La Divina pesca, parte 1
di Manuele Vezzoli

Con l’amico Elio qualche sera fa si parlava stranamente di pesca: per un pescatore con la “P” maiuscola il solo discutere di pesca è un po’ come di fatto pescare


Tra un ricordo ed un progetto ci siamo detti perché non scrivere un articolo a quattro mani? Ed eccolo qua! Un breve excursus sulla pesca a mosca e sulle imitazioni che vengono legate alla lenza.

In ogni cosa della vita c’è un’evoluzione. Così nella pesca si passa in un lampo da innescare un cagnotto su amo del 20 della canna del nonno o dello zio a sbattere la testa nella creazione di ninfe, emergenti e mosche secche.

L’evoluzione naturale verso le cose più complicate ed eleganti mi ha sempre affascinato e spesso convinto a cambiare. Seduto al banco di lavoro artisticamente montato da mio padre mi trovo indaffarato con fili, piume e palline di tungsteno nell’ardito tentativo di realizzare una ninfa.
Sono un neofita con l’entusiasmo di un bambino e mentre cerco di imitare uno strano insetto sto già pensando a quando lo lancerò nella corrente, tra un sasso e l’latro in qualche torrentello.

Mi sono avvicinato alla pesca a mosca recentemente, incuriosito da Elio e dalle sue esperienze sul fiume ed ho pensato che le cose andassero fatte bene e mi sono fatto regalare: canna, mulinello, coda di topo, qualche terminale, penne, piume, fili ed ami così da poter cominciare a costruire.
L’investimento non è troppo oneroso (ovvio se poi lo si riceve come regalo), ma per poter spaziare nella costruzione di diversi tipi di mosche un po’ di chincaglieria va procurata.

Perché partire dalle ninfe? Forse perché sono più facili da realizzare delle mosche secche e perché a detta di molti le trote che mangiano a galla sono di certo più diffidenti, invece sotto l’attività dei pinnuti è di certo maggiore. Da non sottovalutare che le ninfe sono imitazioni appesantite a differenza delle secche che devono restare a galla, e di certo non è semplice costruire un’esche che ben di presenti sul pelo dell’acqua.

Per la realizzazione di una ninfa in genere si usa: un amo delle più svariate misure, una pallina di tungsteno, dello stagno per appesantire, del rame per abbellire, delle piume di fagiano o gallo per la coda, ancora piume per le corpo e del pelo naturale per il collarino.  L’insieme di questi elementi legati insieme da del filo di montaggio creano la famigerata imitazione.

Ma perché le trote sono attirate da questi “ami abbelliti”? Proprio perché vogliono imitare una degli alimenti più comuni sul fondo dei nostri fiumi.
Nel prossimo articolo Elio vi guiderà nel mondo sommerso della divina pesca…
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