Il vaccino dell'ignoranza
di Leretico

Da qualche mese una furente polemica riempie le pagine dei giornali e alimenta altrettanto accese discussioni popolari sul valore dell’obbligo di vaccinazione delle persone tra zero e sedici anni, per poter accedere alle scuole


Ad essere contestato sembrerebbe essere il mancato rispetto del diritto alla libertà di cura, tra cui alcuni includono anche quello di vaccinarsi oppure di non vaccinarsi; d’altra parte si profila invece la difesa del diritto alla salute di chi teme di essere contagiato proprio da quelle persone che non sono vaccinate.

Mi sono meravigliato, devo dire, guardando da lontano quanto è accaduto in questi mesi.
Mi sono meravigliato di quanti siano quelli che si sono dichiarati contro le vaccinazioni. Credo che sia un fenomeno da non sottovalutare, tragicamente, ordinariamente pericoloso.

Vengo da una generazione che si considera “salvata” dalle vaccinazioni e c’è dunque stima e grande appoggio emotivo, da parte mia, alla scienza che è riuscita a diminuire drasticamente la morte infantile tramite questi mezzi.
Mi rendo conto tuttavia che coloro che protestano contro le intenzioni del governo di obbligare alla vaccinazione, appartengono ad un’altra generazione, la quale non sente più il profondo timore della morte che per secoli ha angosciato l’essere umano e che dunque ha visto negli sviluppi scientifici un miglioramento decisivo per le proprie condizioni di vita.

Appartengono alla generazione di quelli che considerano Pasteur un personaggio preistorico talmente lontano nel tempo da risultare irreale. Pochi fra loro ricordano per esempio che la famosa Silvia cantata dal Leopardi, il cui vero nome era Teresa Fattorini, figlia del cocchiere di famiglia, fu strappata alla vita in giovanissima età dalla tubercolosi, e se lo ricordano non sanno che la tubercolosi, o tisi, è una malattia che colpiva in passato soprattutto i bambini.

Se fosse vissuta oggi, Teresa, con l’aiuto dei vaccini, sarebbe potuta sopravvivere e spero molti concordino con me sul preferire una Teresa viva piuttosto che una poesia in memoria, anche se sublime.

La questione dunque ruota attorno a due punti: fino a che confine può e si deve spingere il dovere pubblico di salvaguardare la salute collettiva e, contemporaneamente, che diritto hanno i genitori di rinunciare, in nome e per conto dei propri figli minorenni, alla protezione ottenuta con le vaccinazioni, mettendo in questo modo a repentaglio anche la salute pubblica.

In questa storia la paura ha un grande ruolo.
In un era in cui feroce è lo scontro tra laici e religiosi sul cosiddetto “accanimento terapeutico”, incentrato sul concetto di dignità della vita, è contraddittorio, e direi “medievale”, la superstiziosa paura di certe mamme che si sentono angosciate perché i vaccini hanno effetti collaterali e non garantiscono il cento per cento del risultato ai loro figli.

Infatti nel caso dell’accanimento terapeutico
si è contro la scienza medica perché si sostiene che sia troppo efficace, tanto da non lasciar morire dignitosamente una persona, mantenendola in vita malgrado tutto; nel secondo caso, con i vaccini, si nega contraddittoriamente l’efficacia della scienza stessa, cercando di allontanarne l’abbraccio salutare, immaginandolo mortale. In entrambi i casi si mostra un atteggiamento contrario alla scienza, ma per due motivazioni contraddittorie.

La paura è un sentimento irrazionale, e chi, nelle decisioni più importanti, per sé e per gli altri, si lascia influenzare da questa irrazionalità non può certo capire, in quel momento, quale sia la scelta più idonea.
Se dunque prevale la paura, prevale anche la volontà egoistica di eliminare tale paura indietreggiando di fronte ai problemi.

Poiché non scegliere è pur sempre una scelta, è necessario comprendere che non vaccinarsi non solo non elimina il problema del potenziale pericolo di ammalarsi ma lo estende anche alla collettività, cosa ancora peggiore e per questo inaccettabile.

Gli effetti collaterali di un vaccino esistono certamente, ma sono talmente minori rispetto ai vantaggi ottenuti, che sarebbe facile rispondere ai tremebondi che si oppongono che, nonostante la scienza non sia la verità, rimane lo strumento più efficace contro le malattie.
Chi è in cerca della certezza assoluta non può decidere per gli altri, né per se stesso, perché la certezza assoluta non appartiene e non può appartenere alla scienza e da essa non può essere pretesa.

Sotto le sembianze di lotta per un diritto, quello di curarsi nel modo che si ritiene più appropriato per sé e per i propri figli, si nasconde, nel caso dei vaccini, un grave egoismo che va sicuramente contrastato.
Le comunità non sopravvivono basandosi sulle paure, né tantomeno sugli egoismi degli individui.

L’aumentare di casi di morbillo, di pertosse, di meningite e di altre malattie infettive, dopo centinaia di anni di lotta per debellarle, è il risultato della malattia più micidiale di tutte, la malattia contro cui non è stato ancora trovato un vaccino veramente efficace: l’ignoranza.
 
Leretico
zEppurSiMuoveMani.jpg