06 Aprile 2020, 08.47
Racconti del lunedì

Due fedelini al burro

di Ezio Gamberini

Quando la mamma si alzava al mattino, ci metteva un secondo a capire che la sera prima ti eri cucinato due fedelini al burro…
AUDIO


Avevi lasciato le tracce, costituite dal pentolino e dal piatto sporchi nel lavello della cucina, quando la sera leggevi i tuoi amati gialli fino a ore impossibili, mentre la mamma e noi figli eravamo a letto.

Caro papà, mi sembra di averti qui davanti, mentre sto scrivendo al computer. Grazia è già andata a riposare, la raggiungerò più tardi.

“Che brutto periodo, papà: non possiamo più muoverci, le nostre libertà non esistono più!”.


Lo so, a te è accaduto di peggio, quando a vent’anni, nel 1942, fosti arruolato nell’esercito e spedito a Palermo, e poco dopo ti ritrovasti prigioniero in un campo di detenzione in Algeria, privato della libertà sino alla fine del conflitto.

Ma anche prima non è stato facile per te: a sei anni morì tuo padre, mentre tua madre finì in un sanatorio, con il sospetto di avere una tubercolosi, che in realtà non contrasse mai, e così fosti ospitato dai Padri della Pace, in città, fino ai diciotto anni.

“Sai papà, tutto è cominciato in Cina, sembrava una cosa lontana, che non ci avrebbe mai sfiorato, un po’ come le malattie terribili che scoppiano in Africa… Lo chiamano “Coronavirus”, perché questo virus è circondato da una specie di corona, e COVID-19, come l’hanno denominato, è divenuto il termine più comune negli ultimi tre mesi, in tutto il mondo. Sì, perché dopo la Cina, il virus si è trasferito in Europa, manifestandosi in maniera aggressiva inizialmente da noi, nelle nostre provincie. Ma il virus in poche settimane ha infestato tutto il mondo, colpendo in particolar modo le persone più fragili e anziane. Trump ha detto che si aspetta duecentomila morti, ma se fossero soltanto centomila: ‘Avremmo fatto un buon lavoro’”.


Mi sembra di vederti strabuzzare gli occhi, come se tu dicessi:

“Trump, chi è Trump?”

“Ma si, è quello che assomiglia al cartone animato americano ‘American Dad’, il mascellone dal ciuffo pronunciato…”.

Ringrazio il cielo di essere nato in Italia, un paese in cui l’assistenza sanitaria è garantita a tutti, indistintamente (e noi saremmo considerati inferiori!), anziché in un paese tecnologicamente più avanzato, finanziariamente più evoluto, ma umanamente davvero sciagurato, se lascia crepare come un cane chi è sprovvisto di assicurazione sanitaria.

E in Gran Bretagna il premier Boris Johnson all’inizio dell’epidemia, forse pensando, come spesso succede, che il problema sia soprattutto degli altri, pronostica l’avvento di una ‘immunità di gregge’, in realtà sostenuto in questa tesi da altri paesi nordici: in sostanza, afferma che bisogna lasciare circolare il virus, il quale causerà sicuramente dei morti, ma proprio in seguito alla sua generalizzata propagazione renderà immune il popolo dell’isola britannica.

Ignoro se a fargli mutare idea, e introdurre in tutta la nazione le contromisure adottate da ogni paese, suo malgrado, in primis l’Italia, sia stata l’Organizzazione Mondiale della Sanità, la quale gli ha sommessamente fatto presente che questa decisione avrebbe causato milioni di morti, cioè gli individui più anziani e fragili, oppure la circostanza che lui stesso sia stato infettato dal virus, con l’obbligo di quarantena, e per di più reiterata a causa della persistenza dei sintomi.

“E poi, papà, senti l’ultima: il presidente filippino Rodrigo Duterte ha ordinato alle forze di sicurezza di sparare a morte a chiunque violi la quarantena nelle aree chiuse a causa della pandemia”.

Adesso mi pare di cogliere nei tuoi occhi un senso di smarrimento e incredulità; tu, che pure hai provato le sofferenze causate dall’aver trascorso l’infanzia e l’adolescenza in un orfanatrofio, e che comunque hai formato una famiglia meravigliosa, trasmettendo ai tuoi figli valori veri, e che hai vissuto le pene di una guerra mondiale… ti pare impossibile ciò che stiamo vivendo oggi, sembra tutto così surreale!

Trascorrono così alcuni minuti,
ma poi sento che l’atmosfera sta mutando, e mi sembra di vederti, mentre mi osservi; il tuo sguardo adesso è più benevolo ed espressivo: non c’è bisogno di aggiungere altro, tra di noi c’intendevamo al volo… ho capito!

Apro la porta in cucina ed esco nell’orticello a prendere un rametto di rosmarino e qualche foglia di salvia (il 19 marzo, San Giuseppe, ho tagliato tutte le piante di salvia, ma lasciando qualche rametto per le emergenze!), le metto in un pentolino di acqua, aggiungo una manciatina di sale grosso e faccio bollire.
Questo accorgimento, appreso da un noto chef, conferirà alla pasta un aroma gradevolissimo.

Non ho i fedelini, ma vanno bene degli spaghettini n.3
di una nota casa napoletana.
Quando l’acqua bolle, li butto, e poco dopo in una padella metto un’abbondante dose di burro che sciolgo a fuoco lento. Non deve soffriggere, ma solo scomporsi, e dopo otto minuti, quando la pasta è pronta, la scolo e la verso nella padella, la faccio saltare due o tre volte, aggiungendo qualche cucchiaio di acqua ricca di amido nella quale ho cotto gli spaghettini, fondamentale nel favorire l’amalgama dei due ingredienti.

Un pizzico di pepe, una generosa manciata di Parmigiano Reggiano grattugiato e… sì, adesso mi stai proprio sorridendo!
Grazie papà, grazie per tutto ciò che ci hai insegnato, per il tuo esempio. Spero che i miei figli possano dire lo stesso di me.

Vieni ancora a trovarmi, ti aspetto.
Ciao, caro papà.






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