07 Agosto 2018, 09.30
Bagolino
Mostre

Morte e rinascita del cigno

di Marisa Viviani

È stata inaugurata sabato scorso, 4 agosto, a Bagolino, la Mostra "Morte del Cigno", che vede tre donne esporre le proprie opere
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Sono le artiste
Michela Lombardi di Storo ma originaria di Bagolino, pittrice; Cinzia Alessi di Storo, artista del vetro; Antonella Grazi di Praso Val Daone, scultrice. Mostra d'arte tutta al femminile, fortemente connotata da una sensibilità e da valori legati alla realtà della donna.

La presentazione delle artiste e delle loro opere è stata affidata ad un'altra donna, Laura Crescini, diplomata in canto lirico, direzione di coro e composizione musicale, docente di canto, un'artista nel campo della musica, pertanto interprete ideale del mondo femminile rappresentato nel lavoro di altre donne d'arte. La sottile intuizione del significato profondo delle opere e del mondo interiore delle tre artiste espositrici, di cui Laura Crescini si è fatta interprete per il pubblico presente, non può essere sommariamente riassunta, ma soltanto riportata integralmente su queste pagine, per un doveroso riconoscimento del valore del lavoro artistico delle tre espositrici e di chi l'ha saputo cogliere nella sua intima essenza.

"Non è certo la prima volta che ci si trova davanti ad una mostra tutta al femminile: ma ogni volta che questo accade ci si può confrontare con una sensibilità amorevole, fine, gentile, una sensibilità volta al bene, alla comprensione piuttosto che alla dispersione, all'avvicinamento piuttosto che alla distanza, alla complicità piuttosto che alla diversificazione.

Proprio l'attrazione
per questo elemento femminino mi ha spinta ad accettare volentieri la richiesta di Michela di presentare "La Morte del Cigno", anche se si tratta di una attività per me insolita, essendo io conoscitrice di musica più che delle arti. Perciò vi prego di accettare questa opinione di musicista e soprattutto di donna che delle donne parla.

MICHELA LOMBARDI

Conosco Michela da molti anni e l'ho apprezzata nella sua metamorfosi, che l'ha vista uscire dalle attività comuni muliebri e sbocciare nella sua personalità attuale, senza dubbio complessa, ricca, mutevole, aperta alle suggestioni del mondo. Talora suggestioni delicate, talora travolgenti, disseminate lungo un percorso travagliato e doloroso quanto necessario e fruttuoso. Michela stessa scrive: "Le opere d'arte sono sempre il frutto dell'essere stati in pericolo, dell'essersi spinti in un'esperienza fino al limite estremo", ed è davvero singolare il parallelo che lei evidenzia tra creatività e sensazione di pericolo, perché si tratta per lei di una questione di vita o di morte: o mi esprimo, o la mia vita finisce. E Michela ha scelto la vita. Una vita esplosa in tutta la sua potenzialità, attraverso molte forme: la pittura in primis, ma anche la musica, la scultura, il teatro. Dico anche teatro perché quando guardo un'artista muoversi, vedo che ogni suo gesto, oggi, è teatro. Lei ha fatto del suo corpo il suo tempio teatrale, dei suoi movimenti lo svolgersi di una trama, ricca di simboli e sofisticati sottintesi. E così , attraverso mille forme, Michela si dona al mondo ricercando costantemente la preziosità del singolo momento, del giorno, della vita. Dice"Vivo lasciandomi trasportare dalle mie emozioni, dalle sensazioni; vivo e ascolto le note del mio cuore, vivo per confrontarmi, per osservare ogni alba e ogni tramonto", e io aggiungo "Come se fosse l'ultimo", tanto grande è il carico di sensibilità che lei mette in questo suo osservare.

Questa vita all'insegna della ricerca porta con sé un senso di movimento inesauribile, quasi non vi fosse mai un porto sicuro in cui adagiarsi mollemente, e anche un grande carico di melanconia per i luoghi lasciati, come un'aria umida di fine estate: è tantissima vita che si genera da tantissima morte. Il canto del cigno non può che essere poesia struggente, consapevolezza dell'effimero, amore per la bellezza della cosa fragile e preziosa, che Michela descrive con parole dolci, amare, tenere o graffianti. Parole di rabbia contro lo scempio che l'uomo compie ogni momento contro la natura. Come accadeva a Van Gogh, Michela vede negli alberi una capacità di espressione, vede un'anima. Ricordo anni fa quando vagava per i torrenti in cerca di radici contorte e sbiancate dalla corrente, perché nelle radici trovava il simbolo dell'origine, la matrice prima, e nelle pieghe del legno accarezzato fino alla trasformazione dall'acqua stava il simbolo della metamorfosi.

Questo è secondo me il punto centrale della vita e delle opere di Michela: la metamorfosi. E non a caso sceglie di ritrarre farfalle dalle ali di volti umani, e non a caso i suoi ultimi dipinti sono stesi su tavole di legno vivo e non a caso questa continua mescolanza tra visi e petali, tra corpi e radici; la natura è noi e noi siamo lei, e il messaggio ultimo anche se non violento, non accusatorio, è comunque quello che ogni crimine rivolto al mondo è un crimine rivolto contro noi stessi.

CINZIA ALESSI

Cinzia parte invece da un presupposto diverso: il gesto della rottura che prelude alla creazione di nuove forme. Forme che si avvalgono di una tecnica mista, fatta di giochi di gustosi assemblaggi e anche di giochi di colore. Il materiale che Cinzia ha scelto è nobile e pulito, ma soprattutto è di recupero: è il vetro che viene tra virgolette "rifiutato" dall'uomo e diventa invece tra le sue mani un oggetto di stupore, di stuporosa sperimentazione. Diventa fontane, fiori allo sbocciare, mondi felici e variopinti. Questo è il peculiare legame di Cinzia con la natura, che è anche un legame profondamente femminile: il saper valorizzare un materiale altrimenti relegato al non-visto, elevandolo da una posizione di scarto ignorato al rango di sostanza evocatrice di mondi fantastici. Un suo estimatore definisce le sue opere "piccole sculture che evocano forme organiche ed elementi naturali, da cui emerge una forza centrifuga che dilata l'oggetto". Anche la dilatazione, rievocatrice di maternità, è un aspetto forte della produzione di Cinzia Alessi, aspetto rafforzato ancora dalle forme tondeggianti dei boccioni di damigiana, già rotti perché già comunicanti con il mondo, simboli di uova da cui il neonato è già uscito pigolante per entrare in una nuova realtà. Ed è proprio una nuova realtà che Cinzia ci propone: una realtà fatta di attenzione ai particolari, fatta di sensibilità e curiosità per l'insolito e l'inaspettato. Dove "inaspettato" significa possibilità di evasione, di distrazione rispetto al quotidiano, nel senso che offre anche a colui che guarda una lettura inusuale del materiale originario con cui Cinzia lavora.

ANTONELLA GRAZZI

Antonella Grazzi è stata per me una scoperta di quelle che ti aprono il cuore. Da vent'anni questa donna trentina si occupa di scultura e tocca il legno o la terra creta o il marmo della Valle di Breguzzo e li modella creando commoventi figure di donne o pezzi di natura, o entrambi insieme, come quando prende una foglia e la sviluppa donandole i contorni di un corpo femminile proteso verso il cielo.

La spiritualità più pura pervade ogni creazione di Antonella Grazzi, così come una nobilitazione di un corpo terreno, che diviene il mezzo umano per l'elevazione dello spirito. Il ventre di marmo diviene caldo ospite di nuova vita, persino morbido alla vista, perché la maternità è il mistero della creazione, che è il mistero più vicino alla divinità, e trattandosi di divinità più nulla è impossibile, e così il marmo sprigiona calore e morbidezza.

Eppoi, il rispetto; dalle opere di Antonella si evince un rispetto per la bellezza della donna, per la sua funzione nell'Universo, un rispetto che nasce da una contemplazione del mondo priva di giudizio. Provate a parlarle: la sua anima brilla di cose pulite, viste con gli occhi del bambino e insieme con la saggezza della donna che ha vissuto anche il dolore. Eppure non troverete traccia di dolore in lei, come se tutto fosse già stato elaborato in una visione realistica del mondo, che non nega il dolore, ma privilegia la gioia. Quando le ho chiesto se le sue opere avessero titoli, se fossero accompagnate da didascalie, Antonella ha fatto spallucce e timidamente mi ha risposto "Preferisco che ognuno ci veda ciò che preferisce". Questa donna è un'artista contemplativa, che non interferisce, che permette al mondo di vivere e crescere in libertà.

Nel momento in cui ho visto le sue donne, il suo albero con frutto, il suo ventre con frutto, non ho potuto fare a meno di carezzare quei volti, quel tronco, e ne ho percepito una sensazione di vita vera, quella vissuta a contatto intimo con sé stessi. Antonella sa come muoversi, sa cosa faranno le sue mani, sa cosa finirà per produrre, ma non parteciperà con alcun giudizio, e le sue opere possono così vivere di vita superiore. Del resto, Michelangelo sosteneva che le sue sculture erano già contenute nel blocco di marmo, e a lui restava solo il compito di togliere il marmo in eccesso. Chissà se anche Antonella prova la stessa sensazione. Non mi stupirebbe affatto. Buona contemplazione." (Laura Crescini)


Con queste premesse
di sensibilità artistica e umana, tanto bene individuate da Laura Crescini, la "Morte del Cigno", simbolo della bellezza perduta di un mondo che scivola verso una inarrestabile rovina, può essere fermata, perché le tracce della sua presenza e del suo passaggio su questa terra saranno colte da un'altra Umanità sensibile, da altri artisti, da altre donne d'arte. E sarà l'eterno femminino, anima del mondo, che lo riporterà alla vita; un'idea, un auspicio, una speranza che Michela Lombardi così compone nel suo sistema di valori artistici e umani: "(...) per il nostro futuro, è immaginabile un Dio femminile, meno oppressivo, più amante della natura, più vicino all'umanità, meno giudice più madre, meno sovrano e più amico degli uomini."

La visita della mostra è stata sottolineata dalla musica di Andrea Pini, compositore e chitarrista di Pontevico e del mondo, che ha accompagnato anche l'intensa interpretazione di due canzoni che Michela Lombardi ha voluto dedicare al pubblico presente, "Vincent" di Roberto Vecchioni, ispirata alla figura del grande pittore olandese Vincent Van Gogh, e "Ave Maria" da "La Buona Novella" di Fabrizio De Andrè.

La Mostra è visitabile
ogni giorno dalle ore 10 alle 12 e dalle ore 16 alle 19, dal 4 agosto al 19 agosto presso la Chiesa di San Lorenzo.

Photogallery

Nelle foto di Luciano Saia alcune opere delle artiste Michela Lombardi, Cinzia Alessi e Antonella Grazzi esposte a Bagolino nella Mostra "La Morte del Cigno".


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