Vamos a la playa, vamos a pulir!
di John Comini

Il mio amico e coscritto Pierangelo Damiani mi ha detto che un gruppo di persone di Villanuova ha deciso di dare una mano per pulire il proprio territorio. Che bella notizia! 


Senza tanti discorsi, uomini e donne girano per strade e parchi, stradine e parcheggi, per raccogliere lo sporco. E lo trovano dappertutto, in quantità industriali! Il guaio è che, una volta raccolte tutte le schifezze, il giorno dopo se ne ritrovano altre. 
 
Purtroppo, buttare la roba per strada è diventato uno sport nazionale. Magari certe persone hanno la casa linda e super pulita, e poi distruggono quasi con piacere il bene comune, le cose di tutti. 
 
A furia di parlare di libertà, certe persone si comportano come se fossero i padroni del mondo. Il senso delle regole viene oltraggiato impunemente: pacchetti di sigarette, carta, bottiglie di birra, e chi più ne ha più ne metta. 
 
Per non parlare delle deiezioni dei cani. Ho letto tre fogli a questo riguardo, uno esposto sul cancello di una bella abitazione: “Ci siamo rotti le palle a raccogliere la merda del vostro cane. Raccoglietela, caz...!” E altre due, uno alla bacheca della brava Fanfara Valchiese e uno uguale appeso ad una pianta: “Quando vedi una merda di cane vuol dire che il cane ha una merda di padrone”. Più chiaro di così!
 
Ricordo una volta al mare, in Sardegna: mi ero svegliato presto ed ero andato a fare una camminata su una spiaggia dorata, accanto ad un mare limpidissimo. Poi, ad un tratto, una scena da orrore: bucce di anguria e bottiglie gettate per terra, bicchieri e piatti di plastica sparsi qua e là, spezzoni di un fuoco acceso, segno incontrovertibile di un picnic tra gente incivile. Che tristezza. 
 
Spesso leggiamo di sindaci italiani che pubblicano sulla propria pagina Facebook il video di “cittadini” che buttano la spazzatura in mezzo alla strada e poi se ne fuggono in auto.

Per fortuna c’è lo splendido gruppo di Villanuova, che con il sorriso compie un vero volontariato civico. Per fortuna in molti paesi nascono iniziative bellissime, come i progetti “Adotta un parco” per la diffusione della cultura della manutenzione dei beni comuni.
 
Leggo che in Trentino alcuni immigrati in attesa di asilo politico lavorano come volontari per mantenere pulito il territorio. Mi ricorda una bellissima iniziativa ideata da Carlo Pettini, del Gruppo Grotte, che aveva coinvolto alcuni richiedenti asilo di Gavardo per rimuovere sporco e cartacce sia in centro sia nelle frazioni. 
 
Quegli stranieri erano fuggiti dal Gambia, a causa di una feroce dittatura. Con ramazze e sacchi neri, si sono dati da fare per dare una mano a ripulire le nostre strade, uno splendido modo per ringraziare la nostra comunità. Un felice esempio di integrazione e di scambio reciproco, che purtroppo non ha avuto continuità a causa delle classiche diatribe politiche.
 
Ognuno di noi è chiamato, come ha detto Papa Francesco, a custodire la bellezza del creato e ad avere cura l’uno dell’altro.
Ognuno di noi, se vuole, può fare la differenza. I piccoli gesti quotidiani possono cambiare il futuro del nostro pianeta.
 
Giustamente si vuole introdurre l’educazione civica nella scuola. Quando sono diventato maestro, mia mamma mi ha detto: “Ensègnega ai tò pitì a mia sbater la carta per tera” (Insegna ai tuoi bambini a non buttare la carta in terra). Che in un primo momento non pensavo fosse così importante, solo poi ho capito perché: la scuola, prima di tutto, è un momento in cui si cresce imparando ad essere persone civili, che rispettano gli altri e l’ambiente. 
 
Un preside delle medie di Settimo Milanese ha scritto un messaggio agli alunni in vacanza: «1. Riposatevi e divertitevi. 2. Coltivate amicizie anche nuove. 3. Se potete viaggiare, fatelo. 4. Ascoltate musica, guardate film, leggete libri e parlatene con gli amici. 5. Tenete un diario. 6. Pulite un tratto di spiaggia, di prato o di bosco. Nei casi disperati cominciate pure da camera vostra. 7. Dimenticate spesso il cellulare da qualche parte. Nei casi disperati dimenticatelo una volta sola nel secchiello del ghiaccio, con molto ghiaccio… Detti compiti non saranno valutati. Saranno loro a valutare voi».
 
Ha spiegato il preside Bortolotti: “Il mio voleva semplicemente essere un saluto semiserio, affettuoso e scherzoso ai ragazzi, in cui ho augurato loro di trascorrere l'estate vivendo un'esperienza di libertà e autonomia intelligente, dialogando con i coetanei e prendendosi cura dell'ambiente che li circonda". 
 
Non a caso il dirigente scolastico all'inizio della circolare ha citato alcuni articoli della Costituzione italiana, ovvero "i primi tre, che definiscono chi siamo, e il nove, che parla di promozione della cultura e tutela del paesaggio. Tutti gli insegnanti hanno a cuore i loro studenti e non è assolutamente vero che li opprimano con i compiti. Abbiamo calcolato che ogni giorno un ragazzo delle medie impiega circa un'ora per svolgerli, non di più. Credo fermamente che la scuola salvi delle vite, proprio perché per noi è fondamentale prenderci cura degli studenti con cui lavoriamo".
 
Penso che questi compiti delle vacanze dovrebbero farli anche i genitori…
 
Bruno Tognolini, autore de “L’albero azzurro” e ideatore della Melevisione, ha scritto questa Filastrocca del piccolo gesto importante:
 
Un piccolo gesto è una pietra preziosa
cela un segreto che è molto potente
qualcosa accade, se tu fai qualcosa
e niente accade, se tu non fai niente
Basta un secchiello a vuotare il mare?
Basta una scopa a pulire la città?
Forse non basta, ma devi provare
se provi, forse, qualcosa accadrà
È un gesto inutile, ma non importa
piccoli gesti hanno forza infinita
se ognuno spazza davanti alla porta
la città intera sarà pulita.”
 
L’estate è iniziata. Ricordo che dopo la colonia di Livemmo andavo al mare. Si partiva col pullman, con la nostra valigia piena di indumenti con ricamato nome e cognome. Già allora avevamo le mutande firmate. 
 
A casa, prima di partire, scrivevo sulle gialle cartoline postali: “Cara mamma, io sto bene, mangio molto”, c’era già il francobollo, così non si perdeva tempo, le spedivo ogni settimana e i miei sapevano che stavo bene e che mangiavo molto. 
 
Al mattino c’era l’alzabandiera, poi stavamo fermi immobili ore e ore al sole a prendere l’abbronzatura, poi ci si girava come su uno spiedo. Quando passavano i bambini di altre colonie si chiedeva loro: - Di che colonia siete? Ci affratellavano i cappellini bianchi. Giocavamo a barbanzè, un filo di ferro da piantare dritto nella sabbia usando varie strategie con aumento di difficoltà: palmo, dorso, salto doppio carpiato. Con gli zoccoli facevamo “ciapa el tram balurda, ciapel tè che me so surda, tichetticat lasel andà…” I miei zoccoli con lo stemma della Juve una volta hanno perso il tram e mi son trovato con uno zoccolo milanista e uno interista, praticamente un derby.
 
Concludo con un bellissimo ricordo del viaggio per il mare che mi ha mandato la bella Manuela Bonacina di Sabbio. 
 
“Si partiva sempre di notte alle tre o poco dopo. Papà a fine agosto aveva finito di fare il fieno e finalmente ci si poteva concedere un poco di meritato riposo.
 
Fuori era buio; la sensazione dell’addormentarsi la sera prima aveva quella tensione tipica di quando sta per accadere una cosa straordinaria, come quando arrivava Santa Lucia. Si caricavano le valigie e la mamma quando si viaggiava aveva sempre con sé un mezzo limone: credo fosse perché qualche goccia di limone potesse servire in caso di mal d’auto o per disinfettarsi le mani sudate o… vai a sapere perché… il limone era il quarto passeggero.
 
Ricordo che il paesaggio fuori dal finestrini sembrava trasfigurato dalle luci di notte, sembravano altri paesi, ero piccola non uscivo mai di sera, per me paesi come Manerba e Moniga... erano Las Vegas!
 
E cominciavano le emozioni… le cose straordinarie… cose che ora sono all’ordine del giorno, anzi direi che oggi sono considerate fastidiose. Il casello a Desenzano, l’aria densa dell’autostrada… un’aria dall’odore dolciastro misto di esalazioni di carburante e miasmi di concime… allora anche questi odori avevano un loro fascino perché erano il preludio del profumo marino e salmastro che da lì a poco avrebbe invaso l’abitacolo.
 
Guarda, c’è lo stabilimento della Motta! Della Barilla! Ma allora esistono! Con le mani e il naso appoggiato ai finestrini scoprivo una parte di mondo sconosciuta.
I finestrini erano giù ma non tanto che se si faceva contraria e allora si prendeva il torcicollo o ci si ammalava.Questa cosa mi è rimasta addosso e anche adesso ho questa fobia del doppio finestrino giù, retaggio di vecchi ammonimenti.
 
L’aria condizionata non esisteva ma io ricordo un caldo tutto sommato sopportabile, si sudava, certo, ma lo si accettava senza tante lamentele, che oggi se fa caldo si muore e se fa freddo si muore; era così… d’estate faceva caldo e d’inverno faceva freddo. Il ciclo delle stagioni era più regolare sicuramente, ma credo che anche noi fossimo più regolari, più in sintonia con esso.
 
E poi il panino e mortadella dell’autogrill! Aveva un profumo, un sapore quel panino… oddio a casa avevamo tutto chiaro, erano gli anni ’80, pieno boom economico, ma la scoperta dell’autogrill aveva riservato in me uno stupore da occhi spalancati e bocca aperta.
 
Scendevi, ti sgranchivi le gambe, aspiravi l’aria già inquinata ma che già sapeva di posti nuovi,  senza montagne e dai confini infiniti. Entravi e l’aroma del caffè ti invadeva… e poi quelle vetrine con tutti i panini dai colori diversi e i cesti pieni di leccornie, salumi formaggi e i souvenir e le cioccolate…
 
Poi una tirata unica fino a destinazione che non bisognava perdere tempo ed evitare le code. E si arrivava.
 
Ricordo la hall dell’hotel e il proprietario che ci accoglieva con una stretta di mano e un “Benvenuti, avete fatto buon viaggio?”…Sì, abbiamo fatto buon viaggio anche senza aria condizionata, senza sedili ergonomici, senza radio, smartphone, con una valigia di pelle piena di cose semplici… e un limone come amico.”
 
Grande Manuela! 
 
Ci sentiamo la settimana prossima, a Dio piacendo,
maestro John
Nelle foto:
- La bella compagnia dei volontari di Villanuova
- In colonia a Igea Marina (foto inviatami da Renato Massolini)
- Danilo e Renato Massolini al mare nel 1963
- Famiglie di amici gavardesi al mare nel 1977 (foto di Giovanni Lavo)
190623-john1.jpg 190623-john1.jpg 190623-john1.jpg 190623-john1.jpg