Il ritorno dei boschi
di Valerio Corradi

Negli ultimi anni, anche nelle valli bresciane, si è registrata una forte crescita dei boschi naturali. E’ un fenomeno positivo o negativo? 


Mentre su scala globale si sta registrando una continua riduzione dei territori coperti da boschi e foreste, in molti paesi occidentali è in atto una tendenza opposta. L’Istituto per la Protezione dell’Ambiente (Ispra) ha calcolato che in Italia, negli ultimi 100 anni, la superficie forestale nazionale è raddoppiata, raggiungendo 11 milioni di ettari corrispondenti a un terzo del territorio nazionale.
 
La provincia di Brescia, con gli attuali 170.502 ettari, è il territorio con la maggiore estensione forestale della Lombardia. Subito dopo si collocano le province di Sondrio e di Bergamo. Insieme, queste tre aree, comprendono circa i due terzi dei boschi regionali
La crescita dei boschi è un fenomeno costante degli ultimi anni. Attualmente i boschi, in prevalenza di origine naturale, sono arrivati a ricoprire circa il 35% del territorio bresciano.
 
Da una parte l’incremento della superficie boscata può essere inteso come un segnale positivo della diminuzione della pressione antropica sull’ambiente e quindi della “riconquista” del territorio da parte della natura. 
Dall’altra parte, paradossalmente, solleva una serie di interrogativi in merito a potenziali rischi ambientali. 
 
L’espansione delle “foreste” avviene ai danni delle aree abbandonate dall’agricoltura e dalla pastorizia e in alcuni contesti ciò è conseguenza di una minore cura del territorio e di una minore attenzione verso i suoi aspetti critici.
 
Inoltre, quando all’aumento quantitativo dei boschi si associa l’aumento della loro densità i pericoli si moltiplicano. Un bosco fitto, inaccessibile e lasciato a sé stesso è più vulnerabile e meno difendibile in caso di eventi critici come incendi, moria di alberi, calamità naturali, ecc. 
Infine, l’espansione del bosco non è sempre sinonimo di incremento della sua biodiversità interna, come testimoniato dagli esiti critici dell’introduzione di specie non autoctone e “mono-colturali” nei progetti di rimboschimento promossi nei decenni scorsi.
 
In questo quadro, potrebbe essere utile richiamare alla memoria collettiva il ricordo di alcune pratiche del passato di coltivazione dei boschi che erano orientate prima di tutto al loro rispetto e poi a una loro equa gestione. 
 
  
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