Anfo rende omaggio al suo carèl
di Giancarlo Marchesi

La carelàa, l’interessante rievocazione storica della civiltà contadina, che si è svolta ieri ad Anfo ha avuto come prezioso alleato un caldo sole agostano che ha piacevolmente accompagnato i «carelisti» e il numeroso pubblico.

La carelàa, l’interessante rievocazione storica della civiltà contadina, che si è svolta ieri ad Anfo ha avuto come prezioso alleato un caldo sole agostano che ha piacevolmente accompagnato i «carelisti» e il numeroso pubblico.

Alla parata hanno partecipato ventisette equipaggi muniti di altrettanti carèi, vale a dire carretti in legno robusto e leggero del peso variabile dai 20 ai 26 chilogrammi, suddivisi nelle varie categorie: carichi speciali, ordinari e mini-carèi, guidati da giovanissimi equipaggi. Tra i protagonisti spiccavano la piccola Caterina, di solo un anno, e i quattro veterani della manifestazione: Domenico Bondoni, Pierino Secamani, Gino Stefani e Lino Seccamani che per età e per passione sono i custodi della tradizione del carèl. È merito loro, infatti, se anche le generazioni più giovani anno imparato ad amare questo antico veicolo.

Oltre agli equipaggi dei veicoli, hanno preso parte alla festa, sfilando per le vie di Anfo, numerose persone di ogni età che per l’occasione indossavano costumi legati alla tradizione contadina. Non sono inoltre mancate le suggestive dimostrazioni legate al falcio dell’erba con la tradizionale ransa (falce fienaia) e all’affilatura della stessa.

La corsa dei carèi è stata una festa anche per il folto drappello di fotoamatori che, con le loro macchine digitali e con gli apparecchi tradizionali, hanno immortalato i vari momenti della manifestazione, abbinata alla sezione estemporanea del concorso fotografico nazionale «Rocca d’Anfo».

La sagra della carelàa riporta alla luce il profondo legame tra la gente di Anfo e la propria storia, una storia fatta di sacrifici e tanta fatica, perché – come evidenzia Romeo Seccamani, presidente della locale Pro Loco – l’anfese dei tempi passati era costretto a vivere in una porzione di territorio poco fertile.

Una terra avara, quella di Anfo, suddivisa in piccoli e piccolissimi appezzamenti per effetto della polverizzazione della proprietà fondiaria. Fino al Novecento inoltrato, gli agricoltori erano obbligati a economizzare, tanto che possedere un mulo, poteva significare privarsi di una vacca.

Così, mentre in altre zone gli animali erano utilizzati per il trasporto delle merci, i contadini di Anfo dovevano limitare l’uso del bestiame da soma. Per questo, in sostituzione del tradizionale mulo, fu introdotto il carèl, un mezzo adeguato alla forza di un montanaro e alla peculiarità del territorio anfese. Questo umile veicolo doveva essere trasportato scarico lungo dirupi e forti pendenze per poi portare, in discesa, carichi ragguardevoli.
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