Ventenni
di Sal Paradise

I ventenni che inneggiano al Ventennio dimostrano, come sosteneva Gramsci, che la “storia insegna, ma non ha scolari”, e se li ha non studiano


Alla pari dei figli di papà, quasi sempre altolocati e agiati, che vestendosi da fricchettoni si atteggiano a comunisti, essi adulano qualcosa di cui non sanno nulla.
 
I ventenni che inneggiano al Ventennio forse non sanno che, in tempi come quelli, gente come loro non avrebbe potuto fare neanche un quinto di quello che fa oggi. 
 
E poi a vent’anni non si dovrebbe rimpiangere una dittatura, semmai proporre e creare una società migliore.
 
I ventenni che inneggiano al Ventennio sono la cartina di tornasole (triste) di ciò che accade in periodi storici come il nostro, in cui si rinuncia a prendere posizione delegando all’uomo forte (o a chi ne fa le veci) decisioni e visioni societarie.
 
Però è facile rimpiangere tempi di “ordine e disciplina”, quando di questi termini non si conosce minimamente il significato.
 
Ma in fondo i ventenni che inneggiano al Ventennio sono un po’ tristi, oltre che poco studiosi, e veramente poco originali: questo perché, come chi li ha preceduti, nascono fascisti o comunisti per poi (non più ventenni) morire democristiani.
  
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