A Tremosine tra musica, formaggio e ricordi
Il primo sole di primavera invoglia alla gita fuori porta. Se la ricerca č culinaria e l’oggetto č il formaggio a quattro punte arrotondate, Tremosine č la meta ideale...
Dal nostro inviato Nerino Mora


Il primo sole di primavera invoglia alla gita fuori porta. Se la ricerca è culinaria e l’oggetto è il formaggio a quattro punte arrotondate, Tremosine è la meta ideale. La strada non è facile, tortuosa. Arrivati la vista è magnifica: una cartolina sull’anfiteatro del Garda.
Trovato il formaggio, che è poi l’obiettivo del viaggio, meritiamo un ristoro nel caffè in piazza.

Seduto al tavolino, il sole scalda l’aria, il cielo è perfetto. Era da tanto che non tornavo a Tremosine. Ho avuto modo di vederla incastonata come uno zaffiro cinto dalle montagne ancora innevate come perle. La gente ora è frenetica, indaffarata nei preparativi per il turista. Una volta non era così, i ritmi erano più lenti, invitamvano alla riflessione.
Allungato l’occhio alla vetrina della piazzetta vedo un magnifico cesto intrecciato. La classica arte del posto. Certo di acquistarlo entro nel negozio invitante e ricolmo di mobiletti e di oggetti d’arredamento vari. Ilc campanello legato alla porta tintinna.

Percepisco suoni e rumori che provengono del retro bottega illuminato da una lampada fioca e gialla a cappello ceramico.
Meravigliato, direi allibito, mi accosto e guardo un Signore intento ad accordare uno strumento insolito e strano, costruito rustico occasionale con legno di fortuna. Si distingue bene la forma: uno xilofono, bacchette in mano con alle estremitĂ  una pallina, lievi percussioni simili ad una carezza, un suono melodioso ritmico che si ode distintamente anche al di fuori dalla porta.

Ho conosciuto così Milesi Ernesto, il finanziere ora in pensione. Una volta era musicista della banda delle Fiamme Gialle. Originario del posto partì da ragazzo da Tremosine per Roma, la capitale. Era assetato di lavoro e carriera, ha trascorso lì trentadue anni dedicati alla famiglia e al lavoro. Giunta l’età del pensionamento il richiamo più forte è stato quello della sua terra nativa. Roma non era la sua casa, non era fatta per lui, ritornare a Tremosine era paradiso in terra.
La passione per la musica rimane forte e lui prova e riesce costruire strumenti musicali. L’abilità delle sue mani è l’eredità trasferita dai genitori, specializzati a costruire cesti. Mani abituate a lavorare il legno.

Raccoglie le vecchie tavole che una volta erano assi di letto, complici i gradini da scala da pittore, poi tanta, tanta pazienza. Cosi nasce il suo primo xilofono, il telaio è rudimentale, i tasti sono lisci e costruiti in legno di tasso, leccio e legno di rosa. Uno strumento perfetto dal suono professionale dopo tante ore di lavoro e di prove.
Ernesto racconta e strimpella ed intona musica, la sua preferita. Noto la breve ondulazione del corpo, negli occhi la luce delle sue montagne, come quelle i capelli innevati, il blu del lago nella mente, le mani come stoppe di lantana usata per i cesti flessibili e resistenti. Ha 80 anni e lo spirito di un ragazzino, una voglia di vivere rinnovata di giorno in giorno.

Ernesto ora ha voglia tramandare tutto quello che conosce, musica intreccio di cesti, conoscenze in micologia. Basta starlo ad ascoltare.
Ernesto mi pone la sedia, dalla mia borsa sguscia il formaggio, in breve tempo recupera due bicchieri e una bottiglia di vino nero, un coltello per tagliare gli spicchi.
L’incontro continua parlando dell’ieri e dell’oggi, del più e del meno, gustando quel formaggio che consumato a Tremosine è di gran lunga migliore. Ha un altro gusto.
Presto ritornerò nella piazzetta della Pieve di Tremosine, certo di rincontrare un amico, un uomo da ascoltare. Per imparare la sua arte, semplice come una volta e ricca di manualità.


Nerino Mora.
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