Notre-Dame e le sue sorelle
di John Comini

Quando io e mia moglie eravamo andati a Parigi con la 126 e la tenda, nel 1978, avevamo visitato la cattedrale di Notre-Dame...


Era il 7 agosto, stavano celebrando la Messa in suffragio di Paolo VI, che era salito in Paradiso la sera prima. Ricordo le magnifiche vetrate e il suono stupendo dell’organo, il più grande d’Europa.
 
Lunedì sera accendo la tele e guardo le immagini di Notre-Dame che brucia e crolla. Sono incredulo, sbigottito. Mio figlio mi chiede se è un attentato. Pare di no. È come se bruciasse il cuore antico non solo di Parigi, ma dell’Europa intera. Notre-Dame è un patrimonio dell’umanità, uno dei simboli della nostra civiltà, lo spirito e la memoria storica della cristianità.
 
Vedo la guglia cadere, le strutture in fiamme che paiono la scena dell’incendio in “Via col vento”. Vedo il coraggio dei vigili del fuoco che si impegnano a salvare il salvabile, in uno scontro impari. Vedo una ragazza in lacrime. Vedo lo sgomento dei turisti, atterriti e tristi.  
 
Alcuni pregano, altri cantano con le facce illuminate dai bagliori di un fuoco che non si estingue. Non è solo una chiesa in rovina, ma un intero pezzo di umanità. Un tesoro di intelligenza, arte, religiosità. Il monumento più visitato della capitale francese dopo la Torre Eiffel e la seconda chiesa più visitata d’Europa dopo San Pietro.
 
È la culla di fede dove si è fatta la storia, in cui Napoleone si fece incoronare imperatore. Durante la rivoluzione del 1789 si fecero fondere i reliquari, i candelabri, i crocifissi di bronzo e le campane che diventarono cannoni, e col piombo delle bare arcivescovili si fabbricarono palle d’artiglieria.
 
A ricostruire Notre Dame, prima ancora degli architetti, fu un romanzo storico pubblicato nel 1831: “Notre Dame de Paris”, di Victor Hugo. Lo scrittore inventò un amore impossibile tra il campanaro gobbo Quasimodo e la zingara Esmeralda, le due creature più disprezzate, che all’ombra delle guglie trovavano riparo dalla crudeltà del potere. 
 
Il successo fu immenso. Da lì nacque l’idea di salvare la cattedrale e anche le mostruose statue in pietra che si sporgono nel vuoto da altezze vertiginose.Victor Hugo promosse una petizione popolare perché quel luogo sacro tornasse al suo splendore.
 
Ora il fuoco si è spento. Sono rimaste le meravigliose torri. Papa Francesco ha scritto: “Notre-Dame è il gioiello architettonico di una memoria collettiva, il luogo di ritrovo per molti eventi importanti, la testimonianza di fede e preghiera dei cattolici in città. Auspico che Notre-Dame possa ridiventare, grazie al lavoro di ricostruzione e alla mobilitazione di tutti, splendido scrigno nel cuore della città, segno della fede di coloro che l’hanno costruita.”
 
Particolarmente toccante è il messaggio del teatro La Fenice di Venezia, due volte distrutta dalle fiamme per colpa di due elettricisti che non volevano pagare la penale (ma si può?!) e due volte risorta: “Noi siamo stati devastati dal fuoco e ogni volta siamo rinati. Accadrà anche a voi, non abbiate paura, amici!”.
 
Penso a tutte le chiese, anche a quelle piccole, anche a quelle sperdute sulle montagne o nelle valli. Non saranno magnifiche cattedrali, non saranno visitate da milioni di persone, ma sono luogo di preghiera come Notre-Dame, luogo dove si proclama ogni giorno il mistero dell’eucarestia. Ognuna è frutto di una fede immensa, ognuna è un luogo dello spirito, è il tramite tra l’uomo umile e l’infinità del cielo. 
 
Gli uomini di un tempo vivevano i drammi della malattia, della morte, del dolore, della passione, proprio come noi. Ma credevano nel sacro, nel mistero, erano coscienti di essere fragili e peccatori.Forse erano più vicini di noi sia al cielo sia alla terra.
 
Ci fu un tempo in cui la costruzione di chiese e di cattedrali divenne quasi una gara a chi riusciva a costruire la più grande ed imponente, così ogni città si impegnava a costruire la propria. “Grandi peccatori, grandi cattedrali” ha scritto Cesare Marchi. Ci fu un grande impegno da parte di tutto il popolo: la chiesa doveva essere grande, bella e ricca perché era la sua casa, oltre che la casa del Signore. 
 
In tempi difficili, dove tutto era precario, si voleva costruire una sfida che somigliasse all’eternità. Ogni chiesa, come ogni albero, come ogni fiore,  ha il suo profumo, la sua luce, il suo chiaroscuro, le sue ombre. Penso alla chiesa di Santa Maria a Gavardo, alla chiesetta di San Fermo a San Felice, alle chiese di San Rocco a Gavardo, a Limone, a Livemmo, a Bagolino... Ma tutte le chiese, a modo loro, sono stupende. Le chiese, tutte le chiese, sono segno di fede genuina, autentica, sono patrimonio comune di valori, di sentimenti, di emozioni e di profonda fede in Dio.
 
In ogni paese conserviamo un gioiello d’arte e di fede, che dobbiamo conservare e rinnovare. E non dimentichiamo che il Vangelo ci insegna che ogni uomo è sacro, ogni uomo, anche il più piccolo, anche il più povero, anche il più fragile, ha l’infinito nel cuore.
 
Notre-Dame è un monumento alla fede e alla speranza. Tutti dicono che, dopo una notte terribile di fiamme e di fuoco, Notre-Dame risorgerà. E lo speriamo tutti. Oggi le chiese hanno assunto scarsa importanza, non rappresentano più un elemento fondamentale per la vita e la cultura del popolo. Forse questa tragedia servirà a capire le nostre radici, a trovare un’unità di idee che sembra smarrirsi nella frenesia dei tempi che viviamo. Sarebbe bello tornare a credere ancora nell’uomo. 
 
Perché anche Notre-Dame ritorni ancora, più bella di prima!
 
Maestro John
 
Nelle foto:
- Notre-Dame (foto dell’amica Sara Ragnoli)
- Chiesa di San Rocco a Gavardo
- Chiesa di Santa Maria degli Angeli
- Chiesetta di San Rocco a Livemmo 
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