Il Brescia dei rumeni
di Luca Rota

Fine anni Ottanta, Euro ’88, anni Novanta, Italia ’90, Serie A, Euro ’92, Serie B, Romania. Ciò potrebbe sembrare un quiz, un indovinello o un cruciverba, ma un significato invece ce l’ha


Lucescu, Sabau, Lupu, Raducioiu, Hagi. Cinque nomi, cinque storie sportive differenti, cinque ruoli diversi, due comuni denominatori: il Brescia e la Romania.

Brillante e precoce in patria, dove non appena appesi gli scarpini al chiodo già fa il fenomeno in panchina, Mircea Lucescu arriva in Italia a Pisa, poi cinque stagioni a Brescia, tra alti e bassi. Successivamente sarà la Reggiana ad offrirgli la panchina e qualche anno più tardi persino l’Inter gli darà una chance. Diventerà girovago in Europa, togliendosi diverse soddisfazioni e “soggiornando” per quasi un decennio in quel di Donetsk al servizio dello Shaktar. Ad oggi allena la Turchia.

Florin Raducioiu in Italia ci arriva grazie al Bari, poi passa al Verona da cui lo preleva il Brescia, dove dopo 13 reti in 29 partite si merita le attenzioni del Milan, che lo acquista subito per offrirgli la numero 9 di Van Basten. Quella maglia gli peserà troppo addosso, e dopo un po’ di “viaggi” ritornerà alle rondinelle intorno a fine millennio, tra le stagioni 98-99 e 99-2000, ma non sarà più il moderno centravanti dalla bionda riccioluta chioma, che tutti ammirammo ad Usa ’94 dove mise a segno cinque reti.

Ioan Ovidiu Sabau è l’equilibratore del centrocampo che Lucescu sceglie per il suo Brescia non appena prende posto sulla panchina delle rondinelle. Vi resterà, alla pari del mister, per quattro stagioni, seguendolo poi nella parentesi alla Reggiana e ritornando la stagione successiva prima del definitivo rientro in terra natia. Nel giro della nazionale anch’egli, partecipò ad Europei e Mondiali.

Danut Lupu tra i citati è stato di certo il meno incisivo, forse perché nella sua unica stagione al servizio della causa bresciana offrì prestazioni molto al di sotto delle sue potenzialità. Anch’esso nel giro della nazionale rumena, venne impiegato in mezzo al campo e sull’out basso di sinistra da Lucescu, ma restò sempre un oggetto misterioso. Di lui si ricordano il taglio di capelli non proprio fashion, ed il fisico non proprio atletico.

Infine Gheorghe Hagi, il “Maradona dei Carpazi”. Se porti un soprannome così, direi che c’è ben poco da dire sul tuo conto. Talento cristallino del calcio rumeno, punta di diamante della nazionale e della Steaua, arrivò a Brescia dal Real Madrid. Dopo la prima stagione culminata con la retrocessione in B, l’anno seguente riportò in A le rondinelle, prima di guidare la Romania fino ai quarti nel Mondiale americano, per poi passare al Barcellona a fine estate.

Piccola parentesi: immaginate cosa fosse in quegli anni la Serie A, se un calciatore straniero più che quotato, accettava ben volentieri di passare da squadre quali Barcellona, Real Madrid, Bayern, Manchester, alle cosiddette provinciali di casa nostra.

Immaginate.

Lucescu, Sabau, Lupu, Raducioiu, Hagi.
Cinque nomi, cinque storie sportive differenti, cinque ruoli diversi, due comuni denominatori: il Brescia e la Romania.
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