«Che cosa ricordi del 25 aprile 1945?»
di Redazione

Questa la domanda posta dai biografi dell’Associazione “I Giorni” ai prevallesi che a quell’epoca erano bambini. Approfondiamo un po’ il tema della presentazione del libro «Quel giorno… che giorno», in programma domani a Prevalle


"Che cosa ricordi del 25 aprile 1945?" E’ questo lo spunto, la sollecitazione posta ad oltre sessanta tra uomini e donne di Prevalle nati tra il 1925 e il 1935. Con spontaneità e con naturalezza lo sguardo si è così rivolto ai mesi precedenti, al tempo di guerra e agli anni successivi, sempre mantenendo al centro della narrazione il punto di vista personale, l’atmosfera in famiglia e nell’intera comunità del paese.
 
E’ così che l’iniziativa, portata a termine con un grande lavoro di squadra e soprattutto con metodo e passione dai biografi dell’Associazione Culturale “I Giorni”, ha assunto i contorni di una grandiosa ricostruzione composta da uno straordinario mosaico di testimonianze.
Non una ricerca storica, dunque, anche se fatti e personaggi della storia, locale e generale, emergono con chiarezza e con freschezza nel ricordo di quelli che erano ragazzi, adolescenti o giovani.
 
Non una presentazione di documenti o la loro analisi e interpretazione ma molteplici memorie personali e famigliari che si sono riannodate in una trama dalla quale emerge la vita quotidiana che galleggia sulla storia vissuta in giorni, mesi e anni, cruciali per il nostro stesso presente.
Pochi sono stati coloro che hanno declinato l’invito dei biografi prevallesi mentre i tanti narratori, all’epoca ancora giovanissimi, hanno rivissuto quel giorno, il 25 aprile del 1945 e i periodi precedenti e successivi con uno slancio che poco spazio ha lasciato alla nostalgia ma moltissimo ha restituito alla conoscenza di quei giorni.
 
L’Associazione “I Giorni” è ormai rodata ad iniziative di questo genere. Seguendo il metodo autobiografico appreso alla Libera Università dell’Autobiografia di Anghiari, fondata nel 1998 da Duccio Demetrio e Saverio Tutino ha raccolto centinaia di memorie autobiografiche che costituiscono oggi un prezioso patrimonio culturale per il paese.
 
Il libro, che sarà presentato domenica 19 novembre presso il Teatro Paolo VI facendo rivivere un po’ di quel clima ai narratori protagonisti, è l’ultimo in ordine di tempo e il sesto dal 2008 realizzato dall’Associazione oltre a numerosi altri eventi ed iniziative culturali.
 
Così scrivono nella prefazione: “Nelle parole dei narratori, il 25 aprile 1945 sembra avere due diversi aspetti: sollievo e gioia per la tragedia che si concludeva, ma anche tristezza e preoccupazione per i lutti che il cuore doveva contare e le tribolazioni ancora da venire.
La guerra fu segnata da paura, fame e miseria, ma anche tratti di incoscienza vista l’età di alcuni narratori. 
I tempi che seguirono il 25 aprile 1945, seppure portatori di cambiamenti e miglioramenti, non risparmiarono nuove fatiche. 
Avere raccolto la memoria personale della gente su quel periodo ha per noi diversi lati positivi: alla comunità viene restituito il punto di vista di varie fasce d’età e reso disponibile per chi allora non era ancora nato. Ma anche, nell’impegno di ricordare e narrare si è fatta strada la riflessione sull’attualità, con le guerre che risuonano in varie parti del mondo generando conseguenze che conosciamo.
Grazie ai nostri narratori e narratrici. Prezioso è stato il dono delle loro parole, dei loro “mi ricordo” e dei “non ricordo granchè”. Sorpresa è stata la scoperta di fatti personali che hanno voluto regalarci”.
 
Ed eccoli, alcuni piccoli, gustosi e bellissimi stralci di queste preziose memorie, dall’epoca della Repubblica di Salò passando per la presenza dei tedeschi, fino alla Liberazione e fino all’apparire in paese di truppe americane.
 
Alcuni fascisti, più per comodo che per convinzione, passavano la sera a fare la ronda. Una volta mio fratello li ha portati a casa, li ha fatti bere e mangiare; uno è rimasto quasi tutto il tempo a parlare con la mia mamma che se ne stava vicino al fuoco. Poi ci hanno fatto provare i loro fucili, eravamo bambini ed è stata un’emozione. Certo, non erano veri fascisti!
Quelli veri erano arroganti, baldanzosi. Una volta il papà era entrato in un’osteria a bere qualcosa e poi era uscito per fumare una sigaretta. L’aveva appena accesa che un fascista gliel’ha buttata in terra. Il babbo non ha detto nulla e, per paura, non ha svelato il nome del fascista a nessuno.
 
Del periodo della guerra mi ricordo la fame. Eravamo in nove in famiglia e solo mio padre lavorava. Erano miserie su miserie. Io vivevo ad Acquatica a quei tempi e uno de i miei compiti era quello, ogni mattina, di andare al panificio  Franzoni a prendere il pane. Ho un sacco di ricordi legati a questo mio impegno. La vera paura però la presi un giorno che ero da sola. Ero appena uscita dal panificio quando due camionette di tedeschi mi fermarono. Volevano sapere dove ero diretta e che cosa avevo nel sacchetto. Ero molto spaventata, tremavo, non capivo nulla di quello che dicevano. A un certo punto mi dissero di salire sulla bicicletta  e iniziare  a pedalare. Così feci e loro mi seguirono fino a casa. Accamparono nel mio cortile i camion per alcuni giorni.
 
Ero ancora una ragazzina, con le trecce. Un soldato di colore, un omone, mi si è avvicinato e, prendendomi una treccia, mi ha chiesto:‘Quanto costa?’. Io stentavo a capire, ero anche un po’ spaventata e ricordo che una signora, proprietaria di un negozio, mi ha preso per un braccio, mi ha tirato dentro e ha chiuso i battenti, come a volermi difendere, a dire al soldato di lasciarmi in pace. Lui se ne è andato senza fare storie, forse aveva voluto fare lo spiritoso! Per noi era una novità vedere persone di colore e la cosa mi ha parecchio spaventata.

Gli Americani si erano sistemati vicino al campo sportivo. Mia mamma mi lavava e mi pettinava bene, mi dava una gavetta e io andavo al campo. Lì c’era un americano che si chiamava Tommaso, non capivo nulla quando mi parlava, ma mi prendeva in braccio (avrò pesato sì e no venti chili!) mi portava in giro, fino alle cucine, dove riempiva la mia gavetta e io tornavo a casa tutta felice. Mia mamma insisteva che fossi ben pettinata perché, diceva, ‘se no non ti danno niente’. Che miserie! Ancora oggi mi viene il groppone quando vedo scene di guerra e miseria alla televisione.
 
Del 25 aprile non ricordo molto: stavamo poco a casa, eravamo sempre in giro per i campi. Le donne sono uscite dalle case: “E’ finita, è finita!” Suonavano le campane ed eravamo tutti in festa, tutti correvano e si abbracciavano. Gridavano: “Finalmente è finita”, ma qualcuno diceva: “State calmi, non sarà mica come l’8 settembre? Anche allora sembrava finita ed invece è andata avanti ancora due anni…”

25 Aprile… Lo ricordo bene quel giorno! Quel giorno era tutto diverso… Le campane avevano cominciato a suonare a distesa e la gente si affacciava ai balconi.  “E’ finita la guerra, è finita la guerra! Si scendeva in strada, si gridava, si correva di qua e di là. Era finito l’incubo del doversi nascondere, del coprifuoco, dell’ansia dei bombardamenti, dei saluti fintamente rispettosi alla prepotenza dei repubblichini, con gli occhi bassi, cercando di passare inosservata. Quella buca che mio marito aveva scavato perché potessi nascondermi, ora non serviva più, eravamo liberi… Come sarebbe stato il nostro futuro?
 
 
Nelle fotografie:
- Il Senatore Orazio Botturini, nominato Sindaco di Prevalle dal CLN nell’aprile del 1945
- La dichiarazione di Reggenza del Comune di Prevalle che si apre con un bellissimo “Incipit Vita Nova!” 
- La bandiera del Gruppo Fiamme Verdi di Prevalle recuperata qualche anno fa
 

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