Mi ricordo montagne verdi
di Ezio Gamberini

Ho appena finito di leggere "Prove tecniche di resurrezione - Come riprendersi la propria vita" di Antonio Polito, vicedirettore del Corriere della Sera, che narra di come, a sessant'anni, si possa rinascere a nuova vita. Una lezione "folgorante"!


Contiene riflessioni, considerazioni, ragionamenti e valutazioni lucide e disincantate, talvolta geniali, assolutamente condivisibili, perlomeno dal mio punto di vista.

Colgo, e condivido, anzitutto l'esigenza di non "abdicare" a nulla: niente paura del nuovo, né timori di rimettersi in gioco, evitare di "imbolsire" sul già acquisito, sottrarsi all'idea di non dover più dimostrare alcunché, ma, al contrario, essere aperti e curiosi, dinamici e propositivi, insomma, attivi!

E poi, una considerazione mi ha colpito più delle altre: il desiderio di vivere il più a lungo possibile, per assaporare ogni momento che ci viene concesso; e allora, ho pensato, poiché la mia circonferenza è piuttosto abbondante e di vecchi vecchi e contemporaneamente obesi non ne ho mai visti, ho deciso di volere assolutamente intraprendere un percorso che mi "resetti" il cervello, affinché possa indirizzarmi verso una dieta (dal greco δίαιτα - diaita, e poi dal latino diaet, stile di vita, modo di vivere) che mi permetta di perdere qualche chilogrammo, e di vivere meglio, e più a lungo.

Eppure, da ragazzo ero addirittura sottopeso, e fino ai ventisette-ventotto anni, quando cessai ogni pratica sportiva (prima di riprenderla una decina di anni dopo con le maratone) e, soprattutto, smisi di fumare, il mio peso era in limiti accettabili.
Da preadolescente, invece, le mie cosce ballonzolavano nei pantaloncini corti, fossero quelli da calcio, oppure quelli indossati nei due anni trascorsi negli Scout.

Il titolo di questo racconto si riferisce proprio all'esperienza vissuta nel 1973 (o forse 1972?), in occasione del Campo San Giorgio di Manerba del Garda. In queste manifestazioni i gruppi Scout dei vari paesi si ritrovavano per vivere qualche giorno insieme un'esperienza comune: una marea di tende e ragazzini, con i loro educatori!

Quando fu il momento di montare il campo, il capo-squadriglia ci mandò a cercare delle pietre per ancorare le tende al terreno, perciò ci avviammo nei boschi circostanti. Incontrammo uno "Scoutone" adulto, alto alto, che ci chiese cosa cercassimo:

"Delle pietre!".

"Pietre? Come queste?", e raccolse un sassolino da terra, lo mise sotto il naso e con mossa fulminea lo fece sparire tra le dita, una, due, tre volte, facendolo apparire e riapparire, una volta anche dalle mie orecchie!

Restammo sbalorditi.
"Ma tu sei un Mago!".
Non rispose, e si dileguò in un attimo, senza proferire parola, ma sorridendo soddisfatto.

Solo tempo dopo appresi che si trattava di Angiolino Aime, insigne scultore e artista salodiano, illusionista per diletto.
Da giovane, mentre si trovava negli Stati Uniti, salvò alcune persone che stavano annegando. Successivamente, da capo Scout, accompagnò i suoi ragazzi in visita a Roma, per regalare una pipa al presidente della Repubblica Sandro Pertini, che li accolse.
Nel 2018 la Giunta di Salò gli ha conferito il prestigiosissimo Premio Gasparo, che equivale all'Ambrogino d'Oro di Milano (non è aggiudicato tutti gli anni e l'ultimo a vincerlo, nel 2017, è stato l'alpino Dino Comini, fratello del nostro mitico amico John).

Ma torniamo al Campo San Giorgio: la sera ci si trovava tutti attorno al fuoco, tra danze e giochi, e di solito erano premiati gli "Scout del giorno", ai quali era consegnata una rondella di legno sulla quale veniva impresso con un ferro rovente il "Giglio", simbolo degli Scout.
Non so se quella famosa sera i Capi abbiano cenato sorseggiando Rhum e Tequila, ignoro se terrificanti e velenosi miasmi siano saliti dal lago a ottenebrare le menti dei giudici, ma a un certo punto fu pronunciato il mio nome!

"Io? Io lo 'Scout del giorno'?", io che ero un terremoto, un tornado, non stavo mai fermo e ne combinavo di tutti i colori! Io, che a undici anni, insieme al mio amico Enzo, un pomeriggio, saltai in sella alla biciclettina e percorsi sessanta chilometri tra andata e ritorno per andare a trovare mia sorella, con le nostre mamme convinte che fossimo all'oratorio?

Ero incredulo, non stavo più nella pelle, ma dovetti andare al centro per ritirare il premio e, non so come, e ignoro il perché, mi misi a cantare "Mi ricordo montagne verdi", portata al successo da Marcella Bella.
Fu un successone e tutti applaudirono soddisfatti!

La tenni al collo per le due o tre settimane seguenti, poi ricominciai a combinarne di tutti i colori, e la rondella di legno chissà che fine ha fatto...
Per fortuna a diciassette anni ho re-incontrato Grazia (come ho già narrato in altre occasioni, a cinque anni l'avevano costretta a sedersi accanto a me, all'asilo, nell'intento di insegnarmi a posare correttamente il riso con la colla sui cartoncini da disegno): quattro anni di fidanzamento e a settembre saranno trentotto di matrimonio.
Insomma, il 71% della nostra vita l'abbiamo passato insieme!

Deo gratias!

Un po' di ricordi, e fieri propositi di "come riprendersi la propria vita", però con qualche trucco: abbiamo due lampade da installare a casa, non so da quanto tempo, ma poi penso che se ci decidessimo a sistemarle, poi sembrerebbe di non avere più nulla da fare, no?

Ezio Gamberini


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