbene, ieri, alla Festa del Carboner, Dario e Manuseto Scalmazzi, i soli che ancora sanno fare quel mestiere, erano lì nella jal per mostrare alla gente la pratica e segreti di quell’arte oramai in via d’estinzione.

“Ogni cinque quintali di legna fuoriesce un quintale di carbone che per espletarne la procedura servono due giorni e una notte” ammonivano ambedue.

Guarda caso a malga Alpo (a quota 1.450 metri) ad approfondire procedure e tempi di lavoro c’erano stavolta docenti universitari e personale del Muse interessati a dar vita ad una scuola estiva su archeologia di montagna con riferimento a quel mestiere.

Diego Angelucci docente universitario: “Siamo qui per raccogliere informazione e storia sul lavoro del carbonaio affinchè quella pratica lavorativa non abbia a disperdersi per sempre. Con l’aiuto dei due Scalmazzi e di qualcun altro ancora cerchiamo di catalogare il tutto in modo poi da inventariarlo su carta”.

Le condizioni meteo ieri non erano certamente delle migliori, con tanta pioggia e anche qualche sventagliata di grandine.

Dentro lo stallone di una volta almeno 400 e più persone hanno trovato riparo e un posto per consumare un pranzo casereccio comprendente polenta e spiedo. Tra loro anche il cappuccino padre Giorgio Anesi giunto all’ultimo da Trento per salutare la sua gente di cui un tempo era stato parroco interinale.

“Direi che il comitato promotore si è dato da fare e ha lavorato bene sia nell’allestire il pojat come nel predisporre il servizio ristorazione”, avvertivano sia il sindaco Gianni Cimarolli che il suo vice Giacomo Valerio.

Prima ancora, nella vicina cappella, il reverendo arciprete decano don Andrea Fava aveva celebrato la Messa. All’omelia il sacerdote ha ricordato il sacrificio di quella gente e, prendendo spunto dal vangelo del giorno, puntualizzava che le ricchezze vanno perseguite e accumulate per mettere il tutto a disposizione del prossimo”.

In foto Dario e Mansueto Scalmazzi alle prese con il pojat
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