18 Agosto 2019, 08.30
Blog - Maestro John

Le «mie» montagne

di Maestro John

Amo la montagna. Silenziosa, magica, incantata. Sulla montagna sentiamo il sollievo di dimenticare le miserie terrene, perché siamo più vicini al cielo

 
La montagna è una straordinaria maestra di vita. Anche se io sono un uomo di pianura. Al massimo di collina. Se c’è un piccolo dislivello, mi vengono il fiatone e la lingua a penzoloni. E poi soffro di vertigini.
Che razza di “alpinaccio”, eh?! Ma ora vorrei raccontare a volo d’aquila alcuni luoghi montuosi che ho conosciuto durante la mia vita.

La prima non è una vera e propria montagna, e infatti si chiama Monticello.
Da bambino salivo a giocare con mia sorella Valentina, accompagnati da mia sorella Rita. Sul Monticello c’è la sede degli Alpini, sempre a disposizione per incontri, campi Amicizia e feste, dove non mancava mai il mio caro cognato Sergio Franceschetti. Lungo le strade verso il Monticello si trovano le santelle della Via Crucis, con i dipinti segni della pietà popolare e vere opere d’arte (realizzate da artisti come Silvio Venturelli, Oscar Di Prata, Domenico Giustacchini, Gianfranco Caffi…)

Salendo oltre si va in Tesio, un posto che è davvero un incanto, immerso nel verde e nel silenzio.
Qui c’è la casa del Comune (per anni gestita dal signor Comini, padre dell’interista Mirko).
Qui, a settembre, bambini e famiglie si ritrovano per la Festa del Creato.
Qui molta gente va per funghi, fa belle passeggiate e va in mountain bike.
Qui ho assistito ad un bellissimo spettacolo sulla scalata in montagna, organizzato dal Club Alpino Italiano di Gavardo in occasione del suo 70°.
Qui  ho partecipato alla Festa Alpina con il Gruppo di Gavardo, con l’alzabandiera, la Santa Messa celebrata da mons. Italo (alpino doc!) nella bianca chiesetta e l’immancabile spiedo allietato dai simpatici musicisti della Fanfara “Valchiese”.
Qui, quando in paese ci si scioglie per il caldo, salgo con la mia Punto rossa e leggo i libri, e odo il vento “stormir tra queste piante”.
Spesso ho incontrato Antonio Poli e il mitico Renato Paganelli, con i suoi occhi azzurri, la sua visione del mondo, le sue parole gentili e profondissime.

Poi c’è la Faita, una splendida collina che ha dato il nome all’eccelso coro. Si diceva che ci fosse la casa del frate senza testa.
Ricordo che col mio caro cognato Angelo Barovelli ci eravamo messi sul sentiero per dimagrire.
Dopo una faticosa salita, abbiamo trovato una rustica locanda…
La roba ai ferri, che, innaffiata da buon vino e tante risate, ha rallegrato i nostri cuori. Siamo discesi dalla collina zigzagando. Non siamo calati per niente, quel giorno, ma è aumentata la nostra felicità.
Con Angelo e famiglia siamo andati in Valdaora, tra case tipiche e boschi scintillanti. Caro Angelo… ci hai lasciato troppo presto. Non passa giorno in cui non ti ricordi. Il tuo sorriso illumina i miei giorni.

Alle Magistrali sono stato a Vezza d’Oglio, per un corso educativo condotto da pedagogisti di prim’ordine. C’era il professor Chizzolini, una persona davvero aperta al mondo, che mi diceva sempre: “Giovanni, ho fiducia in te!
Una sera ho inventato un monologo, tutti i compagni mi hanno applaudito ed il professore si è complimentato con me. Uno dei rari momenti di felicità, in un’adolescenza inquieta e malinconica.

E poi c’è il Monte Magno, dove salivo, in sella alla moto dell’amico Ivano Maioli, per fare da animatore nella colonia.
Era gestita con sapienza dal mitico don Antonio Andreassi (ricordo una cena a casa sua: c’era il cane lupo che mi girava tra le gambe, ed avevo una fifa del diavolo…).
Adesso la colonia è stata ristrutturata, grazie al generoso apporto dei volontari, e trasformata in un complesso accogliente, con un’ampia sala da pranzo, le cucine, miniappartamenti e 70 posti letto. Attorno, un parco davvero magico, incastonato nel paesaggio del monte.

La casa - e questa è una bellissima cosa, è a disposizione non soltanto dei soprapontini, ma di tutti i gruppi e associazioni che ne facciano richiesta.
Lì vicino c’è la Baita degli Alpini, dove recentemente, tra canti e buon vino, ho gustato cose che voi umani non potete immaginare!

Da ragazzo sono stato in Gaver, in campeggio con don Erminio. Ricordo un ruscello con acqua freschissima, le tende, le canzoni intorno al fuoco, la felicità di vivere in mezzo alla natura.
Il sottoscritto (tutto casa, chiesa e oratorio) è andato con quelli dell’oratorio a Monte Zugna. C’era don Eugenio, la “sua” Olimpia, faceva da mangiare la Giuseppina (mamma della mia cara e dolce cognata Giovanna Maccarinelli).

Ricordo che c’erano vari incontri sulla realtà giovanile e sul significato di essere cristiani, e si facevano spesso seduti sull’erba, nella natura incontaminata.
La sera facevo un gran ridere con i miei compagni di camerata, tra i quali Roby Ortolani. Un giorno sono arrivati carabinieri, vigili del fuoco e quant’altro: una donna (era ferragosto) si era persa nei boschi, e siamo andati alla ricerca anche noi.
Si chiamava Antonia, e noi continuavamo a gridare “Antonia! Antonia!”. Poi abbiamo saputo che la poveretta aveva camminato tutta la notte in mezzo agli alberi giù per la montagna, ed era stata ritrovata dopo un’avventura davvero sconvolgente.

Anche a Monte Zugna c’erano le canzoni intorno al fuoco, e mi ricordo che le cantava con noi Renzo Giacopuzzi, che ora è in cielo tra le stelle.
Con i ragazzi dell’Oratorio sono stato anche Vigo di Fassa, in Trentino, una magnifica terrazza naturale sulle Dolomiti.

Poi sono stato a Villabassa, in Trentino-Alto Adige, insieme ai miei amici Paolo Goffi e Deni Giustacchini.
Si trattava di un incontro di ragazzi e ragazze organizzato nella Casa tenuta dai Padri Scalabriniani, persone semplicemente stupende.
Qui mi sono inventato il soprannome di John il saccheggiatore, mi piaceva molto discutere sui vari temi della vita.
Qui ho incontrato anche Salvatore di Napoli, che poi, quando ho fatto il militare a San Giorgio a Cremano (corso per marconisti), la domenica mi veniva a prendere in spider rossa, mi offriva il pranzo (aveva anche delle bellissime sorelle…) e mi faceva conoscere le bellezze di Napoli.

Volete ridere? Quando sono passato da Napoli in viaggio di nozze, l’ho cercato, ma non rammentavo il suo cognome. Sapevo solo che abitava in Via Orazio… ma è enorme! E poi, cercare un Salvatore a Napoli è come cercare un ago nel pagliaio…o no?! Eh eh eh!

Trasferito a Merano, alla Caserma Rossi, ho partecipato come addetto alle comunicazioni radio al campo invernale, in Val Venosta.
C’era la neve, il paesaggio delle montagne era fantastico: io ero felice, con la mia tuta mimetica, il mio cappello alpino e i miei scarponi. Certo, la mia bravura alla radio non era al top, se gli austroungarici ci avessero attaccati temo che avremmo subito una nuova Caporetto…

Varie volte sono stato nella bellissima Valvestino, mio zio don Tranquillo era stato parroco a Turano (stasera sarà lì con la Signora Maria) e i miei cognati Gabriele e Teresa mi hanno ospitato nel fienile ristrutturato a Magasa.

Altre montagne? Quella di Bondone, sempre in Trentino, nel comune più meridionale della Valle del Chiese (ah, il Chiese!).
Qui c’era la colonia dei gavardesi (da Livemmo si era spostata a Valledrane e poi qui), i miei cari genitori spesso ci andavano per respirare aria fresca e per accompagnare mia nipote Nazzarena.
Qui salgo tutti gli anni per assistere al suggestivo festival del teatro di Strada.

Come dimenticare il monte Stino, nel territorio di Capovalle? Ci sono salito con i miei “ex” alunni e con altre classi, per un percorso sui luoghi della prima guerra mondiale organizzato dal mio grande amico maestro Angelo Mora, grazie al Gruppo Alpini, alla Protezione Civile e all’Associazione Combattenti e Reduci di Prevalle.
Prima abbiamo visitato il bel Museo dei reperti bellici. Poi rancio al rifugio. Una vera goduria! Le alture sono disseminate di resti di opere militari, un vero museo a cielo aperto.

Alcune volte sono salito al lago della Vacca, situato a 2358 nell’alta valle del Caffaro. Ci sono stato anche con gli amici Anna ed Antenore, che mi ospitano spesso nella stupenda Bagolino.

Con gli amici del Teatro Gavardo siamo saliti al Rifugio Garibaldi, ai piedi dell’Adamello, per rappresentare “Dov’è Nicolajewka?” e  ricordare il sacrificio dei soldati italiani nella neve di Russia.
Mentre il materiale scenico veniva trasferito con la teleferica, siamo saliti, zaino in spalla, fino al Rifugio (2.550 mt) di proprietà del Club Alpino Italiano (Sezione di Brescia).
Che sudata fare il ripido “calvario”, famosa mulattiera militare della Grande Guerra (per la fatica avevo le visioni mistiche).
La notte il cielo era ammantato di stelle. Il mattino lo spettacolo è stato replicato all’aperto: l’Adamello, nel cielo terso, si specchiava nel lago di Venerocolo.

Molte volte son salito verso lo stupendo Monumento Naturale dell’Altopiano di Cariadeghe, sopra Serle, dove c’è il meraviglioso monastero di San Bartolomeo. Dove sei, adesso, Iuschra?

Ho lasciato per ultimo le montagne delle Pertiche, con la “mia” Livemmo.
E qui mi prende la commozione, e ringrazio Dio per la bellezza del Creato.

Ci sentiamo la settimana prossima, a Dio piacendo
maestro John


Nelle foto:
1)Gavardesi nella colonia di Bondone
2)I miei amici Anna ed Antenore, nello splendore delle montagne
3) I villanovesi “Ceci” Cattaneo ed il marito Aldo Zambelli a Vigo di Fassa con il C.A.I.
4) Il maestro Angelo Mora, grande appassionato di montagna



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