Dal Giappone hanno chiesto tre forme di Bagoss da 60 kg. Le hanno pagate 8mila euro, 133 euro il kg. Vero che quello non č il prezzo di mercato, ma č vero anche che i numeri hanno una capacitŕ di persuasione che va ben oltre la poesia.
"Dal Giappone hanno chiesto tre forme di Bagoss da 60 kg. Le hanno pagate 8mila euro, 133 euro il kg". Vero che quello non è il prezzo di mercato, ma è certamente vero che i numeri (soprattutto se corrispondono ai soldi) hanno una loro capacità di persuasione che va ben oltre la poesia.
Poesia che tuttavia si incorpora prepotentemente in un prodotto alimentare e ne fa la fortuna. Il dato sul prezzo in Giappone lo abbiamo letto sull'ultimo libro attorno a Bagoss scritto dal collega Saverio Paffumi e presentato da Slow Food alla fine dell'aprile scorso. Vi si legge ancora che rare forme di Bagoss si possono comperare in Usa a 200 dollari il kg. Ai magazzini Harrods di Londra lo si trova purché si sia disposti a pagarlo 49,50 sterline. Il nostro formaggio è più richiesto a Milano (dove costa sui 50 euro) che a Brescia.
Slow Food: "un caso di successo"
Vero che per fare un kg di Bagoss ci vogliono 18 litri di latte (il doppio che per un formaggio di pianura), ed è latte che costa antiche fatiche, ma è anche vero che al prezzo stracciato di 30 euro il kg quel latte sarebbe ricompensato 1,67 euro contro i 35 cents per i quali danno battaglia all'industria le stalle della Bassa. Un record che fa tornare i ragazzi alla montagna facendo il cammino inverso di quello che, dagli anni '70 fino all'alba di questo millennio, ha portato i loro padri a scendere ogni mattina dai tornanti di Bagolino fino alle fabbriche e agli uffici della Valsabbia.
Ha quindi ragione da vendere Slow Food nell'indicare il Bagoss, che è Presidio Slow Food dal 1999, come un caso di successo. Un caso di difesa riuscita di un formaggio minacciato di estinzione. Naturalmente il merito non è solo di Slow Food, ma di quei (pochi) bagossi che ci hanno creduto compiendo, in pochissimi anni, un miracolo.
La fase due
Adesso la zona e il formaggio sono nella "fase due" come dice l'assessore al Territorio di Bagolino Giovanni Giacomolli. Spiega che la difesa del Bagoss oggi non è dall'estinzione, ma dal fatto che ce n'è troppo. Sul mercato ce n'è il doppio di quello che ci si può attendere dalle mucche di Bagolino precisa il fiduciario Slow Food di Brescia e responsabile del Presidio Massimo Scarlatti. Ovviamente quello di pianura è un'altra cosa. "Una vigliaccata", lo definisce il segretario nazionale di Slow Food Silvio Barbero.
Del Bagoss e del Presidio si è parlato a fine aprile in un noto locale di Adro dove il padrone di casa Vittorio Fusari, con la spalla di Philipe Levéillé (lo chef dello stellato Miramonti l'Altro) è riuscito a stupire con le tante variabili cui può attingere il Bagoss nel piatto. Sicuramente la parentesi di maggior fascino della serata (anche se l'invadenza di una forma di Bagoss stravecchio non è stata sempre domata) per un pubblico bresciano che Bagolino lo conosce (o crede di conoscerlo) a puntino.
E in inverno? Fieno della valle
E infatti il bel volumetto di Paffuti che riscopre il formaggio, poi la valle, poi il carnevale, poi la storia dai Cenomani, poi la Serenissima, venendo in qua, aveva forse bisogno della penna stupefatta di un milanese. Di nuovo rispetto a quanto si è già scritto propone una collana di ricette delle tradizione locale e poi di grandi firme della cucina che ormai trattano il nostro formaggio come un tesoro.
Le fatiche della gente di montagna, che in questo caso sono ricompensate, sono tornate in campo con la testimonianza schiva di Michele Stagnoli. Il ventenne figlio d'arte ha raccontato della passione per la malga, della giornata dura.
E veniamo al ruolo di Slow Food che riunisce nel Presidio sette produttori ed ha il merito di aver dettato delle regole accettate volontariamente. Slow Food prescrive che il formaggio stagioni almeno 18 mesi, contro i consueti 12 e impone che il formaggio prodotto d'inverno sia frutto di latte munto da bovine alimentate con fieno della valle.
In realtà questo è l'unico punto debole delle vicenda. Slow Food sa bene (perché sta battagliando per questo in Val Gerola per il Bitto) che il formaggio estivo è un'altra cosa rispetto a quello invernale. In altre situazioni ha messo sotto tutela solo il prodotto di malga.
Gianmichele Portieri dal Giornale di Brescia
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