Fiamme domate... forse
di val.

Il condizionale è d'obbligo: ieri sera, infatti, il rogo ha ripreso a distruggere sopra Mura, anche se sembrava possibile da controllare anche in orario notturno



Fiamme domate di direbbe, nel tardo pomeriggio di ieri, al terzo giorno di grande dispendio di energie, ma il condizionale è d’obbligo.
Da un momento all’altro, infatti, i focolai possono riprendere vigore.

Succede soprattutto nelle zone impervie, dove non è possibile arrivare a piedi e dove le braci possono covare a lungo sotto la cenere o i paglioni bagnati dai lanci aerei, pronte a riprendere vigore.

Nella tarda mattinata di ieri
, grazie all’intervento incessante di due canadair e di un elicottero da carico S-64, era stato estinto il fronte che imperversava fra Mura, la Pertica Alta e Marmentino, quello che aveva ripreso maggior vigore nella notte precedente.

Nel pomeriggio le raffiche di vento hanno invece dato forza a quel che restava del rogo fra il Monte Carnè e la Cocca, sulla linea di confine fra i territori di Bione e di Lumezzane.
Qui sono stati dunque dirottati i mezzi con capacità maggiore, a dare manforte ai più piccoli elicotteri della regione capaci di rovesciare sulle fiamme “solo” sei quintali d’acqua per volta, finchè non hanno avuto ragione del rogo.

Ieri sera col buio però
, la prima sorpresa: fra l’abitato di Mura e la sua Corna, in tutta evidenza, fra lo sconforto di molti, ecco il fuoco riprendere vigore.

«Dovremmo farcela a contenerlo» l’indicazione consolatrice di chi ieri ha diretto senza sosta le operazioni: «Sopra, a destra e a sinistra, il terreno è già bruciato. Di sotto la montagna è tagliata da un sentiero dove i volontari possono in relativa sicurezza controllare le fiamme, anche se c'è buio».

Insomma, se va bene ci sono voluti tre giorni di intenso lavoro per domare i due roghi distinti sviluppatisi fra Valsabbia e Valtrompia, uno a nord e l’altro a sud-ovest dell’abitato di Casto, con le squadre dell’Antincendio boschivo e dei Vigili del fuoco che hanno dimostrato grandi capacità di gestione delle operazioni.

Ad andare in fumo, secondo una prima ed approssimativa stima, non solo 200 ettari di territorio, ma anche centinaia di migliaia di euro necessari per sostenere la macchina dell’emergenza.


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