C'č chi si lamenta di Halloween, tradizionale festa americana che perň non sarebbe tanto distante da certe pratiche scaramantiche tutte nostrane.
Qualcuno si lamenta di Halloween (leggo dal vocabolario: vigilia di Ognissanti) come di un evento trasgressivo e lontano dalla nostra tradizione, inopportunamente importato dagli Stati Uniti.
Ho sentito, però, alcuni nostri vecchi raccontare di aver festeggiato da bambini qualcosa di simile, di aver trasformato zucche spolpate in facce beffeggianti illuminate da candele e di averle portate di casa in casa chiedendo cantilenanti “la carità dei poer morcc”. La zucca illuminata avrebbe dovuto, nell’intento, impaurire la gente al punto da costringerla a sborsare nella notte misteriosa qualche frutto o caramella. Non sono una studiosa di tradizioni, ma mi sembra chiaro il desiderio di esorcizzare in un momento collettivo, trasgressivo e ridanciano, la paura della morte, nel periodo della commemorazione dei defunti, gravato dall’approssimarsi del freddo invernale. Del resto più avanti, in pieno inverno, anche la più famosa e brutta delle streghe bitorzolute, che si chiama befana per assonanza col greco epifà neia, diventa per tradizione insospettabilmente prodiga di doni e godimenti.
E’ vero che la moda di Halloween viene dagli Stati Uniti, ma qui pare aver trovato, al di là delle commercializzazioni, terreno fertile sovrapponendosi alle nostre tradizioni e alle nostre paure ancestrali, che sono universali.
Posso comprendere l’intento da parte dei nostri oratori di contrapporre ad Halloween Holyween, una festa più santa e più pura che sostituisca alla trasgressività dell’horror la bellezza della vita dei Santi, ma non vorrei che si schierasse l’esercito dei buoni (si parla già di sentinelle del mattino) contro i cattivi, con il rischio di perdere di vista l’uomo nella sua interezza.
Credo che sia importante mantenere vive le nostre tradizioni, anche se rasentano l’orrido (bruciare la vecchia a metà quaresima, ad esempio, o il carnevale), accettandole per quello che sono, anche all’interno degli oratori, così come si faceva una volta, quando ero bambina. La fede ( fortunato chi la possiede) è un fatto intimo e profondo e non ha bisogno di schierare nuove mode o sbandierare santini per fare proseliti ed accettare l’altro.
Chiara Barbieri
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