Flat tax, provvedimento iniquo
di Tommaso Franzoni

Sommario: L’attuale governo è stato contestato da più parti in merito all’applicazione della Flat tax, ma di cosa si tratta?


La Flat tax, in italiano “tassa piatta”, è un sistema tributario, basato su un’aliquota fissa e paritaria per tutte le classi sociali o all’interno di un gruppo.
Questo sistema fu ideato per la prima volta in America nel 1956 da Milton Friedman, stimato da capitalisti e sostenitori dell’“azzurro” (liberalismo).

La manovra riguardante alcune forme di Flat tax è in discussione da diversi giorni, ad esempio PD e LEU si sono rifiutati di partecipare al voto alla Camera del 30/12/18.

Una di queste manovre riguarderebbe la tassazione di pensionati stranieri o di rimpatriati, ovvero per persone che decidessero di andare a vivere in paesi del sud Italia con un numero di abitanti inferiore a 20mila, l’aliquota sarà del 7%.

Nella manovra del 2019 avremo poi la web tax al 3%, tassa che colpirà le vendite su piattaforme digitali.

Per finire abbiamo la favolosa flat tax per lavoratori autonomi, che li avvantaggerebbe fino al  52% rispetto allo stipendio medio di un dipendente.

Io penso che soltanto una di queste riforme sia utile e giusta
, le altre due ingiuste e dannose a livello economico.

L’aiuto al rimpatrio dei pensionati è una cosa più che positiva.
Tuttavia, visto che percepiscono pensioni diverse fra di loro, mi sembra ingiusto che una persona che incassa 800 euro mensili debba pagare la stessa percentuale di un soggetto che ne incassa 4000.

Si creerebbe inoltre un’ingiustizia sociale verso i pensionati che hanno sempre vissuto in Italia, costretti a pagare l’Irpef (aliquote proporzionali al reddito) per avere gli stessi identici servizi.

La web tax invece soddisfa i miei canoni, perché essa va a tassare in una minima quantità un settore da sviluppare, non trascinando via i consumatori per l’eccessivo prezzo (+3%), facendo incassare allo stato circa 750 mln di euro.

Ora parliamo della flat tax per autonomi, riforma “Robin Hood al contrario”: avvantaggerà gli autonomi, aumentando i loro guadagni e svantaggerà i dipendenti, diminuendo i loro guadagni.

I dipendenti perderebbero molto da questa riforma: essi infatti hanno nella media un reddito inferiore rispetto agli autonomi; in più sarebbero costretti a pagare una percentuale maggiore rispetto ai loro guadagni, l’aliquota minima dell’Irpef, imposta ai dipendenti e alle società di persone, è del 23% mentre l’aliquota unica per i soggetti autonomi sarà del 15%.

In più per la classe sociale dei dipendenti, con riguardo particolare a quella con un reddito basso, le sorprese non sono ancora finite.
Il governo, con le cifre stanziate nella Finanziaria, non è detto che riesca a pagare tutte le spese enormi per mantenere intatto lo Stato.

Quindi ci sono due soluzioni:
o continuare a pompare il debito pubblico già superiore al 130% del PIL, oppure tagliare i servizi, rischiando di causare un passaggio da “welfare state” a “stato minimo”, condizione che garantisce solo i servizi fondamentali per definirsi Stato, togliendo così servizi gratuiti a cittadini che non se li può permettere.

Per ultimo una domanda
: ma gli operai che con il loro  voto hanno sostenuto questo provvedimento, hanno capito bene di cosa si tratta?

Tommaso Franzoni

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