La prima donna
di Luca Rota

Figurine di Provincia ritorna con altre storie “varie ed eventuali”, passando dai campetti improvvisati dove asfalto, sanpietrini, pietrisco e sabbia la facevano da padrone, per arrivare fino a stadi prestigiosi e grandi eventi mondiali ed europei


La scorsa estate, passando nei pressi del piazzale dove quotidianamente giocavo da bambino con i miei amici, mi fermai ad osservare una partita in corso. Ciò che mi colpì fortemente visionando le due squadre pronte a fronteggiarsi fu la cospicua presenza femminile in entrambe le compagini, cosa che un quarto di secolo prima (quando a giocare lì eravamo io e i miei coetanei) sarebbe stata a dir poco impensabile, forse per cattive e ghettizzanti abitudini (ai bambini il calcio, alle bambine la pallavolo) o magari per mancanza di cultura sportiva e di passione (tranne rari casi isolati).

Il calcio femminile già da tempo imperversava nella nostra penisola, ma i suoi fasti li raggiungeva nel Nord Europa e negli Stati Uniti. Non a caso i primi Mondiali di calcio femminile hanno visto primeggiare solo compagini provenienti da queste realtà calcistiche.

In Italia invece, pensando a quei tempi sportivi, si potrebbe parlare di era pioneristica, anche se a malapena oggi il professionismo inizia a muovere i primi passi, e non senza diatribe o disguidi, grazie soprattutto alle ottime prestazioni della nazionale guidata da Milena Bertolini.

C’è da dire però che di grandi calciatrici ne abbiamo già avute, come ad esempio la grandissima Patrizia Panico, centravanti azzurra anni ‘90 e Duemila, ma se dovessimo dire qual è stata la prima in assoluto a guadagnarsi lo status di fuoriclasse, non potremmo non pensare a Carolina Morace, numero dieci talentuosissima, punta di diamante della Nazionale e top player assoluta.

Basta guardare i suoi record per capire quanto grande sia stata, con l’esordio a soli 14 anni e l’incredibile numero di goal messi a segno sia in nazionale (105), che in Serie A (500). Appesi gli scarpini al chiodo, non ha mai avuto il tempo di fermarsi, guidando prima la Nazionale maggiore italiana, poi quelle canadese e di Trinidad e Tobago.

Non sono di poco conto neanche le esperienze alla guida di Lazio e Milan, se pensiamo che ancora oggi la Serie A femminile vede la stragrande maggioranza di allenatori maschi al timone delle squadre, figuriamoci vent’anni fa.

Ma la Morace ha fatto decisamente di più, diventando addirittura la prima donna ad allenare una squadra di calcio maschile, quando voluta da Luciano Gaucci alla guida della Viterbese in C1, vi approdò su finire del secolo scorso (anche se l’esperienza non fu proprio felice).

La classe, però, l’ex capitana azzurra non l’ha dispensata tutta sul rettangolo di gioco, distinguendosi anche come conduttrice televisiva del programma Galagol, in onda sull’allora Telemontecarlo (l’attuale La7), dove la sua grande competenza fece ricredere anche quelli che da sempre pensavano (e magari lo pensano ancora) che il calcio sia prettamente appannaggio degli uomini.

Perché Carolina Morace e chi come lei ama, ama questo splendido sport, ha affermato prima di tanti altri una cosa che va ben al di là del suo straordinario palmares, conquistato in più di vent’anni di carriera; e questa cosa recita che il calcio non ha sesso.


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