Passerotto non andare via
di John Comini

Sabato pomeriggio. Piove a dirotto. I telegiornali parlano di alluvioni, di disastri, di Roma allagata. Ma era da un pezzo che non pioveva e di acqua ce n’era bisogno… 


La pioggia ha il potere di metterti addosso la malinconia. Sarà l’autunno, sarà l’ora che cambia. Cerco un libro che parli del fiume Chiese. Mi capita in mano un vecchio libro ciclostilato. Era da tempo che lo cercavo. I libri hanno la capacità di nascondersi, di non farsi trovare. Ma quando è il momento giusto: tacchete! Appaiono all’improvviso.
 
Si intitola “Ciao scuola elementare”. Raccoglie i temi della classe V di Gardone Riviera, anno scolastico 1982-83. È dedicato “al nostro indimenticabile Fabrizio Bacchetta”. Nato il 6 maggio 1972,  andato in cielo il 15 settembre 1981 in un tragico incidente stradale con la sorella Monica, la mamma Liliana Cominotti, il papà Angelo e il nonno Francesco. Tornavano in macchina dalle ferie. 
 
Fabrizio sarà stato pieno di cose da raccontare, pieno di gioia. Il libro è dedicato a Fabrizio. I suoi compagni di classe hanno scritto di lui: “Uno sguardo da furbone, occhi sinceri come un angelo: era! Ora, però, è un angelo veramente. 

Un carattere unico al mondo; lo descrivo con un poco di tristezza e di rabbia; generoso in ogni occasione, sincero con tutti e con se stesso. Ora purtroppo è scomparso in una scatola di legno e per sempre. Tutti gli volevamo bene; purtroppo quel bene non è stato troppo perché non siamo riusciti a farlo rimanere con noi sulla terra… ”
 
Ricordo le cinque bare bianche nella chiesa di Gardone. Ricordo il senso di vuoto, di incredulità, di angoscia. Quando è nato mio figlio Andrea, 5 giorni dopo, io e mia moglie abbiamo deciso d’istinto di chiamarlo come secondo nome Fabrizio. Per non dimenticare mai un ragazzo meraviglioso. 
 
Non era nella mia classe, ma lo incontravo nel cortile e spesso mi raccontava le sue battute, le sue idee, i suoi sogni. Nel libro i bambini parlano anche della maestra Milena. “Se sono felice lo devo anche alla mia maestra, perché ci ha spiegato, o meglio ci ha convinti che nella vita non bisogna isolarsi o pensare solo a se stessi, perché vivere è soprattutto donare ciò che siamo e ciò che abbiamo.”
 
Grande maestra Milena! Ho avuto la fortuna di conoscerla nei due bellissimi anni in cui ho insegnato a Gardone. Nei miei confronti (io maestro alle prime armi, pieno di entusiasmo e di difetti) era sempre prodiga di consigli e di sorrisi. 
 
In classe ho avuto i suoi due splendidi figli, Massimo e Silvia, l’altra figlia si chiama Benedetta. Il marito era segretario comunale, potevamo usare spesso lo scuolabus e andavamo a visitare il vecchio frantoio o ad osservare il bellissimo lago. 
Al Vittoriale e a Villa Alba abbiamo fatto lo spettacolo “Patapumfete teatriamo!” Con le offerte raccolte, prima degli esami (che allora c’erano… e forse dovrebbero ancora esserci, secondo me… ) siamo andati a Malegno in una colonia e abbiamo trascorso alcuni giorni stupendi, con i bambini che ripassavano insieme per prepararsi all’esame e i genitori che preparavano da mangiare (come dimenticare la mitica signora Paciello?). 
 
Con i ragazzi ci siamo visti ancora dopo la scuola, in occasione delle repliche dello spettacolo: era un modo per ritrovarsi e per non disperdere la magia di quei momenti.  Ancora adesso mi chiamano per ritrovarsi  e per loro sono ancora il maestro John: io non vorrei vederli, ho provato una volta ad accettare l’invito ma il cuore mi batteva troppo forte (sono vecchio, non lo sapevate?). 
 
C’è una poesia che ha scritto il mio amico Mauro Abastanotti…
 
“La scuola che vorrei
non ha classi,
solo gruppi di bambine e bambini, ragazze e ragazzi,
che si sporcano le mani
cercando le leggi dell’universo
nelle cose e nella loro trasformazione
una scuola dove le parole
non sono prigioniere di tabelle,
ma sono giocattoli
nei quali è divertente
scoprire suoni,
significati,
legami.

una scuola che guida
all’interiorizzazione di valori
condivisi con le famiglie,
che indaga le radici
per costruire il racconto delle identità
e svelare la poesia
dell’umanità colorata
e difforme.
una scuola di curiosi,
piccoli e grandi”.
 
Piove ancora. La malinconia invade la mia anima. Come posso dimenticare altre tre meravigliose persone che ho conosciuto a scuola e che ora sono in Paradiso? Una si chiama Micaela Pollini, era di una bontà assoluta, aveva bisogno di iniezioni per il diabete ma non si lamentava mai. 
Tutti le volevamo un bene grande come il suo cuore. Quando pochi anni dopo mi hanno avvisato che era andata in Paradiso, tutti piangevamo, ma sapevamo che in cielo era giunto un nuovo angelo. 
 
E poi, anni dopo, ho letto sul giornale la notizia che era morto in un tragico, maledetto incidente Alessandro Quecchia, un mio ex alunno. Anche lui era un ragazzo stupendo, intelligente, gli occhi azzurri e una voce dolcissima. 
 
Fabrizio, Micaela, Alessandro. Mi sembra ieri. Rivedo i loro sguardi pieni di gioia, di speranza, di vita. Vi sento vicini, ragazzi. Siete ancora qui davanti a me, seduti ai banchi di una classe piena di sole, con il lago azzurro in lontananza.
 
“Ognuno sta solo sul cuor della terra
 trafitto da un raggio di sole:
 ed è subito sera”. (Quasimodo)
 
Continua a piovere. Penso a Michele Avanzi, che avevo conosciuto in una classe terza a Gavardo. Era diventato ingegnere, era un grande appassionato di sport. Amava l’alpinismo e si metteva alla prova attraverso imprese estreme. Lo ricordano tutti come un ragazzo unico, amante della vita. Un amico lo ha salutato così “Ciao Michele, ci rivedremo un giorno a volare nel cielo”.
 
È impossibile dare un senso alla perdita di un figlio. La morte di un figlio penso sia una cosa senza senso, impossibile da comprendere… Solo la fede può tentare di rispondere a una cosa così straziante. 
 
Nessuno muore sulla terra finché vive nel cuore di chi resta. Tieniti stretta la felicità che hai conosciuto, che hai condiviso. Non andrà mai persa. Se guardi bene, nel colore della pioggia d’autunno, c’è una piccola, grande luce.
 
Mi mancate, ragazzi, non sapete quanto…
 
maestro John
 

Nelle foto 1 e 2: a Malegno, con i bambini di quinta (Alessandro ha la maglia a righe bianche e rosse)
Nelle foto 3 e 4: Michele da bambino, in classe terza, in una storia di Roma in diapositive 
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