30 Maggio 2014, 09.47
40° Piazza Loggia

Vangelo e Costituzione

di Marisa Viviani

Anche don Luigi Ciotti, fondatore di Libera, in prima linea nella lotta alla mafia, è intervenuto alla commemorazione dei 40 anni della strage di Piazza della Loggia a Brescia


«Ho due grandi riferimenti nella mia vita, il Vangelo e la Costituzione». Sono le parole che don Luigi Ciotti ha pronunciato il 28 maggio scorso davanti alla folla che lo ascoltava, e alla viva presenza degli otto caduti di Piazza Loggia, ancora senza giustizia dopo 40 anni dalla bomba che li uccise.

 «Alberto, Bartolomeo, Clementina, Euplo, Giulietta, Livia, Luigi, Vittorio – ha infatti detto don Ciotti citando i nomi delle otto vittime della strage – sono qui con noi, e ci hanno lasciato un'eredità importante: la responsabilità». E' intorno a questa parola, responsabilità, che si è sviluppato così il suo discorso. Un discorso intenso e appassionato.

«Ci stanno rubando le parole. Tutti parlano di giustizia, di libertà, ma le parole sono svuotate».
I riferimenti alla realtà sociale e politica italiana non impongono qui esemplificazioni, tante ne abbiamo già ad invadere la nostra vita quotidiana con la loro distruttiva negatività per non esserne consapevoli; don Ciotti di esempi invece ne ha fatti, lui che vive sotto minaccia costante a causa del suo impegno contro l'illegalità, la corruzione, la mafia. Ed è lì, sullo scenario devastato dell'etica pubblica, e privata, che parole come giustizia e libertà, si svuotano di valore e significato in assenza di reale uguaglianza, equità, rispetto, dignità.

«Il 75% dei famigliari delle vittime di mafia non conosce ancora i colpevoli. I nostri morti ci chiedono di restituire senso alle parole. La verità percorre le vie di Brescia, così come in altre città offese; le ferite ancora aperte dei famigliari ricercano la verità e impegnano le coscienze. In questa piazza è stata ferita la Costituzione, dove la parola verità è implicita e lega tutte le altre parole che vi compaiono. Dobbiamo ribellarci all'illegalità, noi siamo qui per loro, i nostri morti, per non delegare lavandoci le mani, indifferenti, ma per assumerci la responsabilità. E' un grido affinché si affermi la giustizia nel nostro Paese, affinché la Costituzione sia concretizzata nei fatti; non si può essere cittadini a intermittenza, non basta commuoversi di fronte alle tragedie, bisogna muoversi. Dobbiamo riconoscere la nostra responsabilità, che non è fatta di silenzi, di omissioni, di reticenze, ma di impegno al servizio degli altri; i nostri morti ci chiedono fatti non parole vuote.
Il cambiamento ha bisogno di ciascuno di noi, non bisogna arrendersi alla fatalità, al cinismo; dobbiamo stimolare chi governa perché abbia più coraggio, il potere deve essere democratico, trasparente, condiviso, troppo a lungo è stato accumulato, usato per interesse personale. La democrazia in questa piazza è stata ferita, ha bisogno della nostra responsabilità. Perciò siate eretici! In greco antico eresia significa scelta; siate coloro che scelgono, che scelgono la responsabilità, la ricerca della verità, la democrazia nell'impegno, l'etica; siate coloro che mettono al centro il noi, troppi io hanno sacrificato il noi, l'etica non è opera di navigatori solitari. Siate eretici, chi è eretico si mette al servizio degli altri. I nostri morti ci chiedono responsabilità: facciamoli vivere».

Ha molto colpito in questo discorso di don Ciotti (qui purtroppo riassunto per sommi capi) la determinazione delle idee, la volontà, l'applicazione dei principi e dei valori tradotta in fatti concreti importanti, non nelle vuote parole di “quelli che si autoassolvono con una partecipazione formale e non fattiva”. Aver fondato l'associazione Libera, in prima linea nella lotta alla mafia, ha scatenato contro don Ciotti la furibonda reazione della criminalità organizzata, ed impressiona vedere un uomo di chiesa scortato da guardie del corpo che lo proteggono da minacce di morte a causa della sua testimonianza del Vangelo espressa come sacerdote e della sua fedeltà alla Costituzione Italiana espressa come cittadino. Ma don Ciotti tira dritto e cita un confratello di fede e di testimonianza evangelica, don Tonino Bello, vescovo, direttore di Pax Christi, che fu attento alle povertà e al disagio sociale: “Non fidatevi dei cristiani che non si sporcano le mani”. Un messaggio che laicamente tradotto per tutti i cittadini significa scegliere la responsabilità.

Nelle foto di Luciano Saia: Il discorso di don Luigi Ciotti  il 28 maggio in Piazza Loggia per il 40° anniversario della strage.



Commenti:
ID45015 - 30/05/2014 18:22:57 - (sonia.c) - verità è chiamare con il loro nome gli atti di violenza..

quali che siano le forme che assumono. bisogna chiamare l'omicidio con il suo nome;l'omicidio è un omicidio, e le motivazioni politiche o ideologiche,lungi dal cambiarne la natura,vi perdono,piuttosto,esse stesse la loro dignità..Giovanni Paolo ||

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