Don Luigi, il cuore in Venezuela
di John Comini

Don Luigi Franceschetti è in Paradiso. È fratello del mio cognato Sergio, sposo di mia sorella Rita



La mamma si chiamava Santa, ma tutti la chiamavano Lina. Con il simpatico papà Cecchino ha creato una famiglia in cui si condividevano i valori della fede cristiana, del rispetto reciproco e dell’onestà.

Certamente Luigi, fin da bambino, ha respirato in casa il profumo della preghiera, insieme alle sorelle Franca e Margherita e ai fratelli Sergio e Fausto.

Quando è stato ordinato sacerdote nel 1964, la mamma piangeva perché i 3 figli maschi erano partiti da casa nello stesso tempo: don Luigi sacerdote, Sergio si era sposato con mia sorella Rita e Fausto era partito militare.

Dopo alcuni anni a Serle come curato e a Castelfiorentino (a 30 km da Firenze), dopo un anno in Spagna per imparare la lingua spagnola, don Luigi nel 1969 è partito con la nave da Genova: era il 19 marzo, festa di San Giuseppe.

Destinazione Venezuela, un angolo di paradiso, una terra ricchissima di petrolio, oro e materie prime, ma piena di contraddizioni socio-politiche, dove la popolazione vive con gravi problemi di povertà e di disagio sociale.

Don Luigi ci ha vissuto 49 anni. Diceva sempre: “Anche nelle difficoltà ero felice.” La sua parrocchia era grande come la Vallesabbia. Nei vari caserìos (borgate, quartieri) ha fatto costruire 20 cappelle, dove a turno si recava per celebrare la Santa Messa.

Nella sua Baragua (un paese con le case in stile spagnolo, come la chiesa) ha formato una casa per ragazze che provenivano dalle zone più povere. C’erano anche due stanze per ospitare i genitori delle ragazze che venivano da lontano e potevano fermarsi a dormire.

A Barquisimeto (città enorme, con più di un milione di abitanti) ha formato una casa per ragazzi che con l’aiuto di famiglie italiane studiavano all’università o imparavano un lavoro. A Carora (città più piccola) ha fondato un’altra casa per ragazze.

Padre Egar era suo parrocchiano in Venezuela e ha studiato 3 anni in seminario a Brescia. Era bravissimo a cantare e a suonare, e molti giovani dell’oratorio di Gavardo lo ricorderanno bene, perché la domenica teneva l’ACR (da Brescia lo accompagnava don Alessandro Tuccinardi).

Don Luigi a Baragua ha ideato l’oratorio, l’istituzione della pastorale giovanile che i venezuelani non conoscevano. Poiché la grave crisi economica era diventata un'emergenza che colpiva la popolazione, molte persone hanno mandato un grande aiuto a don Luigi.

I suoi coscritti del ’39, quando facevano la festa, raccoglievano soldi per i vari ricoveri o interventi in ospedale dei venezuelani bisognosi.
Un grande aiuto è venuto da “Cuore Amico”, che tramite Gabriele Avanzi ha dato una mano alle persone più fragili, bambini e anziani.

Anche il fratello Sergio, alpino doc, l’ha sempre sostenuto. Ogni due anni volava con Rita per incontrarlo. Don Luigi si confidava con lui, gli chiedeva consigli o suggerimenti. Sorrido al pensiero che Sergio scopava le foglie del cortile, e suo fratello gli diceva: “Ma tanto poi il vento le fa di nuovo cadere!” Ma Sergio non desisteva, non ce la faceva a starsene con le mani in mano.

Gli ultimi anni li ha trascorsi a Gavardo, dove collaborava con monsignor Italo. Uno dei momenti più commoventi della mia vita l’ho vissuto quando don Luigi ha recitato la preghiera dei defunti dinanzi al fratello Sergio, che ci aveva lasciati troppo presto. Ultimamente don Luigi ripeteva spesso: “Mi manca il Sergio”.

Don Luigi era alloggiato presso il "Cenacolo Elisa Baldo", circondato dall’affetto di Suor Serafina, dei Sacerdoti e di tutte le collaboratrici. L’amico Renato Massolini gli era sempre vicino, gli diceva qualche battuta per allontanare la malinconia, e aveva il dono di farlo sorridere.  Il cuore l’ha lasciato in Venezuela. Quando Rita gli mostrava un CD o una foto del Venezuela, si commuoveva. Ha vissuto come i suoi parrocchiani, era uno di loro, era un venezuelano e per questo era amato dalla sua gente, che spesso gli scriveva e che non lo dimenticherà mai.

Vorrei dedicare a don Luigi queste parole rivolte a Dio, scritte da un sacerdote poco prima di andare alla Casa del Padre:

“In questo momento, non perché io sia bravo, ma perché il Signore mi ha scelto e amato, il Suo amore è in me e io sono in Lui. La morte è un incontro, l’inizio di una festa senza fine. Con Dio, “amore mio”. Perché questo è tutto quello che ho da dire: grazie, grazie.

Se dall’alto dei miei anni mi guardassi indietro, cosa troverei se non la catena senza fine del Tuo amore? Non c’è una singola parte della mia storia in cui non abbia avuto la Tua misericordia su di me. Non c’è stato un momento in cui non abbia sperimentato la tua presenza amorevole e paterna accarezzare la mia anima.

Nella mia infanzia ho percepito la Tua presenza in ogni momento. Per me, l’immagine era quella di un Dio semplice. Credo che sia stato assolutamente decisivo nascere nella famiglia che Tu hai scelto per me. Oggi non avrei tutto ciò che in seguito ho ottenuto, se non avessi avuto i genitori, i fratelli e le sorelle che ho avuto.

Sono stati tutti delle testimonianze viventi della presenza del Tuo amore. Da allora ho iniziato ad amare Te, e quindi ad amare tutti e tutto. Sarebbe stato assurdo non amarti. La felicità, la fede e la fiducia nella vita sono stati, per me, come un piatto delizioso portato a pranzo da mia madre.

E poi mi hai donato la meraviglia della mia vocazione. Essere perfetti è impossibile, lo sai. Ma tutto questo è meraviglioso, questo lo so. E conosco anche la gioia suprema di poter aiutare le persone – sempre più di quanto potrei da solo – e di annunciare il Tuo nome. Sono stato felice, naturalmente. Come non poterlo essere? E io sono stato felice qui, senza attendere la gloria del cielo. Perché questa è la sorpresa: il cielo lo abbiamo già dal momento in cui possiamo amarTi.

E ho una piccola risata all’idea di andare in cielo come ricompensa. Ricompensa per che cosa? È un imbroglio: Tu ci doni il cielo e noi pretendiamo di averlo meritato. L’amore è la sua sola propria ricompensa. E la felicità non è la conseguenza né il frutto dell’amore. L’amore è, già da solo, felicità. Sapere che sei Padre è il paradiso. Naturalmente non voglio di più, perché voglio solo Te. Amarti è già un dono. Non potresti darmi di più.”

Grazie, don Luigi. E salutami Sergio, mi raccomando! Lo riconoscerai in mezzo ai beati, con un bel cappello da alpino.

Maestro John, il fratello di Rita

Nelle foto:
- Il caro Don Luigi
- In Venezuela, con mons. Silvano Piovanelli e il fratello Sergio
- Accompagnato da papà Cecchino
- Don Luigi, don Persavalli, il Vescovo Pierantonio, don Ezio e suor Serafina (grazie all’amico Renato per la foto)

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