L'uruguagio salentino
di Luca Rota

Ernesto Chevanton di professione faceva l’attaccante, e tra i suoi segni particolari spiccavano un elevato senso del gol ed il giallorosso salentino tatuato a fuoco sul cuore


Arrivato in Puglia dal Danubio, porta in dote una media gol mostruosa e la voglia di misurarsi con le difese italiane. Alla prima stagione va in doppia cifra, si ripete l’anno seguente in B e si conferma al ritorno in A con ben diciannove centri.

I salentini lo vendono (e bene) al blasonato Monaco, dove riesce a farsi valere segnando in Champions, anche se il rendimento ne viene condizionato dagli infortuni. Nonostante ciò va in doppia cifra in Ligue 1 in entrambe le stagioni, poi viene ceduto al Siviglia.

In Andalusia gioca poco, complici sempre gli infortuni, ma vince la Coppa Uefa anche se segna col contagocce, prima di andare in prestito all’Atalanta, dove non riesce più ad esprimersi come sa.

Non c’è modo migliorare per ritrovare la perduta verve, che ritornare dove si è stati bene. Così l’anno seguente ritorna nella sua Lecce, e nonostante non sia più quel cecchino spietato che otto anni prima aveva fatto sognare il Via del Mare, il pubblico lo osanna e ripone in lui le speranze di permanenza in A.

La permanenza in giallorosso però dura solo il tempo di una stagione, poi il ritorno in Sudamerica coi colori del Colòn, dove sempre a causa dei soliti infortuni durerà poco e quando tutti credono che la sua carriera volga al termine, ecco rispuntare il Lecce, nel frattempo militante in Lega Pro.

La società lo ingaggia per far sognare ancora una volta i tifosi, delusi per la retrocessione, ma entusiasti per il ritorno del loro beniamino verso il quale rivolgono attestati d’amore.

Ma a fine stagione stranamente il contratto non verrà rinnovato, e dopo un’esperienza inglese nel Qpr e un’altra in patria col Liverpool Montevideo, Chevanton chiuderà la sua carriera agonistica nelle serie dilettantistiche della terra che lo ha adottato e della quale è fortemente innamorato: il Salento.

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