Ritorno al futuro
di Elio Vinati

È come tornare all'apertura: udire il suono dell'acqua che si infrange tra i sassi creando raschi, correnti e cascatelle immersi in un contesto naturale tipico del torrente di montagna rappresenta un toccasana ritemprante dopo tanti mesi



L'emozione del primo lancio con la canna da spinning è indiscutibile e tanto attesa. Utilizzo una 2,40 metri, un po' esagerata per l'ambiente che sto affrontando, ma mi consente di direzionare meglio l'artificiale e controllarne il recupero in modo più efficace.

Mio fratello impiega invece una più comoda e agile 1,80 m. Entrambi abbiamo montato un mulinello del 2500, ma mentre Davide lo ha imbobinato con il classico nylon dello 0,22 mm, io uso un fluorcabon dello 0,20 mm che, come noto, è meno visibile in acqua e più rigido rispetto al nylon, consentendo così una maggiore prontezza nella ferrata.

La scelta dell'artificiale si basa sull'esperienza accumulata in quanto - come ben spiegato nel libro “Una vita per la pesca” di Charles Ritz in merito al successo o meno di un'uscita di pesca: “Il valore del pescatore ricopre l'85% dell'importanza, mentre l'artificiale ne è responsabile per il solo 15%”.

Anche se l'autore si riferiva alla scelta delle mosche artificiali credo che l'importanza dell'osservazione, della corretta presentazione dell'artificiale e dell'approccio adeguato verso lo sport di pesca siano applicabili anche in ambito spinnofilo.

Finalmente arriva la prima Fario che, sebbene sia di piccole dimensioni, è in grado di regalarmi una grande emozione, così come le successive e numerose catture.

Ora è il turno di qualche salmonide di discrete dimensioni dai colori stupendi che si dibatte con la forza e la caparbietà tipica delle trote selvatiche di montagna. La vita è meravigliosa e, per citare Matteo De Falco, con una canna da pesca in mano lo è un po' di più.

Alla prossima avventura...
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