19 Gennaio 2020, 09.18
Blog - Maestro John

Agostino e la grande famiglia Abastanotti

di John Comini

È salito in Paradiso Agostino Abastanotti, marito di Franca Franceschetti (sorella del mio caro cognato Sergio), padre di Dario e di Paola


Dario (insegna all’ITIS di Vobarno ed è un provetto chitarrista) ha sposato la dolce Rita che l’ha reso padre felice di due meravigliosi ragazzi: Enrico e Daniele.

Agostino era conosciuto ed apprezzato dalla comunità per essere una persona onesta, impegnata nel sociale e legata alla famiglia. Durante la S. Messa mons. Italo, dinanzi ad una chiesa gremita, ha detto che Agostino ha sempre creduto nei valori umani e cristiani, che era un laico coerente ed impegnato nell’Azione Cattolica, della quale fu anche presidente.

Il parroco ha ricordato che nel presbiterio e nella sagrestia sono presenti dei lavori in legno realizzati da Agostino. Infatti era un artigiano provetto e molto preciso nel lavoro, eseguiva mobili apprezzati anche in Riviera. Anche la chiesetta dell’Oratorio contiene dei manufatti lignei di Agostino.

È stato testimone di nozze dei miei cognati Giovanni e Valeria, ai quali era legato da una sincera amicizia. Molte volte si ritrovavano, per far festa e ricordare gli anni della giovinezza. Ho letto nei ricordi scritti da suo cugino Antonio che Agostino da giovane fu tra i migliori atleti della squadra di atletica ed era un provetto calciatore.

Recitò nella Filodrammatica “Concordia”. I suoi fratelli sono: Vittorino (nato l’anno prima), Carla (tutti la ricordano molto bella, prestava servizio alla cassa del Cinema Salone), Anna (ha sposato il signor Goffi ed ha 6 figli), Gianfranco (fa parte del coro La Faita e si è sempre impegnato a tenere perfettamente in ordine una zona del Monticello, vicino alla sede degli Alpini, dove si sono svolti concerti e spettacoli) e suor Giuseppina detta Giusy (delle Piccole sorelle di Gesù, ispirate a Charles de Foucauld, vive in una comunità religiosa attiva nell’assistenza ai poveri, a Nettuno, vicino a Roma).

Tutte queste persone fanno parte della grande e bella famiglia Abastanotti, della quale è sorprendente scrivere l’incipit della storia.

Tutto comincia all’alba di lunedì 13 luglio 1826. Il frate portinaio che si occupa di aprire il portone dell’Ospedale di Salò trova un sacco appeso al battacchio: contiene un bambino abbandonato.

Non rimane sorpreso: in quegli anni e per quasi tutto l’800 in provincia di Brescia si abbandonavano una media di duecento bambini l’anno.
Lo devono battezzare perché non sanno se sopravvivrà. Lo chiamano Anacleto, come il santo del giorno.

Il cognome deve avere la stessa iniziale e per costruirlo i frati sfoderano le loro conoscenze di latinorum. È stato trovato quando l’orologio segnava l’uscita dalla notte? Ebbene “Ab asta noctis”, italianizzato in “Abastanotti”.

Portato al Brefotrofio dell’Ospedale Maggiore di Brescia, che accoglieva tutti (o quasi) i trovatelli della provincia, Anacleto sopravvivrà e alla pubertà verrà affidato ad un artigiano che gli insegnerà un mestiere.

Verso i vent’anni si trasferisce dalle nostre parti, sposa una ragazza trentina e dà inizio alla progenie. Per due generazioni l’albero genealogico rimane a ramo unico, finché ai primi del Novecento nascono Anacleto (pronipote del capostipite) e Umberto.

Avranno entrambi tre figlie e tre figli e dunque la famiglia si allargherà rapidamente. Come dimenticare il papà di Agostino, l’Anacleto, che era paziente e gentile bibliotecario presso la biblioteca parrocchiale di via Fossa.

La mamma di Agostino era Rizzi Cherubina, morta investita vicino alla chiesa di San Rocco, zia del mitico Mario, aggiustator di biciclette in piazza De Medici.

A proposito del ramo genealogico dell’Umberto, qualche settimana fa familiari e parenti si sono recati in pullman nella Capitale, dove hanno trascorso tre belle giornate. Da più di quarant’anni si riuniscono per un pranzo, per scambiarsi gli auguri e per consolidare i rapporti che vanno oltre la parentela, ma sono segno tangibile di amicizia e condivisione. Anche gli Abastanotti del ramo di Anacleto si sono spesso riuniti per un banchetto.

All’inizio Umberto riuniva figlie, figli, nuore e generi nel giorno del suo compleanno, il giorno di S. Rocco. Dopo la sua scomparsa, avvenuta nel 1989, Gabriele, il più giovane dei suoi figli propose di continuare la tradizione coinvolgendo nipoti e pronipoti. Dato il proverbiale appetito di tutti i componenti, il pranzo è sempre stato una grande festa a base di spiedo, ma non solo.

L’ultima volta Aldo, figlio di Antonio, non è potuto salire da Roma e ha inviato un messaggio: “Per farmi perdonare vi invito tutti al mio prossimo sessantesimo compleanno!”.

Quella che era sembrata una provocazione, come un sasso nello stagno ha lentamente, ma inesorabilmente allargato il cerchio del consenso tra i componenti della famiglia, che hanno maturato la decisione di prendere l’invito al balzo e scendere a Roma.
Il deus ex machina come sempre è stato Gabriele, che ha raccolto le adesioni, noleggiato l’autobus, organizzato il programma del viaggio con pernottamento presso la Casa per ferie “San Giovanni Paolo II” dei padri di Don Orione, alla Camilluccia.

Aldo e la moglie Alessandra, invece, dalla Capitale hanno pensato al versante turistico e culinario, scegliendo i percorsi di una visita, necessariamente breve.
Non tutti hanno potuto partecipare per impegni lavorativi e di altro genere, ma alla fine 28 famigliari dai due ai novant’anni si sono iscritti.

Partenza alle 6 del mattino del 21 dicembre, sosta a Brescia per caricare quelli che abitano in città e a Gussago e poi… via, verso la città eterna!

Nel tardo pomeriggio l’autobus faceva il suo ingresso nella Capitale e i nostri, dopo una panoramica sui Fori Imperiali, potevano effettuare una visita alla piazza del Campidoglio e all’Altare della Patria, con una guida molto brava che li ha seguiti anche il giorno seguente all’EUR e poi a San Paolo fuori le mura.

Il pranzo di compleanno di Aldo è avvenuto “Da Orazio” dei fratelli Valentini, nei pressi della villa che fu del grande attore Alberto Sordi. Nel ricco menù c’erano ovviamente piatti tipici della tradizione romana tra i quali la “pajata”, l’abbacchio, le puntarelle e i carciofi. 

Ad allietare le pause tra una portata e l’altra ci hanno pensato due musicisti veramente bravi: Claudia Tortorici (con una voce simile a quella della mitica Gabriella Ferri) e Nicola Di Già, chitarrista del celeberrimo Banco del Mutuo Soccorso. Il repertorio naturalmente spaziava nella storia della canzone romanesca, dagli stornelli più antichi fino a “La dieta” di Luca Barbarossa.

I nostri hanno pensato bene di integrare il programma intonando due canzoni della tradizione bresciana care al compianto nonno Umberto e a nonna Rita: “En do et Batista col zerlo” e “El tò caro Burtulì”. La sera è stata dedicata al suggestivo spettacolo di Piazza San Pietro illuminata per i presepi e per il gigantesco albero sotto “un manto di stelle”.

Il mattino seguente visita a Palazzo Madama (che fu dei Medici e ora sede del Senato) e a Palazzo Giustiniani, dove Aldo svolge la sua professione di cuoco. Una visita molto interessante ed istruttiva, guidata da un’assistente parlamentare di notevole capacità comunicativa.

Dopo la visita a San Luigi dei Francesi, per ammirare i capolavori assoluti del Caravaggio, giro a Piazza del Pantheon, alla stupenda Piazza Navona e poi giù, nella pancia di Roma, nella trattoria Maccheroni con tanto di Cacio e pepe, Carbonara, trippa e via dicendo, anzi, mangiando.

Il viaggio di ritorno è stato piacevolissimo con progetti di viaggi futuri: la famiglia non si arrende.

Concludo pensando al caro Agostino, che ora incontrerà mio cognato Sergio Franceschetti, don Luigi e la zia Ninì… chissà se si faranno una partitina a briscola, nell’infinito azzurro del Cielo…

Ci sentiamo la settimana prossima, a Dio piacendo
Maestro John


Nelle foto:
- Agostino con la moglie Franca e gli amici Italo Baresi e Caty
- Il caro Agostino mentre firma come testimone di nozze di Giovanni e Valeria
- Il gruppo degli Abastanotti (ramo dell’Umberto) a Roma
- A Palazzo Madama, nell’Aula del Senato


Grazie per la preziosa collaborazione a mia sorella Rita e al mio grande amico Mauro.



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