Cuore amaranto
di Luca Rota

Proseguendo sul filone che vede “la fantasia al comando”, ci trasferiamo in riva allo Stretto, su quel chilometro più bello d’Italia idealizzato da D’Annunzio, dove un certo Francesco “Ciccio” Cozza è molto più che una leggenda



Se ti capita di nominare quel nome dalle parti di Reggio Calabria, non potrai non creare un sussulto nel cuore di chi ama i colori amaranto. La sua, infatti, è una storia che parte proprio da lì, cresciuto nelle giovanili reggine da buon figlio di Calabria, per poi emigrare e raggiungere giovanissimo Milano ed il rossonero milanista.

Il suo debutto in A,
appena diciottenne, avverrà - ironia della sorte - sempre in una Reggio (Emilia), e con indosso però non l’amaranto reggino, ma il granata reggiano.

Il ritorno alla casa madre sembra però scritto nel suo destino calcistico, così sin da subito sarà presenza fissa nella mediana reggina, prendendo per mano la squadra e conducendola alla prima storica promozione nella massima serie, seguita poi da un’immediata retrocessione e dal successivo ritorno tra i grandi.

Con gli anni diventerà capitano e uomo simbolo degli amaranto, e dopo una brevissima parentesi a metà tra Genoa e Siena, ritornerà ancora in due occasioni alla guida dei calabresi, dei quali è l’uomo più rappresentativo.

Ciccio Cozza è un “dieci” vecchio stampo, regista e rifinitore che manda in porta gli attaccanti, ma allo stesso tempo vede bene la porta mettendo a segno reti pesanti. Nel rispetto dei dettami dell’era moderna, non disdegna mai l’aiuto in copertura e si sacrifica da vero leader.

Con l’amaranto indosso termina la carriera intorno alla fine dello scorso decennio, per darsi alla carriera da allenatore operando in diverse piazze di C, senza riscuotere particolari successi.

Si dice però che esista un dio del calcio, un’entità eterea che veglia sulle sorti di questo splendido gioco e sui suoi interpreti, e che fa in modo che alcuni destini, calcistici e non, siano inscritti con carattere indelebile su fogli conservati dal tempo.

Così il ritorno alla casa madre sembra la normale conclusione di una carriera in continuo divenire, dove tra una passeggiata su quel chilometro con vista Sicilia e qualche amarcord procuratogli da un Granillo in attesa di rivivere vecchi fasti, attualmente lavora come scopritore di talenti, scandagliando settori giovanili locali, magari nella speranza di incontrare un altro Ciccio Cozza e consegnargli quelle chiavi che ancora detiene.
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