Senza cappuccini il convento di San Gregorio

Un addio che sotto l'aspetto religioso impoverirà la valle, ma anche quanti erano soliti salire lassù per confessarsi nelle occasioni liturgiche che contano.
Per l'occasione la sagrestia era strapiena di religiosi e c'era anche il corpo bandistico Giuseppe Verdi di Condino.

Alle 17 dentro una chiesa strapiena di valligiani a concelebrare la messa, ultima c’era lo stato maggiore Cappuccino del Triveneto.
Sul volto dei fedeli un po’ di commozione anche se dalla cantoria fuoriuscivano canti utili a smorzare quel magone che attanagliava lallo stomaco i partecipanti alla funzione vespertina .

All’omelia il priore del Triveneto padre Roberto Ceduin ha parlato del fenomeno delle riduzioni di vocazioni, spiegando che «non era più possibile restare al convento a causa delle limitate presenze».
Il frate, originario di Falcade di Belluno, ha ricordato che le priorità dell'Ordine sono e restano «comunione, carità a fraternità».

Padre Modesto Sartori, che sarà ricordato come il provinciale del passamano ma che nel contempo sopperiva in quel di Condino alla funzione domenicale serale, si è ora accasato come frate semplice a Sant Martino di Arco.
Il facente funzioni di quel medesimo convento, padre Massimo Lorandini di Sporminore, ha invece lasciato il ruolo di guardiano del Basso Sarca ed è andato a Trento come reggente, considerato che la Curia Cappuccina adesso non è più in via della Cervara, ma comprensiva per l’intero Triveneto a Mestre.

Ieri su un presbiterio affollato, a concelebrare c’erano una quindicina tra preti e frati.
Da padre Feliciano Giovannini a padre Fedele Bertolini, passando per gli arcipreti di Condino, Storo e Pieve di Bono.
C'era anche don Giorgio Gabos condinese di origine ma parroco di Vigolo Vattaro.

Ieri non solo ultima messa, ma anche un commiato festoso all’interno del monastero per dire addio a quella storica tradizione che si riproponeva da una vita quando in epoche di povertà si andava da loro con la gamella a prendere minestroni o trippa.

«Abbiamo cercato fino all’ultimo di rispettare la volontà di condinesi e valligiani ma non è stato possibile - ha ripetuto padre Modesto -. Numericamente non ci siamo più e quindi era pressoché impossibile mantenere in vita quella presenza di frati sul posto. Adesso confidiamo che in estate, Natale e Pasqua compreso, il confratello svizzero padre Andrea Schòller - che in quel periodo gestisce l’Associazione il Ponte sul Guado – si prenda l’impegno di celebrare una messa domenicale serale».

Dai frati, durante la Quaresima, un tempo era anche possibile mangiare bacala.
Tutti gli anni, al fine di ripagare pedaggi, al personale di Atesina e Sia trentini e bresciani veniva loro offerta una cena a base appunto di merluzzo salato.
Erano gli anni in cui al Convento di Condino c’erano stati persino una ventina di religiosi anche dopo la distruzione aerea avvenuta il 6 febbraio del 1945. In quella circostanza morirono due frati. Poi per volontà di condinesi e valligiani la struttura venne ricostruita e riconsegnata nel 1948. Tra il 1980 e 1990 dentro quella casa la parentesi Suore laiche Silenziose della Croce che facevano riferimento a monsignor Novarese poi traslocate ad Arco.

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