Uomo (non identificato) di fascia
di Luca Rota

Stagione 2001-2002. Tra i nuovi approdi nella massima Serie, un quartiere di Verona, il Chievo. Quattro quattro due solido, tanta corsa, concretezza e pochi nomi noti...


Difesa solida e versatile, attacco standard per i tempi, centrocampo tutto fatica e gioco, fasce veloci dai piedi buoni ed intercambiabili.
Destra o a sinistra fa poca differenza. Spesso mister Del Neri li inverte per mandare in confusione le marcature avversarie.

Da una parte il mancino Manfredini, treccine alla Gullit e maglia numero sedici.
Dall’altra la numero quindici e un nome scritto sopra: Eriberto. Proviene dal Bologna, dove non ha pienamente convinto.

Brasiliano tutto corsa e poca tattica, si danna l’anima e spesso segna pure. Qualcuno li soprannomina le “frecce nere”. Al primo anno in A, il Chievo (poi ribattezzato “Miracolo Chievo”) arriva quinto e va in Coppa Uefa.
Eriberto impressiona maggiormente, sembra fatto su misura per gli schemi dell’allenatore friulano. Accade così che sul giocatore piomba l’interesse della Lazio.

Trattativa semplice a primo acchito,
ma nemmeno il tempo di esultare che subito arriva il colpo di scena. Eriberto dichiara di chiamarsi Luciano Siqueira, di tre anni più vecchio rispetto a quelli dichiarati sulla sua carta d’identità (‘79). Ha barato ai tempi del provino col Palmeiras, dove per limiti di età sarebbe stato scartato.
Confessa dice, per amore del figlio, perché soffre sapendo che non potrà mai portare il suo cognome. Il gesto è coraggioso e senza precedenti. Eriberto, o per meglio dire Luciano, viene severamente punito con una robusta ammenda e sei mesi di squalifica.

Nonostante si pensi ad una carriera finita, ecco che succede un alto colpo di scena.

A squalifica terminata, arriva l’offerta e il conseguente approdo a Milano, sponda Inter, dove Hectro Cuper è alla disperata ricerca di ali per decollare verso lidi importanti.
Sulle fasce di San Siro però, Luciano non sembra essere ai livelli di Eriberto, e dopo sole cinque partite all’attivo in nerazzurro, ritorna a in quel Chievo dove ancora i suoi compagni fanno fatica a capire quale sia la sua vera identità. Favola finita? Inutile dirlo, no.

Dieci stagioni consecutive (tra A e B), record di presenze secondo soltanto all’intramontabile Pellissier, corsa e sostanza inesauribili su quella fascia destra che lo vede ancora padrone e sempre operaio.
Una grande presenza la sua nella mediana clivense, dove gioca anche da interno, e che gli vale l’offerta di rinnovo a trentasette anni suonati.
Offerta che però declina, decidendo di ritornare in Brasile, da dove quasi vent’anni prima era partito Eriberto, per ritornarvi Luciano.

Ad oggi è ancora in Italia, dove studia da allenatore, lui che è stato uomo di fascia veloce ed intraprendente, sia che si trattasse di puntare il fondo, sia tagliare verso l’area o addirittura tornare in ripiego.
Uno di quelli come quasi non ne esistono più, vuoi perché il calcio è cambiato, vuoi perché oggi si punta molto su caratteristiche diverse nell’interpretazione del ruolo.

Ma di Luciano (fu Eriberto) credo si ricorderanno in tanti, sia per la storia personale, sia perché uno dei più forti uomini di fascia che la provincia calcistica e l’intera serie A abbiano mai visto.

Luca Rota
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