07 Maggio 2017, 10.43
Gavardo
Maestro John

Scriverò il tuo nome

di John Comini

Guardo la calligrafia di mio papà. Scriveva in modo meravigliosamente ordinato, sembra stampato. Sì perché nella scuola di un tempo c’erano gli esercizi di bella scrittura


Ora il computer ti mette le parole in ordine, tutto chiaro e ordinato. Ma una volta si scriveva con il pennino e con l’inchiostro. Bisognava intingere più volte la penna nel calamaio e stare attenti a non fare macchie. Una buona scrittura si basava su posizione del corpo, delle braccia e delle mani, impostazione di penna e quaderno, rispetto di margini, ordine e leggibilità. Molti pensano che lo scrivere oggi sia inutile, in presenza di mezzi veloci e potenti e sempre più diffusi come i computer.

Scrivere a mano è faticoso
, è darsi una disciplina, rispettare una regola, un po’ come i frati amanuensi. La scrittura è connessa allo sviluppo delle capacità cerebrali nella fase dell’infanzia e dell’adolescenza. La scuola nella maggioranza dei casi presentando i caratteri grafici partendo dallo stampato maiuscolo, passando allo stampato minuscolo ed approdando al corsivo. Ci sono moltissimi bambini e ragazzi che hanno una scrittura illeggibile: un gravissimo problema che si riversa sulle insegnanti e un danno per loro stessi. Ma oggi vorrei dire a tutti: scrivete! Anche male, anche se sembra una “scrittura da gallina”, anche se ci sono errori, ma scrivete! Non abbiate paura. Sarà perché quando ero a scuola mi salvavo sempre con i temi, sarà perché sono diventato maestro grazie a un tema, sarà perché scrivere è come combattere la noia e la solitudine. E non fa niente se nessuno ti legge. Tu scrivi!

E se pensi di non avere nulla da scrivere, scrivi! Perché scrivendo s'impara a scrivere. Come ha scritto De André:
“Perché scrivo? Per paura. Per paura che si perda il ricordo della vita delle persone di cui scrivo. Per paura che si perda il ricordo di me. O anche solo per essere protetto da una storia, per scivolare in una storia e non essere più riconoscibile, controllabile, ricattabile.” E Susanna Tamaro: “Scrivere è uno dei sistemi più semplici e più profondi per fare chiarezza dentro di sé e per tramandare la memoria delle nostre esistenze. Io sono convinta che la scrittura non serva per farsi vedere ma per vedere.” E Marguerite Duras: “La scrittura è l'ignoto. Prima di scrivere non si sa niente di ciò che si sta per scrivere e in piena lucidità.” E Calvino: “L'arte di scriver storie sta nel saper tirar fuori da quel nulla che si è capito della vita tutto il resto; ma finita la pagina si riprende la vita e ci s'accorge che quel che si sapeva è proprio un nulla.”

“Scrivimi...
quando il vento avrà spogliato gli alberi
gli altri sono andati al cinema, ma tu vuoi restare solo
poca voglia di parlare e allora scrivimi
servirà a sentirti meno fragile
quando nella gente troverai solamente indifferenza
tu non ti dimenticare mai di me.
E se non avrai da dire niente di particolare
non ti devi preoccupare io saprò capire
a me basta di sapere che mi pensi anche un minuto
perché io so accontentarmi anche di un semplice saluto
ci vuole poco per sentirsi più vicini
Scrivimi...
quando il cielo sembrerà più limpido
le giornate ormai si allungano
ma tu non aspettar la sera se hai voglia di cantare
Scrivimi... anche quando penserai che ti sei innamorata
tu non ti dimenticare mai di me
e se non sai come dire, se non trovi le parole
non ti devi preoccupare io saprò capire
a me basta di sapere che mi pensi anche un minuto
perché io so accontentarmi anche di un semplice saluto
ci vuole poco per sentirsi più vicini…
Tu scrivimi…(Nino Buonocore)

Si può scrivere su un foglio, al computer, sopra un muro (lo fanno i carcerati), sopra un tovagliolo del ristorante (lo faceva Montale). È bellissima la storia di quella contadina del mantovano, Clelia Marchi, che ha scritto la propria autobiografia sopra un lenzuolo. “Venitemi à trovare che ò: 15.chili di carta scritta che ò incominciato nel .1972.a scrivere doppo la morte di mio marito! Più sono triste più mi viene di scrivere; anche male”. Clelia era semi-analfabeta, la scrittura le si era disegnata dentro come necessità di raccontare, ma regole ne conosceva poche: “non offendeteVi; che sono andata à scquola, solo in 2a elementare, si sa che quando poco a scquola poco si va; poco si sa!” E allora le lenzuola del corredo, che la madre o la nonna preparavano alle ragazze in previsione delle nozze, custodite in bauli che attendevano pazienti la prima notte e poi tutte le altre notti maritate, sono state usate come un ricamo di parole per raccontare la propria vita.

Nelle righe 128 e 129 del lenzuolo dice così: “Leggetelo pure quello che c è scritto su questo: anche se è scritto male; l’ò scritto di notte come o detto; non dormo: e non che mi viene in mente tante cose della mia, ò nostra vita le scrivo; certo che per tante che ne scrivi ne rimane in dietro: ma cosa serva a scrivere se nessuno li guarda, ò li legge;”.

E approfitto per ringraziare l’Associazione culturale “I giorni” di Prevalle, che fa da animatrice delle storie di vita, come quelle dei vecchi maestri (come me). Formata secondo gli insegnamenti della Libera Università dell’Autobiografia di Anghiari, l’Associazione “I Giorni” opera per restituire al territorio la sua memoria, perché le persone tornino ad incontrarsi nella consapevolezza di quel pezzo di storia che si è costruita insieme e fa di noi quel che oggi siamo. Ripercorrendo i ricordi ci si imbatte nei significati essenziali, quelli che ci hanno aiutato a districarci nella grande, indomata, confusione del mondo. La memoria…non va dimenticata!
“Ieri,
tutti i miei problemi sembravano allontanarsi
adesso sembrano quasi che stiano di casa qui
Oh io credo in ieri
Improvvisamente,
non sono l'uomo che ero
c'è un'ombra che sta sopra di me
oh ieri è venuto improvvisamente
Perché lei se n’è dovuta andare?
non so, non l'ha voluto dire
ho detto qualcosa di sbagliato
ora vorrei che fosse ieri
Ieri,
l'amore era un gioco così facile da giocare
ho bisogno di un posto dove nascondermi
io credo in ieri.”  (Yesterday, Beatles)

''Caro mondo'' sarà il libro della bimba siriana che ha raccontato la vita da incubo ad Aleppo. Bana Alabed ha 7 anni, ha vissuto nell’incubo e nell’orrore in una città distrutta dalle bombe. Poi è fuggita in Turchia con la sua famiglia. Grazie all'account aperto su Twitter, in 140 caratteri Bana Alabed ogni giorno scrive brevi testi o posta fotografie per far vedere al mondo l'incubo e l'orrore che provano i più piccoli a vivere in una città distrutta dalle bombe. Figlia di un'ex insegnante di inglese e di un impiegato comunale, la piccola ha due fratelli che sono nati quando la guerra era già iniziata, mentre lei aveva solamente due anni. Con la semplicità che solo un bambino può avere, ricorda che da quando la guerra ha colpito la sua terra, la sua casa, non ha più avuto nuovi giocattoli: «Amo quelli che ho, soprattutto la mia bambola col vestito rosa». E twitta, rivolta a quanti possono intervenire per risolvere la situazione ad Aleppo: «Fermate la guerra, vogliamo la pace, come farò a diventare un'insegnante come mia madre. Il mio sogno morirà con le bombe».
E ci sono molte persone (giornalisti, blogger) che scrivono denunciando al mondo le violenze ed i soprusi. Spesso sono perseguitate, censurate e imprigionate, e a loro dedico questa canzone di Guccini, Cyrano…

“Venite pure avanti, voi con il naso corto,
signori imbellettati, io più non vi sopporto,
infilerò la penna ben dentro al vostro orgoglio
perché con questa spada vi uccido quando voglio.
Venite pure avanti poeti sgangherati,
inutili cantanti di giorni sciagurati,
buffoni che campate di versi senza forza,
avrete soldi e gloria, ma non avete scorza;
godetevi il successo, godete finché dura,
che il pubblico è ammaestrato e non vi fa paura.
E andate chissà dove per non pagar le tasse,
col ghigno e l'ignoranza dei primi della classe.
Io sono solo un povero cadetto di Guascogna,
però non la sopporto la gente che non sogna…
Facciamola finita, venite tutti avanti
nuovi protagonisti, politici rampanti,
venite portaborse, ruffiani e mezze calze,
feroci conduttori di trasmissioni false
che avete spesso fatto del qualunquismo un arte,
coraggio liberisti, buttate giù le carte
tanto ci sarà sempre chi pagherà le spese in questo benedetto,
assurdo bel paese….
Ma quando sono solo con questo naso al piede
che almeno di mezz'ora da sempre mi precede
si spegne la mia rabbia e ricordo con dolore
che a me è quasi proibito il sogno di un amore;
non so quante ne ho amate, non so quante ne ho avute,
per colpa o per destino le donne le ho perdute
e quando sento il peso d' essere sempre solo
mi chiudo in casa e scrivo e scrivendo mi consolo,
ma dentro di me sento che il grande amore esiste,
amo senza peccato, amo, ma sono triste
perché Rossana è bella, siamo così diversi,
a parlarle non riesco: le parlerò coi versi, le parlerò coi versi...
Venite gente vuota, facciamola finita,
voi preti che vendete a tutti un'altra vita;
se c'è, come voi dite, un Dio nell'infinito,
guardatevi nel cuore, l'avete già tradito…
Ai dogmi e ai pregiudizi da sempre non abbocco
e al fin della licenza io non perdono e tocco!
Non voglio rassegnarmi ad essere cattivo,
tu sola puoi salvarmi, tu sola e te lo scrivo:
dev'esserci, lo sento, in terra o in cielo
un posto dove non soffriremo e tutto sarà giusto.
Non ridere, ti prego, di queste mie parole,
io sono solo un'ombra e tu, Rossana, il sole,
ma tu, lo so, non ridi, dolcissima signora
ed io non mi nascondo sotto la tua dimora
perché oramai lo sento, non ho sofferto invano,
se mi ami come sono, per sempre tuo,
per sempre tuo, per sempre tuo... Cyrano.”

Lo scrittore inglese Maugham diceva che ci sono tre regole infallibili cui attenersi per scrivere un romanzo di grande successo. Sfortunatamente  -aggiungeva- nessuno sa quali siano. Vi racconto due storie incredibili. Tutti sapete il successo planetario dei libri del maghetto Harry Potter. La sua autrice, JK Rowling, madre sola, con un fallimentare matrimonio alle spalle, depressa e indigente, aveva toccato il fondo e voleva solo una cosa nella vita: un futuro migliore per sé e per la figlia. Non riusciva a trovare un lavoro, aveva scritto "Harry Potter e la pietra filosofale" ma il libro fu rifiutato da 12 delle maggiori case editrici britanniche prima di essere accettato, dopo più di un anno, da un piccolo editore. A tutt'oggi, il primo libro del maghetto con la cicatrice sulla fronte ha venduto da solo oltre 100 milioni copie e l'intera saga quasi 400 milioni, risultando la serie di libri più venduta al mondo. Che bella favola…vera!

E poi c’è l’incredibile storia di David Salinger, che quasi per caso ha scritto “Il giovane Holden”, un ragazzo che è sì un ribelle, ma è anche sensibile, fragile, emotivo. Che, al di là delle pose da duro, nel momento in cui abbandona la scuola teme la reazione dei genitori: un padre come usa dire assente, e una madre nevrotica capace solo di fumare una sigaretta via l’altra. Lui da parte sua vorrebbe tanto sapere dov’è che volano d’inverno le anatre del Central Park… « Io abito a New York, e stavo pensando al laghetto di Central Park, quello vicino a Central Park South. Chissà se arrivando a casa l'avrei trovato ghiacciato, e se sì, chissà dov'erano andate le anatre. Chissà dove andavano le anatre quando il lago gelava e si copriva di ghiaccio. Chissà se arrivava qualcuno in furgone che le caricava tutte quante per portarle in uno zoo o chissà dove. O se volavano via e basta». Holden ce l’ha su con gli ipocriti, equamente distribuiti tra adulti e compagni di scuola. Soprattutto, al di là di alcune ipotesi strampalate, non ha idea di come sarà il suo futuro. E forse proprio questa sua incapacità di immaginarsene uno ne fa davvero un giovane d’oggi. Salinger ha fissato per sempre sulla carta il prototipo dell’adolescente alle prese coi turbamenti e col famoso «disagio» che caratterizza quest’epoca della vita.

“Che il bianco sia bianco e il nero sia nero
che uno e uno facciano due perché i numeri sono esatti
dipende.
Che siamo di passaggio, che oggi il cielo è nuvoloso
che uno nasce e dopo muore e questo racconto è terminato
dipende, dipende, da cosa dipende?
A seconda di come lo guardi tutto dipende
Che con il passare del tempo il vino si faccia buono
che tutto quello che si alza poi si abbassa
da giù a su e da su a giù dipende, dipende
da cosa dipende?
A seconda di come lo guardi tutto dipende.
Che tu non abbia conosciuto nessuno che ti baci come me
che non c’è nessun altro uomo al mondo
che si beneficia di te dipende.
Che voglia dirti di sì ogni volta che apri bocca
che ti faccia molto felice
che oggi sia il giorno del tuo matrimonio
dipende, dipende da cosa dipende?
A seconda di come lo guardi
tutto dipende” (Jarabe De Palo)

Paola Mastrocola ne “La gallina volante”
scrive: “Noi possiamo solo abbellirgli la vita che hanno adesso, a quindici anni, far loro balenare la bellezza, mettergli entusiasmo, sai l’entusiasmo, la passione? Questo possiamo fare. Mostrare che in questo mondo c’è anche Omero, e che si può scegliere di passare il tempo a leggerlo, nel qual caso succede che il tempo si dilata…
Tema: Cosa vedi dalla tua finestra. Poi il tema di Tanni: “Mettono un passo dopo l’altro, nulla di complicato. Sono tutti come ciechi. Quel che ti fa tanto orrore è invece il loro meglio: camminano, semplicemente; cercano di non andare a sbattere; alcuni prevedono anche un gesto di cortesia, si scansano lungo il muro, ti aspettano per attraversare insieme. Cos’altro possono fare gli uomini, caduti come sono su questa terra? Questi uomini che ti paiono così insulsi, in realtà sono così benemeriti. Molto più di te, che non solo non cammini, ma non hai nemmeno imparato a guardarli mentre camminano, loro! Così, solo guardarli dico, e li potresti anche amare.” Fine del tema di Tanni. E’ come d’agosto quando sei in macchina alle due del pomeriggio e dietro una curva sboccia una baia verde acqua con gli scogli bianchi, levigati; oppure come quando accendi il computer e aspetti che lampeggi il segno per dare l’enter, e in quei sessanta secondi non di più, forse meno, ti pregusti la felicità di scrivere non sai ancora bene cosa. Ecco, così è un tema di Tanni. E’ che Tanni ha gli occhi, tutto qui. Si tratta di avere o non avere gli occhi, dico gli occhi di dentro, non quelli di fuori, che usiamo anche troppo.” …
“Per piacere, professoressa, potrebbe insegnarci a scrivere?… Premessa: ognuno di voi ha una testa ed è il dono più bello che potevate ricevere. Una testa pensa, cioè è piena di pensieri. Mediamente ci attraversano migliaia di pensieri al giorno, considerando solo le ore diurne. Possiamo dire che non facciamo altro che pensare dal momento in cui ci svegliamo al momento in cui andiamo a dormire. Ma dire pensiamo è sbagliato: più che pensare, noi siamo attraversati dai pensieri, è diverso. Pensare è un atto conscio, essere attraversati dai pensieri è qualcosa che avviene a nostra insaputa. Ecco perché avete difficoltà a fare un tema: perché vi mettete a pensare, date un comando preciso –e impossibile- alla vostra testa, azzerate la libertà. Le togliete l’aria. Scrivere non ha nulla a che vedere col pensare. Scrivere è semplicemente accorgersi di essere attraversati dai pensieri, prenderne atto, e compiere un gesto semplicissimo e quasi meccanico: fermare quei pensieri. Il problema è solo lì: i pensieri corrono via, sono come l’acqua di un torrente che non è mai la stessa. Se non la fermate vi scappa via ed è come se non ci fosse mai stata. E allora? E allora e allora…La penna, signori miei! La penna e un taccuino. Tutto qui. Per fermare i pensieri, per accorgersi di loro vi bastano una penna e un taccuino: questo è scrivere…E il tema? Il tema, amici miei, a questo punto non è più nulla, è spirito, non esiste. Rimane solo la capacità di scrivere, la voglia, quel gesto facile, quell’abitudine di cui, in fondo, non si può più fare a meno: solo accorgersi dei pensieri, e fermarli, con una penna su un foglio, basta…Lo so che ci sono fior di corsi di scrittura. Tutta l’Italia ne è piena. Ce ne sono di piccoli, grandi e medi, di gratuiti e di costosissimi, con insegnanti anonimi e scrittori affermati, fa lo stesso, insegnano tutto ciò che non è insegnabile. Una passione non si insegna. Ma scrivere è una tecnica, mi dicono. E’ vero, quella la si può insegnare, e forse fa bene all’umanità esercitarsi sui dialoghi, le metafore, il punto di vista. Ma soprattutto è un business, un business come un altro, come i corsi di vela a sei anni e l’inglese all’asilo. Così la gente saprà andare a vela, suonare il piano, parlare inglese e scrivere racconti: ma la loro vita non sarà segnata da queste cose, vivranno di tutt’altro e di niente…”

Ho inventato una piccola filastrocca (era sul telefono, ma ho cambiato il nome con smartphone per far bella figura).

“Il mio smartphone ha molti tasti
c’è il tasto dell’abbraccio e quello dell’abbraccio forte forte
c’è il tasto che chiede sempre “ciao, come stai”
e quello che dice “io sto bene quando ci sei”
c’è il tasto che ti è vicino quando sei triste
c’è il tasto che se lo schiacci ti senti meno solo
c’è il tasto che ti fa uscire l’aria fresca pulita dell’amore
c’è il tasto che ti dice: “Dai che ce la fai, io sono lì con te”
c’è il tasto che ti dice: “Non pensare troppo… ascolta il tuo cuore”
c’è il tasto segreto dei miei profondi segreti che se te li dico che cavolo di segreto sono però se vuoi te li dico
c’è il tasto di quando il cielo piange
c’è il tasto di quando il sole ride
c’è il tasto di quando la luna si sente sola senza le sue stelline
c’è il tasto di quando pensi: che bello, che fortuna che ti ho incontrato
c’è il tasto che dice: vai piano, pensa a me
c’è il tasto dolente, c’è il tasto silente
c’è il tasto della buona tavola dove stanno gli amici che parlano piano
c’è il tasto con la cornetta verde del cuore, sempre alzata
ci sono i numeri che si combinano all’infinito come i cassetti del cuore
c’è il tasto rosso della comunicazione finita… ma chi ha messo quel tasto? Io quel tasto non lo uso mai… ”.

E adesso permettetemi due citazioni incredibili. Una è di Celine, tratta da “Viaggio al termine della notte”. Sembrano parole, ma sono un atto di amore…
“Avevo una gran pena, autentica una volta tanto, per il mondo intero, per me, per lei per tutti gli uomini. E’ forse questo che si cerca nella vita, nient’altro che questo: la più grande pena possibile, per diventare se stessi, prima di morire...Io vorrei, se può ancora leggermi da un posto che non conosco, che lei sapesse che non sono cambiato, per lei e che l’amo ancora, e sempre, a modo mio. E che lei può venire qui, quando vuole, a dividere il mio pane e il mio incerto destino. E se lei non è più bella, ebbene, tanto peggio. Ci arrangeremo: ho conservato tanto della sua bellezza in me, così viva, così calda, che ne ho ancora per tutti e due, per lo meno per 20 anni ancora, il tempo di arrivare alla fine. Per lasciarla mi ci è voluta proprio della follia, e della specie più brutta, e fredda. Comunque ho difeso la mia anima fino ad oggi, e se la morte domani venisse a prendermi, non sarei, ne sono certo, mai tanto freddo, cialtrone, volgare come gli altri, per quel tanto di gentilezza e di sogno che lei mi ha regalato durante quei pochi mesi...”

E adesso siete pronti a piangere? Io l’ho fatto appena ho sentito questa canzone. Si intitola “Fumo”. È di Jarabe De Palo, l’ha scritta dopo aver scoperto di avere un tumore…Speriamo che l’operazione riesca, ma adesso leggete le parole e cercatela su Youtube…

“E ora che parto da zero che il tempo è fumo che il tempo è incerto
e ora che ancora non credo che vivere sia solo un sogno
e ora che questo momento è l’unica cosa più vera
e ora qui sono a mezz’aria aspettando che l’anima vola.
E ora che ogni sospiro è un soffio di vita rubato alla morte
amore regalami un altro sorriso e ti prego non piangere ancora
e ora che non me ne importa di ciò che mi aspetta e non tremo
e ho perso la voglia di credere a tutto
ma oggi io sono con te, soltanto con te…
E ora che non mi rivedo in quello che sono, in quello che ero
abbracciami amore più forte ti prego e conservami dentro un abbraccio sicuro
e ora che il cielo mi chiama, sii forte e non piangere non ho paura
abbracciami amore più forte ti prego, conservami sulla tua pelle poi prega
e ora che questo momento è l’unica cosa più vera
e ora qui sono a mezz’aria aspettando che l’anima vola…
e ora che non me ne importa di ciò che mi aspetta e non tremo
e ho perso la voglia di credere a tutto
ma oggi io sono con te, soltanto con te…
E ora che parto da zero, che il tempo è fumo, che il tempo è incerto
abbracciami amore più forte ti prego
per l’ultima volta non piangere…”

È anche vero che molte persone sono volgari e scrivono frasi orribili che possono far del male agli altri, e ne godono. È anche vero che ne uccide più la penna che la spada. È anche vero che ci sono troppi libri inutili, troppe pagine superflue, troppe parole da cestinare. E anche queste che ho scritto forse sono da buttare. Ma voi…scrivete!

Forza maestra Carolina, cerca di star bene, noi ti aspettiamo a braccia aperte!

Ci sentiamo la settimana prossima, a Dio piacendo.

maestro John Comini

Nelle foto, scuola elementare a Gavardo:
. Il maestro Alberto Grumi con una classe
. Il maestro Mario Baronchelli ed una classe IV
. Bambini nati nel 1963



Commenti:
ID71962 - 08/05/2017 17:41:18 - (alfo70) - sig

Lei ha perfettamente ragione. Peccato che un insegnante delle superiori,ha detto a mia figlia che è inutile che si diletti a scrivere storie,a volte anche di fantasia. Io ho consigliato a mia figlie di fare il contrario.

ID71972 - 09/05/2017 09:00:07 - (vanpelt) - Caro maestro,

Questo è proprio un tema da 10 e lode!

ID72074 - 13/05/2017 13:03:59 - (Silente) - Grande

Sempre grande John. Un grande maestro. Grazie.

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