Il cammino fino al tramonto
di Leretico

La paura è uno dei sentimenti umani più difficili da gestire. Emerge dalle profondità dell’inconscio, si impadronisce di noi e spesso non riusciamo a contrastarla adeguatamente.


Le strategie che riusciamo ad attivare per vincere la paura, che a volte ci invade senza preavviso, possono essere tutte riunite sotto un unico termine: il coraggio.

Il coraggio è lo scudo opposto dalla ragione alla tempesta provocata dalla paura, è la risposta al blocco che essa provoca in noi quando raggiunge estremi livelli.

L’epidemia di Covid-19 che ci ha colpito duramente in questi ultimi mesi, ha proiettato la paura nel nostro io in mille modi diversi, come la luce in un caleidoscopio. Le immagini che hanno riempito i nostri occhi in queste settimane di “clausura”, hanno rinforzato la sensazione di insicurezza e di impotenza di fronte al pericolo della morte.

Quando ci fu l’influenza spagnola, tra il 1918 e il 1920, la nera signora portò via milioni di persone, nel silenzio generale del potere politico, impegnato a nascondere e minimizzare.

Le cose, dopo un secolo esatto, non sono per niente cambiate.
Nonostante le dimensioni del contagio dell’influenza spagnola siano state, a quel tempo, di gran lunga più ampie e drammatiche, con il Covid-19 siamo rimasti ugualmente spiazzati, frastornati.

La paura è la stessa di allora, il coraggio e la speranza di superare indenni il pericolo fatale, sono altrettanto forti. E tuttavia la pandemia del 2020 porta con sé qualcosa di diverso, qualcosa di più complesso rispetto al passato, non foss’altro che per la maggiore complessità della società odierna.

Siamo cresciuti e siamo stati educati nella fede quasi assoluta nella Scienza. Quando abbiamo capito che la terra girava intorno al sole, dopo secoli che era stato detto il contrario; quando siamo riusciti a superare l’illusione che fosse il sole a muoversi e noi fermi a scrutarlo; proprio allora, nel momento in cui ci siamo ricordati della storica frase «Eppur si muove» di Galileo, in quel preciso momento abbiamo iniziato a credere nella potenza della Scienza e nella sua promessa di immortalità.

Abbiamo abbandonato la potenza di Dio per diventare, chi più chi meno, adepti della nuova potenza, predicando il futuro ineguagliabile della nuova promessa.

E così le chiese, piano piano, si sono svuotate, mentre altri riti e altri miti hanno attratto le persone: quelli della velocità, quelli della conquista dello spazio, quelli televisivi, quelli della grande rete telematica, quelli del transumanesimo.

Sappiamo, dunque, che il cuore dei popoli è tutto per la Scienza e per il suo apparato tecnologico. Sappiamo che nessuno, oggi, si sognerebbe mai di sostituire una visita medica con una preghiera al santo protettore. Eppure, in questi giorni di pandemia qualcosa si è rotto. La fede assoluta nell’efficacia della Scienza si è incrinata.

Qualcosa è davvero cambiato nel nostro sguardo, nelle nostre coscienze, anche se per molti, per quasi tutti, una volta che si saranno lasciati alle spalle il peso di questo periodo, tutto tornerà come prima, torneranno gli stessi errori, gli stessi inguaribili difetti.

La natura ha mostrato il suo volto più terribile, ha spazzato via le vite di più di trentamila persone inermi solo in Italia.

Gli ospedali non hanno funzionato, strutture insufficienti a rispondere al numero di malati. Molti, troppi, ammalati di coronavirus non hanno avuto possibilità di essere curati. Se ne sono andati così, in un soffio di vento, senza neanche un addio, spesso in sacchi di plastica anonimi.

Il paradiso della tecnica, la nuova grande promessa, nasconde dunque una crepa: la Scienza salva, d’accordo, ma non tutti. Nemmeno quelli che potrebbero permettersi economicamente qualsiasi cura sono al riparo più degli altri. Potremo mai farci una ragione di questa estrema debolezza?

Farsene una ragione significa prendere le misure dell’accaduto. Scoprire il perché, confrontare teorie, analizzare risultati e statistiche. Questi sono gli strumenti della Scienza, gli stessi che ha usato per spiegarci come si muove la terra intorno al sole e come invece il sole sta fermo in uno dei fuochi dell’ellisse che costituisce l’orbita lungo la quale la terra, appunto, si muove.

Questo è il linguaggio della Tecnica, un’organizzazione di mezzi in vista di scopi.
Se poi dovessimo cercare di descrivere l’uomo occidentale moderno sotto questa luce, non potremmo scegliere definizione migliore: egli è un organizzatore di mezzi in vista dei propri scopi utilitaristici. Non c’è quindi alcuno scarto tra uomo e Tecnica: l’uomo è Tecnica nella sua essenza.

Tuttavia, nonostante l’enorme potenza che la Tecnica, tramite la Scienza, ha fornito all’uomo come fece già Prometeo regalandogli il fuoco, essa non è stata in grado di salvare i nostri anziani, né i soggetti più deboli della nostra società.
Abbiamo subito un risveglio violento. Non che prima le persone non morissero per influenza nel mondo o per migliaia di altre malattie, ma in passato nulla scalfiva la nostra fede nella salvezza promessa dalla Scienza e dalla Medicina.

Oggi, dopo più di tre mesi di blocco, ci siamo svegliati più fragili perché abbiamo capito che nulla di assoluto c’era nella promessa pronunciata dalla Scienza.
Spinti da questa nuova inquietudine, se volessimo raggiungere una maggiore consapevolezza, potremmo andare un po’ più in profondità per capirne l’origine: ci siamo illusi, abbiamo confuso l’estrema efficacia della Scienza e della Tecnica per portatrice di verità.

Di fronte al dolore della perdita degli affetti più cari, tutto traballa, il coraggio non è più sufficiente per vincere la paura. L’unica punto fermo, in quei frangenti, può essere solo la verità, ed è proprio la verità che ci è mancata in questi ultimi tre mesi.

Quando la Scienza ci avrà dato tutto, quando null’altro avremo da desiderare nella nostra vita corporale e mortale, avremo paura di perdere ciò che con tanta fatica abbiamo raggiunto perché sappiamo che quanto abbiamo guadagnato è senza verità.

Uno scherzo della natura arrabbiata potrebbe spegnere quella luce che tanto abbiamo penato perché rimanesse accesa. La nostra protervia, la nostra arroganza potrebbe essere cancellata in un attimo.

Tuttavia, finché l’uomo crederà solo alla potenza della Scienza, non ci sarà altro cammino che egli vorrà percorrere, fino al tramonto.

Leretico

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