Meno male che un prete c'è!
di Maestro John

Grande festa oggi a Gavardo. Il novello sacerdote don Luca Pernici celebrerà la sua prima Messa nel paese dove si è fatto apprezzare come diacono. Seguiranno pranzo all’oratorio, incontro conviviale e Vespri


È sempre una bella notizia quando vengono ordinati nuovi sacerdoti. Come don Marcellino Capuccini Belloni, di Roè Volciano, dove ha prestato servizio don Nicola Ghitti. O come don Matteo Ceresa, che da seminarista si è dato da fare a Sabbio Chiese.

Grande festa, dunque.
Dopo essere stati ordinati sacerdoti dal vescovo Tremolada, i “magnifici sette” novelli sacerdoti sono corsi da Papa Francesco, insieme al cardinale Gianbattista Re, al Rettore monsignor Filippini ed al padre spirituale don Gregori.
Papa Francesco ha incoraggiato gli emozionatissimi preti a rimanere costantemente sotto la protezione di Maria, per essere saldi nella fede e coraggiosi nel vivere il sacerdozio in mezzo alla gente.

Penso che quella del sacerdote sia una delle vite più affascinanti ma anche più difficili.
Mi viene in mente un bellissimo romanzo di Jean Mercier, “Il signor parroco ha dato di matto.”

Succede che in una parrocchia come tante, un prete si trovi invischiato tra le beghe delle pie donne, le contestazioni di alcuni parrocchiani, la scarsa autenticità dei fedeli, sempre più indifferenti verso la liturgia ed i sacramenti.
Subissato da riunioni, incontri, problemi di ogni tipo, il parroco rischia di dimenticare lo scopo della sua missione.

Diventa un tuttofare e non un uomo di Dio.
Vorrebbe testimoniare Gesù, ma rimane imbrigliato da tutto ciò che distoglie da questo cammino.
Da qui la sua crisi: per che cosa ha fatto il prete? Per questa gente che litiga sulla posizione dei vasi di fiori davanti all’altare della Madonna e non si accorge del mondo che le sta attorno e tanto meno del Vangelo?

Insomma, il parroco è sull’orlo di una crisi di nervi, decide che ne ha piene le scatole e se ne va, sparisce.
Senza il parroco, la gente comincia a riflettere e a interrogarsi, prima su di lui (dove è finito? È scappato con una donna? È impazzito? È morto?) e poi sulla propria comunità.
Una storia che fa sorridere, ma anche riflettere sul senso della vita cristiana e sul ruolo del sacerdote.

A proposito di sacerdoti:
lunedì 10 giugno ha festeggiato l’80° compleanno don Luigi Franceschetti, fratello di Franca, di Margherita, di Fausto e del mio caro cognato Sergio.
Ha svolto servizio di curato a Serle per 3 anni, poi è stato in Toscana a Castelfiorentino, quindi un anno in Spagna per imparare la lingua spagnola.

Poi è volato in Venezuela, dove ha svolto la propria missione pastorale fino al suo ritorno a Gavardo: molti fedeli venezuelani sono rimasti in contatto con lui.
Quando era stato ordinato sacerdote, mamma Santa (che tutti chiamavano Lina) piangeva perché i 3 figli maschi erano partiti da casa nello stesso tempo: don Luigi prete, Sergio si era sposato con mia sorella Rita e Fausto era partito militare.
Tanti auguri, carissimo don Luigi!

Ieri “Pinuccio” Murgioni mi ha chiesto di firmare una petizione per chiedere all’Amministrazione comunale di Ghedi di intitolare una piazzetta a don Pierluigi Murgioni, un sacerdote che ha lasciato un segno indelebile per il coraggio con cui ha testimoniato la sua fede.

Don Pierluigi, gavardese, fu curato a Ghedi, partì missionario nel ‘68 alla diocesi di Melo (Uruguay) , nel ‘72 venne arrestato con un altro sacerdote bresciano, don Saverio Mori, e sottoposto a sevizie e torture nelle carceri della dittatura, per il semplice fatto di aver predicato i valori del Vangelo e aver denunciato pubblicamente le violazioni dei diritti umani in quel paese.

Mentre don Saverio per fortuna venne liberato dopo alcuni giorni, per don Pierluigi le porte del carcere rimasero chiuse per oltre cinque anni.
Il Vescovo di Brescia Mons. Luigi Morstabilini, l’allora Papa ed oggi Santo Paolo VI e il Governo Italiano tentarono di ottenere la liberazione del sacerdote con diversi interventi.
Ma per lunghi anni nessuna pressione diplomatica riuscì ad attenuare le condizioni di detenzione di Don Murgioni, che anzi venne spesso punito per l’intransigenza delle sue convinzioni e la determinazione dimostrata di fronte agli aguzzini.

«Nella sua serenità sembrava sfidare l’arroganza dei soldati», osservò padre Baresi, originario di Gavardo, uno dei pochi che visitò il confratello.
Venne liberato nell’autunno del 1977 ed espulso.
Ritornato in Italia, fu prima assegnato alla Parrocchia di San Faustino a Brescia, e quindi nel 1981 a Ghedi, coadiutore del parroco mons. Giacomo Pernigo, dove rimase fino al 1989.

In quell’anno il Vescovo Foresti lo nominò parroco di Gaino e Cecina di Toscolano.
Nel 1993, colpito da una grave malattia, don Murgioni a 51 anni di età ci lasciò per raggiungere la Casa del Padre.
È sepolto con mons. Giacomo Pernigo nel piccolo cimitero di Gaino.
È bello sapere che a Ghedi c’è la Casa della Misericordia, uno spazio dove poter sviluppare progetti e collaborazioni tra diverse realtà di volontariato, e la “Cooperativa Don Pierluigi Murgioni” che opera per le famiglie in difficoltà.

Per finire, ricordo che un tempo il seminario era strapieno di giovani che volevano diventare sacerdoti.
Poi ci fu una grave crisi vocazionale, molti preti scelsero un’altra strada, creando discussioni a non finire. E magari, se incontravi una persona non più sacerdote, la salutavi con “riverisco, don…” e poi arrossivi e scappavi via. Perché un prete ti rimane nel cuore per sempre, ed è strano vedergli fare altre scelte.

A questo proposito, il mitico Don Giovanni Arrigotti scrive:
Oggi mi viene spontaneo un affettuoso pensiero a tutte quelle persone consacrate che hanno abbandonato il loro stato di vita originario, e in particolare ai miei compagni di seminario che, dopo alcuni anni di ministero sacerdotale, hanno fatto scelte e decisioni diverse: “non fanno più il prete!”.

Da parte mia non c’è assolutamente nessun giudizio negativo nei loro confronti, anche perché so di essere molto meno degno di loro di fare il sacerdote, e chiedo perdono di non aver saputo aiutarli ed amarli come il Signore talvolta mi suggeriva di fare…

Noi preti siamo una categoria di persone assai particolare, almeno per due motivi: uno (umano) siamo gli uomini del “sacro e del divino” insieme, ma che puzzano spesso di umanità, talvolta anche più degli altri comuni mortali; e l’altro motivo (spirituale), siamo gli uomini talmente rivestiti di Cristo che profumano di Dio anche quando dobbiamo vivere in mezzo alla sporcizia del mondo.
Ognuno di noi sacerdoti, giusto o peccatore, Pietro o Giuda, è sempre discepolo del Signore Gesù, cioè chiamato, voluto e amato da Dio.”


In questi tempi difficili
(ma quando i tempi sono stati facili?) abbiamo sempre più bisogno dei sacerdoti, uomini della speranza.
E forse bisognerebbe una volta tanto leggere un libro rivoluzionario, più di Marx, più del libretto rosso di Mao, più delle varie utopie che nascono ogni giorno.
Quel libro ha un nome, si chiama Vangelo.

Ci sentiamo la settimana prossima, a Dio piacendo,
maestro John

Nelle foto:
1) I novelli sacerdoti da Papa Francesco
2) Mons. Italo Gorni al battesimo di Leone Sky (nella foto con mamma Fon, papà Matteo Avanzi, i padrini Sergio e Marcella)
3) don Luigi Franceschetti con don Italo, don Ezio e don Andrea Persavalli (grazie a Renato Massolini per la foto)
4) Don Murgioni (il 3° da sinistra) nel 1965 con San Paolo VI


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