23 Settembre 2019, 08.41
Blog - Genitori e figli

Dimenticare un bambino in auto. Perché?

di Giuseppe Maiolo

Ti sconvolge non poco la notizia di un bambino dimenticato in auto da un genitore, come è accaduto di recente a Catania


Ti invade subito un misto di stupore e rabbia e ti metti alla ricerca di una possibile spiegazione mentre affollano la mente domande del tipo: “Come può accadere di scordarsi un figlio?” e “Perché capita di non sapere di averlo lasciato per un lungo tempo chiuso nell’auto?”

Interrogativi inquietanti con poche risposte. Tantomeno esaurienti. Le prime che ti vengono dalla pancia sono piene di sdegno, di indignazione e hanno a che fare con un giudizio morale, ma non è quello che serve.

Serve sapere da dove origina questa terribile storia, non nuova ma che si ripete. Possiamo fare ipotesi, alcune generiche e altre meno perché prevale la difficoltà a dare spiegazioni certe in quanto è complesso indagare la mente e scrutare le profondità della psiche.

Le neuroscienze oggi ci danno una mano. Ci dicono che si tratta di amnesia dissociativa transitoria, una specie di black-out con il quale, unitamente alla percezione alterata del tempo, finisci per “cancellare” alcune delle azioni che hai fatto.

È un disturbo raro e complesso che adesso sembra manifestarsi con una frequenza maggiore di un tempo e porta a compiere attività consuete che poi, senza un apparente motivo, vengono rimosse dalla coscienza, dimenticate. Le cause potrebbero essere date da eventi traumatici subiti o da uno stato di stress persistente. 

Ma ci sono anche condizioni non catalogabili come patologiche. Sappiamo che può capitare a tutti di non essere sempre “connessi” alla realtà e agire senza renderci conto di quello che stiamo facendo.

Una gran parte di queste situazioni dagli esiti anche gravi, è imputabile allo stress che del resto è in aumento e origina dal modo frenetico con cui viviamo e dalla necessità di doverci adattare a continue situazioni nuove.

Si aggiunga nella nostra epoca un pesante sovraccarico cognitivo che in gran parte deriva dalle sollecitazioni di ogni tipo che riceviamo dalla tecnologia digitale.

Così è corretto, almeno in parte, imputare allo stress azioni inimmaginabili, come la dimenticanza di un figlio in auto sotto il sole cocente dell’estate. Però è bene ricordare che lo stress rappresenta solitamente la causa scatenante.

C’è da chiedersi, piuttosto, quanto siamo consapevoli del fatto che in questo nostro tempo ciò che appare maggiormente compromessa è l’attenzione e l’autocontrollo. Esserne coscienti ci potrebbe aiutare a tenere a bada l’utilizzo che facciamo dei vari dispositivi per la comunicazione.

Ci può servire, ad esempio, per riconoscere e arginare un nuovo e pericoloso comportamento che chiamiamo “phubbing”.  Fenomeno particolare, collegato all’uso dello smartphone, che ci porta a prestare più attenzione al nostro dispositivo che all’altro cui siamo di fronte. Il rischio che questo modo di agire prevalga è elevato e gli studi confermano che si tratta di una nuova forma di trascuratezza relazionale.

Allo stesso tempo servirebbe domandarsi se nella tramatura inconscia di alcuni comportamenti, come quella mortifera dimenticanza di un figlio, non vi sia proprio la rappresentazione estrema della trascuratezza genitoriale che, con la complicità dello stress, porta allo scoperto un acuto conflitto interno o una inconsapevole dimensione di violenza la cui origine può venire da un’adultità poco evoluta o da una genitorialità mancante.

Naturalmente si tratta di ipotesi che non possono essere generalizzate, ma potrebbero servirci non solo per attivare accorgimenti tecnologici di protezione dei bambini, quanto per attribuire significati possibili a quei comportamenti che a prima vista sembrano incomprensibili e che necessitano di altri interventi di aiuto e prevenzione.


Giuseppe Maiolo
Psicoanalista
Università di Trento
www.officina-benessere.it


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