Latente
di Ilaria Bignotti

"Manifesto per un dadaismo ludico/lirico" è il titolo di una mostra dell'artista gardesano Albano Morandi allestita in questi giorni a Bucarest, fino al 20 maggio. Ce la descrive Ilaria Bignotti


 Albano Morandi. LATENTE
 
Tutta la ricerca di Albano Morandi credo possa essere letta attraverso la condizione, che si traduce in pratica e metodologia creativa, di latenza: le sue opere, che siano un singolo lavoro autonomamente conchiuso, o installazioni ambientali di diverse dimensioni – e invasioni – dello spazio, o cicli di immagini in dialogo a partire da un tema che si moltiplica in “enne” variazioni, sempre scaturiscono da, e conducono a, un processo di apparizione mai risolta, rivelamento mai definitivo, riconoscimento mai dichiarato.

Latente, lo dice la parola stessa, indica un’azione ancora in fieri: il suo padre etimologico, il verbo latino “latere”, suggerisce qualcosa che sta nascosto, ma potrebbe affiorare; che si trova al di sotto, ma in qualche modo emerge; qualcosa che turba, disturba, sovverte pur restando in uno stato di tensione potenziale, di quiete vagamente inquietante.

Ossimoricamente, latente è ciò che appare nascondendosi: potrebbe palesarsi al nostrosguardo, potrebbe restare per sempre confinato in una zona di in-between tra la visione e l’inconscio.

La pratica del surrealismo, come continua sedimentazione, emersione, e provocazione dell’immagine che a diversi livelli suggestiona, ispira, sprona l’occhio-mente del riguardante, gli appartiene e si fonde con quel dadaismo sospeso, mai aggressivo ma fortemente sollecitante, che tutte le sue opere di fatto contengono, dalla loro genesi alla loro composizione e relazione con il pubblico.

Forse per questo motivo l’artista elabora un Manifesto, inteso come testo e progetto espositivo che dichiari con programmatica chiarezza la posizione assunta; e subito ne contraddice gli intenti, definendolo “per un dadaismo ludico lirico" (in Albano Morandi, Manifesto per un dadaismo ludico lirico, La Compagnia della Stampa-Massetti Rodella Editori, 2006).

Osserviamo le opere di Morandi, oggi esposte a Bucarest, nella sede di Victoria Art – Center for Contemporary Cultural Production.

Song for Stella è un’ampia installazione che, a prima vista, coinvolge il riguardante in un godimento estetico: le ritmie cromatiche, i diversi aggettamenti e le emergenze sculturali dei vari elementi compositivi, il gioco tra pieno e vuoto, la tessitura del supporto a colpi di interventi plastici, ci invitano a riflettere sul dialogo latente tra Morandi e Frank Stella, poeta di un’astrazione rigorosa, che Morandi sente però pronta a scivolare “dall’hard al soft edge”, traducendola in una disseminazione di elementi che punteggiano e misurano, a colpi immaginifici, lo spazio.
Altrove, opere di maggiori dimensioni e in sé conchiuse, accolgono stratificazioni di corpi visuali provenienti da altre narrazioni culturali, da tempi diversi, in una possibile ricongiunzione linguistica e sensoriale-emotiva di lacerti trovati, tra le pieghe di una strada, o nell’incontro con amici e maestri, artisti e poeti.

In questa alchemica, osmotica composizione affettiva
sul tavolo anatomico della pittura, Morandi esaspera quel principio di latenza delle immagini – che ancora non vediamo, ma che sono lì, pronte a uscire al nostro sguardo interiore – e dei legami – che ancora non riconosciamo pienamente, ma in qualche modo avvertiamo, come perturbanti presenze sotterranee – che in un’unica, altra parola, potremmo definire affinità visuali, poetiche, empatiche tra gli oggetti trovati dall’occhio prensile dell’artista.

Vicino alle pratiche surrealiste, nel tentativo di dichiarare una rinnovata libertà e liberazione dell’uomo di trovare personali, incalzanti legami inconsci tra i fatti e le cose del mondo, Albano Morandi pratica una flânerie creativa che non si pone né un punto di partenza, né un approdo definitivo.
 
Ilaria Bignotti
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