08 Aprile 2015, 13.39
Casto Mura
Briciole di Cultura

Colloqui artistici tra centro e periferia nelle opere di grandi pittori in Valle Sabbia

di Alfredo Bonomi

Di Alfredo Bonomi


L’importanza e l’attrazione artistica di una zona si misurano essenzialmente dalla presenza di opere di grandi artisti perché sono il segno più evidente di un rapporto proficuo tra i grandi centri, dove è fiorita meglio l’arte, e le periferie geografiche.
Naturalmente questo dato non sminuisce il valore dell’ ”arte locale”, cioè di quelle manifestazioni d’ingegno, di intelletto e di creatività che testimoniano la versatilità di una popolazione.

Il caso della Valle Sabbia è emblematico; infatti accanto a tutta una serie di espressioni artistiche, frutto di ingegni locali, come gli intagli lignei, presenta un percorso di “grandi firme”, tali da testimoniare un flusso costante di sollecitazioni provenienti dalle città o da aree esterne alla valle, e la presenza in loco di committenti esigenti, ambiziosi, intelligenti e dinamici nei loro commerci e negli spostamenti.

Il “viaggio artistico” in Valle per godere la bellezza dell’arte di alto livello è di abbondanti sollecitazioni, specialmente in campo pittorico.
Basta percorrerlo , anche in modo sintetico, per rendersi conto di trovarsi di fronte ad un grande museo diffuso.

Quando si parla della grande pittura bresciana della fine del 1400 e della prima metà del 1500, quella che non è diventata una nota “Scuola” a livello nazionale solo perché la città, anche se sempre ricca, non è stata capitale di un Ducato, o comunque di un potere politico autonomo, il pensiero corre necessariamente ad Alessandro Bonvicino detto il Moretto (Brescia 1498 ca. 1554).

Il ritmo composto delle sue figure, l’armonia dell’insieme, la forza del colore, la presenza di un profondo timbro psicologico e spirituale, ne fanno un maestro al livello nazionale.
Ebbene, in valle ci sono due sue splendide opere, oltre ad una serie di altri quadri frutto di pittori che hanno guardato a lui e che sono noti come “moretteschi”.
*

Nel santuario di Paitone, attorniata da altre opere d’arte frutto della fede dei devoti, s’impone la pala rappresentante l’apparizione della Madonna al sordomuto Filippo Viotti, realizzata intorno al 1534.
Le fonti dell’epoca ricordano che nell’agosto del 1532 «…Raccoglieva un contadinello more silvestri nel seno di quel monte, a cui apparve Maria Santissima in sembianze di Grave Matrona, cinta di bianca veste, commettendogli, che facesse intendere a què Popoli, che al di lei nome edificassero una chiesa in quella sommità».

Il Moretto ha ripreso il momento dell'apparizione e ne ha fatto un capolavoro.
la figura della Vergine, per la delicata tinta argentea della sua lunga veste, fa  un'impressione profondamente poetica.
C'è nella Madonna una severa dignità ed un filo di malinconia per la percezione delle intemperanze umane.
Il dipinto è un evidente contributo dell'artista a quel nuovo fervore nella devozione della Vergine, diffuso in quegli anni anche per contrastare gli influssi antimariani della propaganda protestante.

Venendo nel cuore della valle, nel santuario della Madonna ad Auro nel Savallese, il Moretto ha lasciato un altro notissimo capolavoro: il "Sant'Antonio abate". E' una delle opere notevoli del Moretto, datata tra il 1530 e il 1535.
L'autorevolezza del santo, la sua severa espressione, austera e benigna sembrano trasformarsi in un grande abbraccio per accettare tutte le speranze e le sofferenze delle popolazioni della Valle Sabbia.

La cifra dominante è un realismo reso ancora più evidente dai colori brillanti quasi che l'artista avesse la preoccupazione di comunicare meglio il suo messaggio alle popolazioni più umili.
La presenza di questa straordinaria tela nel Savallese richiama anche il forte legame che importanti famiglie cittadine, come i Savallo ed i Montini,  hanno mantenuto con la loro terra d'origine.
Per approfondire meglio l'importanza lasciata in Valle, dalla pittura del grande Moretto è utile una visita alle chiese di Sabbio, Preseglie e Bione per ammirare le opere di alcuni "moretteschi".

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Proseguendo lungo quella che fu l'antica "strada regia", prima di giungere a Ponte Caffaro, nell'antica chiesetta di S. Giacomo era conservata (ora collocata provvisoriamente in luogo più sicuro) la preziosa pala di Giuseppe Porta detto il Salviati (Castelnuovo Garfagnana 1520 - Venezia 1575).
Rappresenta la "Madonna in Trono con il Bambino, tra i santi Valentino, Filippo, Marco e Giacomo" ed è stata eseguita intorno al 1540. E' l'unico quadro di questo importante pittore presente nel Bresciano.

Venne ritirata a Verona il 15 Luglio 1568 da Pietro de Sartori, delegato della Comunità di Bagolino.
Considerato l'alto costo della tela, il comune intervenne pagando parte della somma pattuita.
Questo dato ci ricorda ancora oggi che le opere d'arte hanno sempre richiesto costi elevati perché hanno sempre segnato il grado di civiltà di una comunità.

Giuseppe Porta, che ha aggiunto accanto al suo nome quello del Salviati per ricordare un grande pittore che a Roma gli aveva insegnato molto, si è formato nel clima culturale toscano e romano ma ha fatto di Venezia la sua città di adozione lasciando nelle sue chiese e nei suoi palazzi parecchie opere.

Lodato, tra gli altri, dal Vasari, che ne "Le Vite" gli dedica un'ampia disamina, da Torquato Tasso, dal Sansovino e da numerosi altri grandi personaggi dell'epoca, ebbe il merito di fondere a Venezia modi centro italici, con le tradizioni pittoriche venete «nella qual cosa non ebbe chi lo precedesse o lo imitasse, cosicché fece scuola da se».

La presenza a San Giacomo di una pala così importante dimostra la propensione che il comune di Bagolino ha sempre avuto a rivolgersi ad artisti di prim'ordine per decorare le sue chiese.
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Nella chiesa di S. Faustino di Bione sono conservati tre teleri di Giacomo Ceruti detto il Pitocchetto (Milano 1698-1767). Rappresentano " La condanna a morte dei santi Faustino e Giovita", "Sant'Apollonio benedice i santi Faustino e Giovita" ed "Il martirio dei santi nell'arena" e sono stati eseguiti intorno al 1734.

Sono tre esempi significativi delle opere a soggetto religioso del pittore assai noto per i suoi "pitocchi", cioè per l'attenzione ai poveri ed agli indigenti, allora diffusi in abbondanza. Nelle sue tele acquistano una loro dignità di uomini ed hanno una loro precisa personalità. Non ha ritratto i poveri solo per diletto decorativo ma ha aperto una "finestra" su un aspetto dolente dell'umanità, una sorta di richiamo sociale alla solidarietà.

Sulle doti artistiche del Pitocchetto sono eloquenti le parole del critico d'arte Davide Dotti: «Lo sostengo da sempre: Giacomo Ceruti è il più grande pittore del 1700 italiano Non c'è Tiepolo, Crespi o Giaquinto che regga il confronto: le folgoranti "istantanee di realtà" del Pitocchetto sono la quintessenza dell'arte del secolo dei Lumi.»

Alcuni studiosi attribuiscono al Ceruti altri affreschi esistenti nelle chiese del paese. Non è certa la ragione della presenza in quel di Bione di parecchie opere del Pitocchetto. Ci sono alcune tesi ma sono soltanto ipotesi. Per ora rimane una preziosa testimonianza che richiama il percorso di un grangiuseppe porta, dissimo pittore.

Il "viaggio" potrebbe continuare con tappe importanti perché nelle chiese valligiane ci sono parecchie altre pitture della bottega del Tintoretto, di Palma il Giovane, di Pietro Ricchi e di altri, ma bastano le tre tappe richiamate per renderlo appetibile.

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Si parla dell'EXPO di Milano, come un'occasione unica per far conoscere le peculiarità dei territori lombardi e italiani. Il "viaggio" nella grande arte valligiana, da Moretto, al Salviati al Pitocchetto, è una "carta d'identità" di alta qualità.

E' la dimostrazione più evidente di un "colloquio artistico" tra la valle e gli ambienti più disponibili, come le città, alla produzione artistica, come a dire che il "laboratorio artistico", quando è stato versatile ed attivo, non ha tralasciato territori non "geograficamente al centro".

E' una lezione su cui meditare seriamente.

Alfredo Bonomi



Commenti:
ID56944 - 09/04/2015 22:12:45 - (sonia.c) - grazie professor Bonomi.

passiamo distratti accanto a tante meraviglie di cui non conosciamo ,in primis,il valore della nostra grande cultura e storia..non le vediamo proprio. mea culpa...

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