Le fisarmoniche rimandano alla giovinezza
Una serata di musica della rassegna “Art in Valle”, tenutasi nel mese di agosto, lo spunto per un oriundo valliese trapiantato in Valtrompia per ripercorrere, sulla scia dei ricordi, gli anni della giovinezza, con un tono alquanto poetico.

Una serata di musica della rassegna “Art in Valle”, tenutasi nel mese di agosto, è lo spunto per un oriundo valliese trapiantato in Valtrompia per ripercorrere, sulla scia dei ricordi, gli anni della giovinezza, con un tono alquanto poetico.

Serata delle grandi occasioni a Caschino, la bella e caratteristica borgata di Vallio Terme, adagiata su un colle come un antico maniero che domina la valle coperta un tempo di rigogliosi vigneti: è un accorrere di gente che sale anche quest’anno a piedi la ripida strada attirata non già dal famigliare contrabbasso, ma dal suono melodioso di due fisarmoniche trasportato da un refolo di vento che spira tra i castagneti ancora in fiore.

A condurci nel mondo fantastico della musica è ancora una volta l’amico Taboni, camuno d’origine ma valliese d’adozione, accompagnato dal suo primo maestro, Scarpini, musicista di fama internazionale, accademico di fisarmonica del Conservatorio Giuseppe Verdi di Milano.

La corte ed il magnifico porticato di Casa Lazzarini-Fucina riescono a contenere a malapena una marea di gente venuta appositamente dai paesi circostanti;  grazie alle panchette tenute di riserva, tutti, proprio tutti, trovano posti a sedere.

Scende la notte e, all’improvviso, nel più assoluto silenzio, ecco diffondersi le note sensuali e virtuose della fisarmonica che rivelano la passionalità dell’artista che suona, rapito, sulla bianca tastiera. È un vero concerto quello offerto da “Art in Valle”, concerto degno dei grandi teatri e realizzato in un borgo che raggiunge a malapena le 50 anime, ma dove in compenso la musica è sempre di casa. Melodie che fanno sognare mondi lontani; visioni di pianure sterminate percorse da focosi cavalli, insenature marine baciate dal sole, vette innevate spazzate dal vento e poi… squittii  di gabbiani, canti di uccelli, scampanii lontani e note che paiono voci che  sussurrano dolcemente al  cuore.

La serata è magnifica, perfetta nella sua armonia, ma ecco che Giove Pluvio, geloso di tanta serenità, fa sentire la sua voce : tuoni, lampi, saette, scrosci di pioggia che rimbalza violenta sui tetti e sul lastricato del cortile. Tra tanto frastuono, Taboni, bravo e simpatico intrattenitore, con l’accompagnamento dell’instancabile fisarmonica, ti accompagna con la sua voce calda, suadente nel gran fuggi fuggi, finché ti trovi pigiato sotto l’ospitale porticato dove un tempo con gli inseparabili amici innalzavi cori notturni seguiti dallo sbattere secco delle imposte e dai secchi rimproveri di padri gelosi. “Se Caschino dovesse cascare” tuonava dall’alto del  pulpito il buon parroco, il cui innocuo anatema era destinato a perdere vigore nella penombra del confessionale quando pronunciava parole affettuose e comprensive per il giovanile rossore e la vanità delle grandi  promesse.

Canzoni del cuore, languidi ballabili, richieste di bis, ma è “Rosamunda”, la vecchia  popolare  canzone dei nostri padri a cementare ancora una volta questa gente che non vuole sciogliersi sebbene il temporale sia ormai nella lontana Valtenesi. “Rosamunda, Rosamunda / che magnifica serata / sembra quasi preparata / da una fata delicata / Mille luci, mille voci / mille cuori strafelici / sono tutti in allegria. Oh che felicità”. Mentre il coro si diffonde nell’aria varcando soglie e verande, guidato dalla bacchetta magica ed invisibile del maestro Taboni,  senti il cuore riempirsi di gioia  e  allora capisci che quella che ti sta accanto è la tua gente, non facile ad entusiasmi, ma che nel canto ama sciogliere, a volte, le sue passioni.

“Rosamunda, nei tuoi baci c’è tanta felicità… Tu sei la vita per me…” e ti rivedi giovane innamorato abbracciare furtivo, nella penombra dei vicoletti, timide fanciulle che questa sera intravedi confuse tra la folla, ancora più belle, col fascino delle nonne circondate da vispi nipotini.  Le note del coro non sono ancora svanite tra le volute del portico che subito è un accorrere, un ammassarsi per la classica fotografia, un mescolarsi di amici, un crescendo di voci che a malapena permettono di udire le parole del primo cittadino. Ringraziamenti dovuti e sinceri per tutti, specialmente a don Gianni,  parroco onnipresente, e ai molti che vengono chiamati coll’affettuoso nome di battesimo: Alvaro, Silvano, Daniela, i veri promotori della bella serata. Strette di mano, occhi commossi e poi baci, molti baci, accompagnati da promesse di un presto arrivederci.

Ma ecco, tra tanto frastuono, la nota lieta del volteggio della rondine tra le arcate del portico che cerca il suo nido: forse il suo cinguettio è solo l’invito a ritornare tra la gente di questa bella ed ospitale contrada.                                                                                                       

Luigi Agostini

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