Più volte gli è stato chiesto se non vacilli mai la sua fede in un Dio che permette tutto questo dolore. Che c’entra Dio, ha risposto. A causare quel dolore non è Dio ma sono gli uomini
Dalla lunga chiacchierata nasce il libro “Lacrime di sale” che inizia con il ricordo di una battuta di pesca, la caduta in acqua accidentale di Bartolo ragazzino, la consapevolezza che, con quelle condizioni di luce, poteva finire dimenticato lì, a 40 miglia da Lampedusa.
Ma procediamo con ordine, Pietro Bartolo, laurea in medicina, una specializzazione in ostetricia e ginecologia, è il medico di Lampedusa, l’isola dove è nato, cresciuto, ed è il posto dove è tornato per fare il suo mestiere, ha rinunciato alla carriera prestigiosa, per guardare di nuovo il mare, quel mare che può dare la vita, ma può anche toglierla. In un’isola come Lampedusa si sa che le onde possono essere insidiose, le loro reazioni sono imprevedibili.
Bartolo è figlio di un pescatore e ha dovuto lasciare l’isola a soli 14 anni per studiare, il ciclo era cadenzato da estati a pescare e inverni freddi trascorsi a contare voti e ore di solitudine.
Un medico dunque, che sa cosa significhi cadere nell’acqua al buio e rimanere inascoltato, una persona che conosce la condizione di solitudine lontani da casa. Pietro Bartolo è colui che si sobbarca il lavoro, enorme, di accogliere, secondo profilassi sanitaria, le persone migranti che affrontano le onde nel tentativo di raggiungere l’Europa sulle cosiddette carrette del mare. Spesso gente reduce da prigionie, lunghi viaggi a piedi nel deserto, che ha venduto reni per pagarsi la traversata, che ha visto morire fratelli, sorelle, genitori.
Ed è sempre a Bartolo che tocca il compito di far loro l’autopsia, come ha raccontato nel docufilm di Gianfranco Rosi, in Fuocoammare, quanto questi giungono cadaveri.
Lacrime di sale è un pugno nello stomaco, narra cose che nessun articolo di giornale e immagine televisiva potrà mai narrare, e ti inchioda alla tua coscienza. Le sofferenze del medico Pietro Bartolo, il suo senso di impotenza (qualche volta), la sua rabbia (sempre), il suo smarrimento sono così autentici da diventare i tuoi. Come la sua gioia e il suo stupore di fronte all’invincibile forza della vita.
Chi risponde che Dio com il dolore non c'entra non sa chi è Dio.
rispondendo.. è naturale che non lo sappia, in quanto il sapere di Dio è argomento di Fede. Ma ilcrifugio nella fede non consente l'atteggiamento veritativo, sicché dire che è l'uomo che fa il male non si giustifica se non come atto di fede. Ma allora chi ha fede in Dio disprezza forse l'uomo, in quanto ciò che è peccato per Dio è prodotto dell'uomo? Vedete voi si fede che così le cose per Dio si fanno enormemente più complicate se solo un poco più ragionate.
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ID70157 - 10/12/2016 16:58:51 - (Dru) - Vede Lura
Un Dio che permette ad un uomo la produzione del dolore o è un Dio inconsapevole e un Dio inconsapevole del dolore ci è estraneo, cioè estraneo al dolore causato, indifferente, o se invece è consapevole della produzione è impotente o malvagio.